La verifica delle informazioni: lo storico all'opera

Il primo dovere di ogni storico è quello di raccontare storie. Storie, non favole. Esiste quindi un limite alla variabilità delle interpretazioni storiche, rappresentato dall’esistenza di fatti che possono essere accertati dagli storici oltre ogni ragionevole dubbio, sulla base di documenti, esame critico delle fonti, testimonianze verificate e incrociate.

La cura con la quale è obbligatorio riportare le informazioni storiche non costituisce certo una delle prerogative dei testi che si occupano di misteri. Tali testi tendono in genere a presentare dati e avvenimenti in una maniera che non segue in alcun modo le regole rispettate dalla comunità scientifica e sono spesso privi delle specifiche indicazioni utili a una precisa identificazione delle informazioni riportate. Facciamo un semplice esempio tratto da Astronavi sulla Preistoria di Peter Kolosimo: «Chatherine Hagemeister, pure sovietica, scriveva nel 1955: “Atlantide doveva essere l'ostacolo che impediva alla Corrente del Golfo di raggiungere l'Europa. La sua scomparsa, avvenuta 10-11 mila anni fa, spiega la fine dell'ultimo periodo glaciale”»[1]. Come è possibile per il lettore controllare la veridicità di questa affermazione senza che l'autore fornisca alcuna indicazione bibliografica in proposito?
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La segnalazione della fonte è uno dei requisiti indispensabili della ricerca storica. Solo in questo modo i lettori hanno la possibilità di rintracciare l'informazione fornita e di verificarne la correttezza. Come l'esame di un esperimento è possibile solo se vengono messi a disposizione della comunità degli scienziati tutti i dati necessari al suo controllo, anche in ambito storico l'analisi delle informazioni costituisce un momento essenziale del lavoro di studio e di ricerca. Non fornire queste informazioni contribuisce immediatamente, agli occhi degli storici professionisti, a mettere in cattiva luce ciò che si sta raccontando. Solo quando tutte le indicazioni indispensabili saranno state presentate nella forma corretta, sarà possibile procedere in maniera agevole nella ricerca dei testi segnalati, delle citazioni riportate e dei documenti indicati, verificandone l'attendibilità. Oppure mettendone in evidenza la inadeguatezza.
Per far capire come nessun tipo di informazione possa essere esentata dall'obbligo di essere sottoposta ad un accurato esame, intendo in questa occasione presentarvi un esempio riferito non alla ennesima analisi di qualche testo pseudoscientifico o pseudostorico, ma ad un interessante episodio avvenuto nell'ambito della ricerca specialistica e accademica.
Nell’ambito delle celebrazioni voltiane per il bicentenario dell’invenzione della pila (1999), l’Università di Pavia mi ha incaricato, insieme all’amico e collega Franco Giudice, di esaminare un manoscritto inedito attribuito a Alessandro Volta conservato nelle Archives de l’Académie des Sciences di Parigi, al fine di valutarne l’inserimento nel quadro della produzione dello scienziato comasco. Il manoscritto in questione risultava acquistato nel 1979 dalla Fondazione Singer-Polignac dell’Institut de France per l’Académie des Sciences dall’antiquario Alain Brieux di Parigi, che lo aveva venduto come un manoscritto autografo di Volta, pur senza essere in grado di fornire informazioni relative alla provenienza del manoscritto. Il giudizio dell’Accademia aveva comunque confermato l’autenticità del manoscritto: «ce manuscrit (58 feuillets) de Volta qu’on peut dater de 1777, réunit huit leçons rédigées en italien, formant un cours de pneumatique sur l’air inflammable, les recherches eudiometriques et la physique des fluides gazeux»[2].
Come siamo riusciti a documentare[3], la conferma dell’attribuzione del manoscritto a Volta e la determinazione della data della stesura si devono essere fondate su di una lettura molto approssimativa del testo, utilizzando come unico elemento di valutazione il fatto che Volta dette alle stampe nel 1777 le celebri Lettere sull’aria infiammabile nativa delle paludi. In realtà, un attento esame del manoscritto e una serie di verifiche documentarie hanno consentito di appurare che l’autore del testo, redatto tra il 1783 ed il 1784, non fu Volta, ma Simone Stratico, docente di Matematica, Teoria Nautica e Fisica Sperimentale all’Università di Padova.
Nonostante alcuni colleghi continuassero ad essere convinti che il manoscritto fosse da attribuire sicuramente a Volta, gli elementi a sfavore di questa ipotesi erano del tutto evidenti; ne cito soltanto uno a titolo d’esempio. Nel testo l’autore affermava di aver effettuato una serie di esperimenti presso la Grotta del Cane, sulle sponde del Lago di Agnano: «Io feci molte osservazioni in quella grotta, tra le quali era, che l’ago magnetico perdeva la sua polarità, ma ciò non dipendendo dal Gas, siccome osservai col Gas artefatto; è chiaro che il fenomeno doveva attribuirsi a qualche miniera di ferro nascosta ne’ contorni della grotta». Era un dato di fatto che Volta, pur avendo viaggiato molto, non fosse mai stato alla Grotta del Cane. Quando uno storico si trova di fronte ad un elemento come questo, non può far finta che esso non esista. L’esistenza di tale informazione (che naturalmente doveva essere verificata con cautela)[4] eliminava la possibilità di continuare a pensare che il manoscritto fosse stato redatto da Volta.
Il primo dovere di ogni storico è quello di raccontare storie. Storie, non favole. Esiste quindi un limite alla variabilità delle interpretazioni storiche, rappresentato dall’esistenza di fatti che possono essere accertati dagli storici oltre ogni ragionevole dubbio, sulla base di documenti, esame critico delle fonti, testimonianze verificate e incrociate.
Sulla base di questo e molti altri dati, la nostra ricerca ci ha portato non soltanto a stabilire la corretta paternità e datazione del manoscritto, ma anche ad individuare la sua fonte originale. Infatti, presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, dove è conservata la maggior parte delle carte appartenute a Simone Stratico, siamo riusciti a rintracciare varie redazioni dello stesso manoscritto conservato all’Académie des Sciences di Parigi, il cui testo rappresenta soltanto la copia di una parte delle lezioni di Fisica sperimentale preparate da Stratico per l’anno accademico 1783-1784[5]. Fra le altre cose, inoltre, siamo riusciti a rintracciare anche la relazione completa delle sue osservazioni effettuate alla Grotta del Cane[6].
L'Académie des Sciences non ha potuto fare altro che correggere l'attribuzione del manoscritto. Sarebbe bello che allo stesso modo anche gli autori dei testi che si occupano di misteri avessero la capacità e l'umiltà di correggere le molte inesatte informazioni contenute all'interno delle loro opere, prendendo atto di ciò che accade e viene prodotto nell'ambito della comunità degli storici.

Note


1) P. Kolosimo. 1972. Astronavi sulla preistoria, Milano: Sugar Editore, p. 378.
2) Comptes Rendus de l' Académie des Sciences, t. 288, 26 mars 1979, p. 91.
3) S. Stratico. 2001. De’ fluidi elastici permanenti. Storia di un manoscritto attribuito ad Alessandro Volta, a cura di M. Ciardi e F. Giudice, Milano: Hoepli.
4) Sulla attendibilità delle informazioni autobiografiche degli scienziati, M. Ciardi. 2007. Gli scienziati, le autobiografie e la storia della scienza, in «Intersezioni», 27, pp. 377-390.
5) Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, Mss. It. Cl. IV, 290 (=5288), cc. 290r-334r.
6) Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, Mss. It. Cl. VI, 281 (=5637), cc. 319v-323v.
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