Nicholas Roerich: l’occulto sulla tela

Nel Ventesimo Secolo l’incontro fra arte ed esoterismo non è un incidente, ma un elemento strutturale, come dimostra uno dei suoi protagonisti più originali e complessi

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  • 04-04-2024
  • di Giuseppe Stilo
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La canzone di Shambhala (1943). @ N. Roerich/Wikimedia/Pubblico Dominio
Nel 1948, un editore di New York pubblicò un libro dai toni fortemente polemici intitolato Mona Lisa’s Moustache, ovvero I baffi di Monna Lisa. Era l'opera di un eccentrico collezionista d’arte, Terence Robsjohn-Gibbings, il quale sosteneva una tesi eccessiva: l’arte moderna era ormai del tutto irrazionale, e i successi del nazismo e dei fascismi erano dovuti anche a questa degenerazione del gusto e del pensiero degli artisti. Un’esagerazione, senza alcun dubbio; però quel libro fu uno dei primi ad attirare l’attenzione del pubblico su quanto in effetti era accaduto da tempo: molti artisti moderni erano pienamente partecipi delle credenze dell’occultismo, dello spiritismo, della teosofia e di mille altre idee esoteriche sorte dalla seconda metà dell’Ottocento. Su questa stessa linea, poco dopo, si espresse il filosofo tedesco Theodor W. Adorno, nelle Tesi contro l’occultismo. L’artista che si fa catturare da quelle concezioni, scriveva Adorno, rischia di fare l’occhiolino a ideologie fasciste.

Oggi su quest’aspetto importante della storia culturale recente – il rapporto complesso fra arti contemporanee ed esoterismo – esiste ormai una vastissima letteratura scientifica che ha prodotto un quadro assai articolato. Alla luce dell’ampia revisione intervenuta, chi ama l’approccio scientifico alla realtà e, di norma, è anche critico nei confronti dell’occultismo, si può ormai interrogare senza complessi sul rapporto tra arte moderna ed esoterismo.

Un caso esemplare di questo rapporto è Nicholas Roerich, una figura poliedrica di artista russo, attivo tra la fine dell’Ottocento e la Seconda guerra mondiale.

Un pittore russo per i mondi invisibili


Nato nel 1874, Roerich si formò nella Russia dell’ultimo quarto dell’Ottocento, un paese immenso ma fragile, in cui una parte degli intellettuali credeva che quel mondo in declino potesse essere salvato soltanto attingendo alle fonti della cultura che l’aveva generato: fonti che pescavano largamente nelle correnti mistiche dell’ortodossia russa. È così che comparve il vasto filone di pensiero del simbolismo russo, il quale, malgrado le consonanze, sorse in maniera relativamente autonoma rispetto a quello di solito più noto, cioè il simbolismo francese.

I simbolisti russi fecero propria una dottrina ortodossa controversa fra gli stessi teologi di quell’area, cioè la sofiologia. Secondo la sofiologia, la saggezza divina (Sofia) sarebbe l’essenza stessa del Dio biblico, il quale, dunque, consisterebbe in sostanza in una forma di sapienza assoluta e inarrivabile dall’umanità. Tuttavia, i simbolisti russi erano affascinati anche da altre correnti in crescita tumultuosa, e cioè dallo spiritismo e dalla nascente teosofia, il grande sistema di pensiero occultistico che stava ideando una donna che proveniva proprio dalla Russia, Helena Petrovna Blavatsky.

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Madre del mondo (1924). @ N. Roerich/Wikimedia/Pubblico Dominio
Oggi Nicholas Roerich è considerato uno dei maggiori esponenti pittorici del simbolismo russo. Fu lui, per esempio, a disegnare scene e costumi per La sagra della primavera di Stravinskij (1913) e i bozzetti per opere come Il principe Igor di Borodin, ma la sua pittura va oltre queste già ottime prove. E si tratta di un risultato creativo che va a inscriversi interamente nel filone vastissimo dell’arte d’ispirazione esoterica, spiritistica e suscitata da vari tipi di stati alterati di coscienza: un filone che segna in maniera nettissima la modernità e la contemporaneità.

L’arte di Roerich infatti è strettamente legata alla sua versione dell’esoterismo. Unito a un lungo vagare per aree remote dell’Asia centrale, in particolare di quella himalayana, alla ricerca di illuminazioni mistiche, di maestri teosofici più o meno invisibili e di città nascoste in “dimensioni eteriche” inaccessibili ai più, l’esoterismo di Roerich produsse innumerevoli quadri dagli effetti coloristici vivissimi e caldi, che contrastano in maniera stridente con i panorami d’alta montagna che avrebbero dovuto rappresentare. Sono quadri che mostrano immediatamente come l’Himalaya e il Tibet che Roerich rappresentava non avessero nulla a che fare con il mondo visibile; non a caso, nel dipingerli e nel parlarne in mille occasioni, Roerich si manterrà spesso volutamente incerto su ciò che voleva significare nel rappresentarli. La sua pittura pone a ogni istante una domanda di difficile scioglimento: ciò che Roerich dipinge è del tutto allusivo, concettuale, metaforico, oppure si riferisce a esperienze percettive che l’artista pretende di aver vissuto in prima persona?

Un esempio paradigmatico della pittura ambigua di Roerich sono i dipinti in cui mostra l’ingresso del regno occulto di Shambhala, il centro nascosto nell’Himalaya raccontato dal buddhismo tibetano e popolato dai membri della Grande Fratellanza Bianca, che secondo Helena Blavatsky erano giunti dal pianeta Venere, e che saranno uno dei punti d’aggancio con la futura mitologia UFO. Roerich c’è stato, alle porte di Shambhala, oppure no? Tutto, in lui, cospira per lasciare chi guarda nell’impossibilità di decidere razionalmente secondo una logica vero/falso. Un altro esempio è il quadro intitolato Issa e il cranio del gigante; il pittore raccontava che “Issa” fosse il nome con cui Gesù era noto prima di tornare in Galilea a predicare dopo aver assorbito la scienza segreta indiana e tibetana, ma in realtà si trattava di una leggenda basata su un falso manoscritto promosso a fine Ottocento da un altro russo, Nicolas Notovic.

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Issa e il teschio del gigante (1932). @ N. Roerich/Wikimedia/Pubblico Dominio


Uno yoga per i moderni


E poi, insieme ai quadri c’è la forma di yoga che inventò, l’Agni Yoga, e che descrisse sempre come “una forma vivente di etica”. In effetti, l’Agni Yoga è un’ennesima forma di sapienza “orientale” e teosofica, ma si distingue dalle altre perché non cerca di insegnare a evitare i pericoli della vita. Al contrario, Roerich chiede a chi vuole seguire l’Agni Yoga di passare attraverso quei pericoli e, anzi, di usare minacce e conflitti a proprio vantaggio, per meditare e per progredire: proprio per questo, occorre passare attraverso il fuoco, cioè attraverso Agni, in sanscrito. La via dei Maestri della nostra era, dice, non è l’ascetismo; l’iniziato moderno non deve più fuggire il mondo, ma affermarlo. E le vie per attraversarlo da esoterista del Ventesimo Secolo sono l’istruzione in forme nuove, la cultura trasformata dalla sua dottrina teosofica e, soprattutto, l’arte. Dipingere usando il rosso del fuoco di Agni, come fa spesso Roerich e chi lo vuole imitare, non vuol dire soltanto progredire spiritualmente sul piano individuale, ma contribuire perché ciò avvenga anche su quello collettivo, quindi in senso politico.

In tutte queste cose svolse un ruolo centrale la moglie di Roerich, Helena Shaposhnikova (1879-1955). Personalità notevolissima, alla pari con quella del marito, lei stessa esoterista di grande influenza, tradusse in russo i due tomi della Dottrina segreta della Blavatsky, cioè il testo fondatore della teosofia, dando un contributo fondamentale alla diffusione di quelle idee nell’Europa russofila. Ma fece anche altre cose più importanti per noi: a lei si debbono molte delle “canalizzazioni” telepatiche degli insegnamenti del Maestro Morya, una delle figure fondamentali del cosmo esoterico, membro della Grande Fratellanza Bianca, dimorante a Shambhala e che, fra le altre cose, nel 220.000 a.C. si sarebbe incarnato nell’imperatore di Atlantide. Ancora più determinante è che molti dei dipinti di Roerich in realtà sono da considerarsi il frutto di una creatività comune. È Nicholas, nei suoi libri, a chiamare Helena “Colei che conduce”, e a confermare che su molte tele dovrebbero esserci le firme di entrambi.

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Padmasambhava. @ N. Roerich/Wikimedia/Pubblico Dominio
Secondo i Roerich, l’arte mistica può illuminare con maggior facilità grandi anime come le loro; tuttavia, può accadere anche che la scintilla dell’illuminazione si accenda quando persone più predisposte ad accoglierla incontrano esseri in grado di provocare loro - letteralmente - delle visioni. Per dimostrarlo, Roerich non esitò a portare dalla sua parte scrittori di prima grandezza come Maksim Gor’kij.

È noto che, seppure in maniera contraddittoria, Gor’kij aderì al regime sovietico, finendo per diventare uno stalinista convinto, una circostanza che non gli parve per niente in contrasto con il suo interesse per l’occultismo e i fenomeni paranormali. In uno dei suoi resoconti di viaggi a sfondo mistico, Altai-Himalaya (1927), Roerich racconta che Gor’kij già intorno al 1892 gli aveva narrato di aver visto un album da disegno che conteneva delle lamine metalliche dalle capacità magiche. A mostrarlo allo scrittore sarebbe stato un induista nel Caucaso; quando l’indiano apriva quelle pagine metalliche, agli occhi di Gor’kij comparivano misteriosamente panorami di città centro-asiatiche dalle tinte accese: le stesse tinte che, insieme al rosso, Roerich privilegerà nella sua pittura, tributaria delle teorie di Kandinskij sui colori.

Gioielli mistici e regni segreti


Con l’uscita dei resoconti di Altai-Himalaya, l’incorporazione del pensiero esoterico nell’arte di Roerich diventerà totale. Forse uno degli esempi più noti della fase matura di questo processo viene dall’utilizzo nei suoi quadri della tradizione della cintamani. La cintamani, presente in testi sia buddhisti sia dell’induismo, è un gioiello che può ricordare per alcuni versi la pietra filosofale della tradizione alchemica occidentale. Chi lo possiede può soddisfare ogni suo desiderio. Al tempo stesso, però, chi la porta con sé – come si vede in certe rappresentazioni dei bodhisattva, coloro che sono in cammino verso il risveglio proprio dei buddha – unisce compassione e saggezza infinite al soddisfacimento del desiderio.

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Cintamani (1936). @ N. Roerich/ Wikimedia/Pubblico Dominio
Nella rappresentazione pittorica dei viaggi mistici di Roerich nel Tibet, la cintamani ha un ruolo importante. In un’occasione, si dipinge come un iniziato che è arrivato a possederla, e non in senso simbolico, ma concreto. Lo stile dell’autoritratto, in quel caso, possiede una dimensione insolitamente realistica. Considerata la vera e propria fissazione nutrita da Roerich per il regno nascosto di Shambhala, la presenza della cintamani nei suoi quadri non stupisce: secondo la tradizione, infatti, questa pietra rarissima si troverebbe proprio lì. È muovendo da quella città che i membri della Grande Fratellanza Bianca si rendono visibili a coloro che sono in grado di penetrare le “dimensioni eteriche”. Ed è in quel luogo che nel 1927 un esoterista famoso come René Guénon collocherà il Re del mondo, sovrano mitico della città sotterranea di Agharti, che Guénon sovrappone al mito di Shambhala. È il caso di sottolineare che dalle idee di esoteristi come Roerich e Guénon prenderanno spunto molti dei rappresentanti contemporanei della New Age e dell’ufologia più estrema.

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Comando di Rigden Djapo (1933). @ N. Roerich/ Wikimedia/Pubblico Dominio

Dall’Asia a New York


Dopo i grandi viaggi nel cuore dell’Asia, alla fine degli anni ’20 i Roerich impiantarono molte loro attività a New York, una scelta che fu determinante anche per le loro attività in ambito artistico. Come si è detto, molta parte del pensiero di Nicholas e di sua moglie è una delle strade attraverso cui la teosofia della prima generazione, che aveva al centro Helena Blavatsky, nel Ventesimo Secolo si trasformò diventando un fascio di forze culturali e organizzative assai articolato. La ricaduta più evidente di questo processo e del suo legame con l’arte esoterica dei Roerich è la nascita delle due istituzioni di maggior successo sorte per volontà della coppia. La prima è il Nicholas Roerich Museum, che si trova tuttora a New York e che è anche la prova del successo commerciale della sua pittura; la seconda è l’organizzazione dottrinale più longeva voluta dai due, la Agni Yoga Society, che ha anch’essa la sua sede centrale presso il museo.

Il fuoco, come detto, ha un ruolo importante sia nelle pratiche di derivazione yogica creata dai Roerich, sia nell’estetica e nell’arte di Nicholas. In continuità con la tradizione ortodossa della meditazione cristiana sulla fiamma (che l’artista sosteneva di aver dedotto dalla dottrina di Eraclito sul fuoco inteso come arché, principio primo delle cose), secondo lui la creatività dell’artista contemporaneo può essere liberata al meglio dalla meditazione sulla fiamma. Per questo, negli Stati Uniti diede vita a un movimento di artisti che chiamò “Cor Ardens”, cuore che brucia.

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Buddha Conquistatore (1925). @ N. Roerich/ Wikimedia/Pubblico Dominio
Roerich non aveva certo in simpatia la dittatura sovietica; se ne andò definitivamente dalla Russia poco dopo la rivoluzione del 1917. Tuttavia, la sua sostanziale lealtà a una Russia “eterna”, metastorica, ha contribuito a conservare la sua fama anche sotto il lungo dominio comunista del suo paese. Nel 1987, Mikhail Gorbachev promosse pubblicamente il comunitarismo spirituale di Roerich e sostenne lo svolgimento a Mosca di manifestazioni, studi e grandi mostre di suoi quadri. Con la disintegrazione delle dittature dell’Europa orientale, già a metà anni ’90 in Russia il numero di associazioni a lui intitolate era salito a diverse centinaia. Per un occultista defunto nel 1947, che aveva persino descritto una specie di proto-UFO volare sui monti himalayani, non è un lascito da poco.

Roerich e l’esoterismo di destra


Le idee visionarie di Roerich appartengono anche al calderone del pensiero geopolitico. Nel Ventesimo Secolo, questo modo di guardare alle dinamiche mondiali trovò molte orecchie ben disposte presso la destra radicale e non sorprenderà dunque che Julius Evola, l’esoterista di destra per eccellenza, fin dal 1931 abbia dedicato all’arte di Roerich ben più di una pagina entusiasta. Agli occhi di Evola, Roerich ha il merito senza pari di esser stato il primo occidentale ad alludere con chiarezza sufficiente alle realtà occulte che cela il Tibet indicandole nei suoi quadri. Le entità rappresentate dall’artista, secondo Evola, erano “apparizioni di elementali”, cioè esseri che, stando alla tradizione teosofica, potrebbero manipolare una misteriosa “materia eterica”, producendo effetti di ogni tipo e generando specie vegetali e animali ed esseri misteriosi di vario genere.

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Chiamata della sera (1931). @ N. Roerich/ Wikimedia/Pubblico Dominio


Va però sottolineato che, pur ammettendo che Evola ne interpretasse bene il pensiero, anche Roerich, come è accaduto a molti altri esoteristi attivi in ambito politico, è stato oggetto di un’appropriazione da parte di pensatori di destra inclini all’occultismo. Per Evola il Roerich artista era così importante che su una parete della sua casa di Roma figurava la riproduzione di un celebre quadro del russo che mostrava Milarepa, uno dei maggiori maestri del buddhismo tibetano, meditare fra i picchi segreti del cuore dell’Asia.

D’altronde, la destra radicale – come molti altri, del resto – assegna volentieri uno statuto metafisico a qualsiasi altura appena più alta dei 600 metri sul livello del mare (In Miti d’oggi, del 1957, Roland Barthes definiva la montagna «luogo di eiaculazione morale»). Che un pensatore reazionario come Evola si entusiasmasse per i quadri di Roerich e le sue esperienze himalayane è dunque logico, tuttavia non significa che un personaggio complesso e sfuggente come il russo possa essere assimilato a quell’universo di idee. Semmai, Roerich, come tutti gli artisti moderni e contemporanei che hanno incontrato l’occultismo, ha usato a piene mani l’ambiguità dei significati nelle sue rappresentazioni visive, che risultano quindi facilmente riconducibili a visioni “magiche” del mondo, costituendo così una calamita irresistibile per quel mondo di destra.

Arte moderna e occulto: un universo da studiare


Per capire la forza culturale del pensiero occultistico contemporaneo c’è un punto fondamentale dal quale partire. Queste idee non sono né un residuo del passato né qualcosa di irrilevante. Ne sono partecipi artisti, scrittori e pensatori della modernità. Per fare un esempio, Jack Kerouac diventa un punto di riferimento generazionale con On the Road anche perché agli inizi vive un’esperienza spirituale mentre è in una chiesa cattolica: è un’esperienza che definirà beatific, spiegando che per lui beat significa, anche, essere portatore di vissuti analoghi. Fra questo genere di artisti contemporanei Roerich è un pioniere. La seconda generazione teosofica trasformò la dottrina della Blavatsky, enunciata a fine Ottocento, e, soprattutto, ne fece sorgere numerose varianti americane che affascinarono mille altri creativi. Ecco tre fra i tanti possibili prodotti di quell’uragano culturale.

Il primo è il pittore scozzese Benjamin Creme (1922-2016). Formatosi anche lui in una teosofia inzuppata in storie sul buddhismo misterioso, a partire dal 1957 cominciò a inserire gli UFO nelle sue credenze fino a diventare vicepresidente di una delle maggiori associazioni di contattisti della storia dell’ufologia, la Aetherius Society. In contatto telepatico con il suo maestro “eterico” dal 1959, al centro dei discorsi di Creme c’era l’idea che il Maitreya – una figura escatologica della tradizione buddhista che dovrebbe inaugurare la Nuova Era dell’umanità – è ormai presente sulla Terra (ne aveva anche annunciato un’aperta comparsa per il 1982); gli UFO, e anche i crop circles, i cerchi nel grano, sono parte dell’avvento imminente del Maitreya. I suoi quadri, oggi ben quotati sul mercato, per Creme erano parte integrante del processo che deve condurre all’avvento del Maitreya; studiandoli, si possono intuire molti segreti finora nascosti all’umanità.

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Lama rosso (1924). @ N. Roerich/ Wikimedia/Pubblico Dominio
Due altri esempi li troviamo in Italia. Uno degli inventori dell’avanguardia nel nostro paese, Enrico Baj (1924-2003), promotore del movimento della pittura nucleare, alla fine degli anni ’50 si mise a dipingere dischi volanti nei cieli dell’alta Lombardia e sui laghi svizzeri. Un vezzo estetico, una trovata alla moda? Fu Baj stesso a dichiarare di aver prodotto quella serie perché nel 1949 quei dischi volanti enormi, che si muovevano a bassa quota ed erano dotati di pungiglioni, lui li aveva visti. Parlando con Dino Buzzati, si spinse a sostenere di aver incontrato sul serio i mostri extraterrestri rappresentati nell’Invasione degli ultracorpi, il film di Don Siegel del 1956.

Un po’ come nel caso di Roerich, quanto questi discorsi facessero parte di un lessico provocatorio, surrealista, e quanto invece Baj credesse nel senso più pieno del termine a ciò che diceva, è questione difficile da dirimere. Si tratta di un problema che vale per molti altri; per esempio, nel caso del poco noto coinvolgimento di Alberto Moravia nella questione UFO, una pagina tutta da chiarire della sua biografia.

Infine, c'è il piemontese Oberto Airaudi (1950-2013). Appassionato di parapsicologia, fondò una comunità dai forti toni ecologici, Damanhur, che ancora oggi ha una sede in larga parte sotterranea in Valchiusella (Torino). I templi principali di Damanhur recano i segni dell’ottima produzione pittorica di Airaudi. In misura ancora più netta che per il Maitreya di Creme e i dischi volanti di Baj, l’impegno artistico di Airaudi non è separabile dal suo pensiero occultistico. Airaudi era affascinato dalla spirale, la forma che per lui dà origine alla sua arte, la “pittura selfica” – un termine che Airaudi faceva derivare da self, parola di una lingua antichissima (il mito della lingua delle origini è un topos dell’esoterismo) – e che si troverebbe all’origine di ogni manifestazione vitale. Questa totale passione per la spirale potrà essere ritenuta confinante con la monomania – un po’ come il fuoco nel caso di Roerich – ma non sono di questo parere studiosi come Pier Luigi Zoccatelli, che nel 2016, su Nova Religio, rivista punto di riferimento per l’analisi dei nuovi movimenti religiosi, ha dedicato un lavoro definitivo e rispettoso all’arte di Airaudi.

La storia dell’alleanza fra arte moderna e occultismo richiederebbe una trattazione ben più lunga e approfondita di queste pagine. La nascita in Francia della pittura simbolista, per esempio, preludio al non-figurativo novecentesco, avviene negli anni ’70 dell’Ottocento, proprio mentre spiritismo e teosofia dilagano. Questa pittura, vista la seduzione potente di queste due correnti, mutuò molto da esse, ed è da qui che partì quasi tutto. La figura dell’iniziato, centrale nell’occultismo, si confuse con quella dell’artista moderno: santo, mago, medium – un po’ di tutto questo. Rapidamente, l’arte del nuovo mago divenne meno rappresentativa delle realtà ordinarie e sempre più allusiva a presenze ultramondane di varia origine. Alla fine dell’Ottocento, i ragionamenti di molti artisti si muovevano su un piano inclinato. Li aspettava il Ventesimo Secolo, con le sue sfide alla ragione e alla mentalità illuministica. Gli esiti di questo processo, forse, ancora non li scorgiamo a pieno.

Bibliografia

  • Webb, J., 1974. The Occult Underground, Open Court, LaSalle
  • Rosenthal, B. G., 1997. The Occult in Russian and Soviet Culture, Cornell University Press
  • McCannon, J., 2002. “By the shores of white waters: the Altai and its place in the spiritual geopolitics of Nicholas Roerich”, in Sibirica, vol. 2, n. 2
  • Pasi, M., 2010. “A gallery of changing gods: contemporary art and the cultural fashion of the occult”, da The 2010 international conference Changing Gods: Between Religion and Everyday Life: cyberproceedings CESNUR
  • Zoccatelli, P. L., 2016. “’All the Heavens in your Hands’. Oberto Airaudi and the Art of Damanhur”, in Nova Religio, vol. 19, n. 4
  • Pokorny, L., 2021. “Maitreya, Crop Circles, and the Age of Light: Benjamin Creme’s UFO Thought”, in Zeller, B. E. (a cura di), Handbook of UFO Religions, Brill
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