Le linee elettriche provocano il cancro?

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  • 11-11-2003
  • di Andrea Albini
Ad un recente corso di aggiornamento sulla compatibilità elettromagnetica organizzato presso l'Università di Pavia si è parlato, tra l'altro, dello stato delle conoscenze scientifiche sulla possibilità o meno di rischi alla salute dovuti all'esposizione ai campi elettromagnetici generati dalle linee elettriche e, per estensione, dalle comuni apparecchiature elettriche che usiamo a casa e sul lavoro. Si è inoltre parlato delle normative e della leggi a riguardo.

Iniziato come un campo di investigazione puramente scientifico, innescato da alcune indagini epidemiologiche, il problema ha assunto un interesse di carattere sempre più sanitario ed ha polarizzato l'opinione pubblica fino ad interessare le autorità competenti nel definire norme e misure di protezione.

Molto spesso la stampa, i mezzi di comunicazione ed altre fonti estranee al settore hanno dedicato all'argomento un'ampia attenzione, spesso con toni allarmistici. La questione è uscita dai laboratori ed è approdata, nelle aule dei tribunali, nei consigli regionali e provinciali e in parlamento, talvolta con prese di posizione strumentali ed irresponsabili.

Tutto ciò è il risultato finale di una sempre crescente apprensione dell'opinione pubblica dovuta principalmente alla distorsione di informazione sull'argomento. Un ruolo decisivo è stato giocato dalle interpretazioni arbitrarie dei risultati degli studi da parte di persone estranee al settore di ricerca.

Quando è la nostra salute e quella dei bambini che viene chiamata in causa è facile provocare apprensioni ed inquietudini e dovrebbe essere di rigore avere una chiara competenza sugli argomenti in discussione prima rilasciare dichiarazioni pubbliche che possono causare allarme.

Tali atteggiamenti hanno indotto i cittadini a credere che esistano prove certe dell'esistenza di un nesso di causa ed effetto tra determinate situazioni di esposizione ai campi elettromagnetici e l'insorgenza di patologie tumorali e che tale presunto nesso comporti rischi rilevanti per la salute.

Un altro argomento di riflessione che emerge da questo caso può essere l'evoluzione non sempre pacifica e lineare della conoscenza scientifica ed i problemi di divulgazione dell'informazione tra gli addetti ai lavori ed il resto della popolazione.

Ma in che termini si pone esattamente il problema?

I campi magnetici a frequenza di 50 periodi al secondo (60 negli Stati Uniti) sono generati dalle linee elettriche aeree che passano sui pali ed i tralicci della ragnatela di elettrodotti che copre il nostro paese, ma anche dai comuni elettrodomestici e da qualsiasi altro apparecchio che funzioni sfruttando l'energia elettrica, nonché dai conduttori elettrici che passano nei muri delle nostre abitazioni. Possono questi produrre effetti dannosi alla salute, aumentare il rischio di leucemie, soprattutto nei bambini, e di tumori al cervello?

E' questo un'interrogativo a dir poco inquietante e non stupisce che negli ultimi vent'anni si sia innescato un dibattito sempre più acceso che ormai ha assunto il tono della disputa tra fazioni opposte.

Iniziamo dicendo che alle basse frequenze ci troviamo di fronte a radiazioni non ionizzanti, cioè con un'energia non sufficiente a rompere i legami chimici dei tessuti biologici. Per le frequenze di 50 Hz il campo elettromagnetico che naturalmente si associa al passaggio di corrente nei conduttori può essere visto separato in un campo elettrico ed uno magnetico ed ha una bassa energia associata che esclude gli effetti che si possono avere alle alte frequenze delle radiazioni non ionizzanti (ad esempio il riscaldamento dei tessuti nel caso delle microonde).

I primi studi sui possibili effetti biologici dei campi elettrici a frequenza industriale di 50 e 60 Hz furono fatti verso la fine degli anni '60 in Russia su alcuni lavoratori addetti a stazioni elettriche di alta tensione che accusavano sintomatologie di vario tipo come cefalee, nausee e malesseri. Tali sintomi furono attribuiti dagli autori dello studio ai campi elettrici generati dagli impianti elettrici presso i quali i soggetti lavoravano.

Tali studi, resi noti in ambito internazionale, furono trovati tutt'altro che esaurienti, ma innescarono una serie di ricerche sugli effetti biologici dei campi elettrici. Già dai primi studi emerse però abbastanza chiaramente che i livelli di campo elettrico, anche in prossimità degli impianti ad alta tensione, non erano responsabili di effetti nocivi alla salute.

Per quanto riguarda invece l'origine dell'interesse per una presunta insorgenza di patologie tumorali causate dall'esposizione ai campi magnetici, le indagini si intensificarono dopo i dati pubblicati nel 1979 da un'indagine epidemiologica, condotta a Denver negli USA, secondo la quale veniva indicato un debole aumento del rischio di contrarre leucemie nei bambini residenti in prossimità di linee elettriche. Secondo gli autori, questo aumento di rischio era da imputare ai campi magnetici delle linee stesse.

Ovviamente questa indagine diede inizio ad una quantità di studi sia epidemiologici che in laboratorio su animali o culture cellulari, al fine di poter confermare o rifiutare questa ipotesi.

Dopo più di vent'anni di studi si può affermare, richiamando il giudizio di importanti organismi internazionali che hanno esaminato la vastissima letteratura scientifica sull'argomento, che lo stato attuale delle conoscenze consente di escludere i campi elettrici degli elettrodotti come causa di effetti nocivi per la salute.

Per quanto riguarda l'esposizione ai campi magnetici, sebbene alcuni studi epidemiologici hanno ipotizzato un'associazione con forme tumorali piuttosto rare, il quadro generale delle indagini epidemiologiche è contraddittorio. In alcuni studi non sono rilevate associazioni statistiche, in altre si hanno coefficienti di correlazione (un indice dei rischi relativi) ma i valori sono sempre modesti e spesso statisticamente non significativi.

E' importante precisare a questo punto che gli studi epidemiologici, per la loro natura strettamente statistica, non sono in grado di stabilire generalmente l'esistenza di una relazione causa-effetto, ma sono adatti solo a sollevare ipotesi. Tali ipotesi dovranno poi essere verificate sperimentalmente in laboratorio.

Gli studi epidemiologici sui campi elettromagnetici soffrono tra l'altro di limitazioni, tipo la debolezza dei coefficienti di correlazione, la modesta numerosità dei campioni, la scarsa tenuta in considerazione di tutti i possibili fattori confondenti e l'insufficiente definizione delle reali condizioni di esposizione ai campi (fattori che rendono i diversi risultati ottenuti difficilmente confrontabili).

Si noti, tra l'altro, che sebbene nei risultati dei più recenti studi epidemiologici veniva misurata l'esposizione al campo magnetico, si rilevavano valori di esposizione estremamente bassi, comuni a quelli presenti nelle abitazioni e negli uffici anche quando non sono presenti linee elettriche esterne. Come ulteriore complicazione poi il campo che viene prodotto da elettrodomestici come asciugacapelli e rasoi è di intensità anche 1000 volte superiore a quello rilevato, ma l'uso di questi elettrodomestici è saltuario, mentre l'esposizione ai campi più bassi prodotti dalle linee elettriche è permanente.

Un esame della letteratura aggiornata al 1995 relativa a tutti gli studi epidemiologici e di laboratorio sull'argomento è riportata in bibliografia[1]

Sul piano degli studi di laboratorio continuano allo stato attuale a non emergere elementi in favore della carcinogenicità dei campi in questione. A questo proposito esistono "effetti" dovuti al campo sulle strutture biologiche (che possono avere una carica elettrica interagente col campo) la questione riguarda invece la innocuità o dannosità di questi effetti per la salute.

Anche le indagini apparentemente più plausibili si scontrano con problemi di riproducibilità dei risultati da parte di gruppi indipendenti di ricercatori.[2]

Pur in mancanza quindi di alcuna prova definitiva sugli eventuali rischi per la salute associati all'esposizione ai campi elettromagnetici, la crescente preoccupazione dell'opinione pubblica ha rappresentato negli ultimi anni una spinta sempre più insistente verso l'emanazione di norme protezionistiche. A riguardo sono state definite delle linee guida dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), riprese a livello internazionale, comunitario e nazionale (in Italia con i DPCM 24/4/92 e DPCM 28/9/95).

L'adeguamento alla normativa avrà dei costi, costi che qualcuno deve pagare, ma fornisce per i timorosi una ragione in più per stare tranquilli indipendentemente dal mancato accertamento di una prova conclusiva sull'esistenza del pericolo.

Molti aspetti dell'attività e dell'esistenza umana sono associati a dei possibili rischi, che vengono percepiti come "rischi sostenibili" o meno in base a criteri culturali che spesso non sono ne razionali ne scientifici. Guidare un'automobile, ad esempio, è un'attività ad alto rischio, se guardiamo le statistiche delle morti per cause accidentali, ma non viene percepito solo come motivo di "preoccupazione" dalla maggioranza dell'opinione pubblica. Nel caso dei campi elettromagnetici esiste invece la paura ma non la prova della loro pericolosità.

Un atteggiamento serio e responsabili da parte di chi contribuisce alla formazione dell'opinione pubblica è necessaria e fondamentale perché la valutazione dei rischi venga fatta nel modo più sereno e razionale possibile.

Per concludere una considerazione di carattere psicologico. Risalendo all'origine di tutta la questione troviamo la decisione di associare alcune variazioni nelle statistiche dei casi di cancro in determinate zone con la presenza di linee e stazioni elettriche. Il dibattito è avvenuto in un arco di tempo in cui la sensibilità ecologica era in aumento. Tralicci e stazioni elettriche possono essere stati facilmente percepiti come elementi "estranei" ed "ostili" nel territorio, oltretutto in un periodo in cui l'impatto ambientale era meno considerato di quanto lo sia adesso nel loro progetto. Da qui all'innesco di una "epidemia di paura", complice la disinformazione, il passo può essere stato breve.

Andrea Albini

Note


1) CIGRE Comitato 36.06; Campi elettrici, campi magnetici e tumori: un aggiornamento della letteratura al 30 Giugno 1995; L'Energia Elettrica, vol. 73 n.1, gennaio-febbraio 1996.
2) Taubes G; Another blow weaken EMF-Cancer link; Science vol. 269, settembre 1995.


Per saperne di più


  • Conti R., Nicolini P. Silvestri A. Vecchia P; Problematiche
sanitarie connesse con i campi elettromagnetici a bassa frequenza: genesi, stato delle conoscenze scientifiche, quadri di riferimento normativo; Atti del Corso di Aggiornamento su: Compatibilità elettromagnetica e norme comunitarie negli impianti di energia; Pavia 24-27 Giugno 1996.
  • Petrini C., Vecchia P; Problematiche sanitarie connesse
con le linee elettriche ad alta tensione; AEI, vol. 80 n. 4, Aprile 1993.
  • Conti R., Nicolini P., Silvestri A; Protezione dai campi
elettrici e magnetici a frequenza industriale; AEI, vol. 80 n. 4, aprile 1993.
  • Perry T.S; Today's view of magnetic fields; IEEE Spectrum,
dicembre 1994.
accessToken: '2206040148.1677ed0.0fda6df7e8ad4d22abe321c59edeb25f',