Michele
Da quello che capisco, le tue esperienze sono un tipo particolare di déjà-vu in cui, anziché avere la sensazione di aver già vissuto realmente una certa situazione, tu credi di averla semplicemente sognata. Penso che sia lo stesso meccanismo che determina i normali fenomeni di déjà-vu. In più interviene l'inevitabile difficoltà che incontriamo nel ricordare esattamente ciò che sogniamo e il fatto che i nostri ricordi, più che registrazioni del passato, sono in realtà ricostruzioni, come spiega bene Sergio Della Sala nell'intervista che compare in questo numero di S&P. La somma di diversi errori della nostra mente determina la strana sensazione. Per quanto riguarda l'interpretazione dei déjà-vu, vi sono varie teorie. La psicoanalisi ha cercato di interpretare il fenomeno in termini di inconscio. In pratica, durante tale esperienza riaffiorerebbero alla coscienza dei ricordi o pensieri repressi. Il soggetto avrebbe realmente vissuto l'esperienza in questione ma, anziché un ricordo cosciente, riaffiorerebbe soltanto una vaga sensazione di familiarità. Tale interpretazione non va al di là della semplice speculazione e sicuramente non è in grado di spiegare episodi di déjà-vu in cui si sa con assoluta certezza che il soggetto non ha mai vissuto l'esperienza in questione. Più plausibili appaiono invece altri tentativi di interpretazione. Alcuni psicologi spiegano il déjà-vu come un errore della memoria, tecnicamente chiamato paramnesia. In pratica la nostra memoria fallirebbe nel credere di ricordare un certo episodio, in realtà mai avvenuto. Ad esempio, si può credere di essere già stati in un certo luogo, quando invece lo abbiamo visto semplicemente in fotografia. Altri autori (ad esempio, lo psicologo francese Pierre Janet) sostengono che il déjà-vu più che un errore di memoria sia un errore percettivo. In altre parole, noi percepiremmo erroneamente la realtà riscontrando illusoriamente una somiglianza con qualcosa che abbiamo già vissuto. Secondo un'altra interpretazione, il déjà-vu deriverebbe da una sorta di conflitto a livello di informazioni cerebrali. È stato ipotizzato che, in certi casi, il cervello può essere consapevole di una sensazione ricevuta prima che si sviluppi la consapevolezza della percezione stessa. In tal modo si creerebbe la strana sensazione della preconoscenza di una certa esperienza. Per alcuni questa asincronia nell'elaborazione dei segnali sensoriali deriverebbe da un'azione indipendente dei due emisferi cerebrali. In sostanza, un emisfero avrebbe la sensazione di déjà-vu semplicemente perché l'evento è stato memorizzato alcuni istanti prima dall'altro emisfero. Un'ulteriore teoria interpreta il déjà-vu in termini di emozione dissociativa. Secondo questa ipotesi, gli stimoli provenienti da una certa situazione potrebbero attivare delle emozioni che si erano verificate in passato e da questo deriverebbe la sensazione di familiarità (ad esempio, i ricordi prodotti in Marcel Proust dall'odore della celebre "madeleine" possono rientrare nell'ambito delle emozioni dissociative). Contributi all'interpretazione del déjà-vu sono stati dati anche dalla neurofisiologia. È stata infatti notata una certa frequenza del verificarsi del déjà-vu negli istanti che precedono gli attacchi in soggetti epilettici. Il neurologo Wilder Penfield, negli anni Cinquanta, dimostrò che era possibile indurre episodi di déjà-vu stimolando elettricamente il cervello di pazienti epilettici. Anche i pazienti schizofrenici vivono frequentemente episodi di déjà-vu. Secondo tali studi, quindi, il déjà-vu viene interpretato in termini di disordine neurologico. Va tuttavia osservato che il fenomeno è piuttosto frequente anche in soggetti perfettamente sani.
Dal fatto che esistano così tante teorie che cercano di interpretare i déjà-vu si capisce facilmente che il fenomeno non è ancora stato compreso in tutti i suoi aspetti. Questo accade per la maggior parte dei fenomeni che interessano il nostro cervello, a causa della sua estrema complessità. Di fronte a un problema complesso occorre estrema prudenza nell'elaborazione di teorie ed è doveroso attenersi rigorosamente ai fatti osservati. Per questo motivo, sono da rifiutare, a maggior ragione, tutte quelle teorie "paranormali" che tirano in ballo ipotesi completamente gratuite e prive di ogni fondamento.
Sogni e messaggi dall'aldilà
Alessandro
Francamente, è difficile fornire una risposta basandosi solo su quello che lei racconta e senza aver avuto la possibilità di compiere qualche, sia pur minima, ricerca. Si possono solamente formulare ipotesi. Può darsi che R. abbia, per qualche motivo, parlato delle sue icone alle persone in questione e abbia comunicato loro dove le teneva custodite, cosa che, invece, evidentemente non ha mai fatto con i suoi familiari. Le persone in questione, da quello che lei racconta, hanno, volontariamente o magari inconsciamente, motivo di far credere che R. sia adirato con la sua fidanzata e usano questi particolari per dare maggior credito a ciò che loro sostengono di aver sognato. Come ho detto, può darsi che queste persone facciano tutto ciò a livello inconscio e sognino realmente quello che raccontano. Nei sogni vengono spesso rielaborate informazioni realmente acquisite (a volte anche in modo inconsapevole), che vengono mischiate a desideri e aspirazioni profonde, che magari lo stesso soggetto non riconosce a livello conscio. Magari queste persone, per qualche motivo, vedevano malvolentieri la fidanzata di R. e adesso vogliono in qualche maniera vendicarsi di lei facendola soffrire. Ripeto: sono solo ipotesi. Per accertare come stanno realmente le cose bisognerebbe compiere qualche indagine e, magari, con l'aiuto di un bravo psicologo, analizzare se vi siano realmente ragioni di risentimento da parte di queste persone nei confronti della povera fidanzata di R.
Silvano Fuso
Chimico-fisico, Segretario
CICAP-Liguria e Coordinatore
Gruppo Scuola CICAP
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