Un’indagine sulla formazione tecnico-scientifica, dal titolo RiGeneration Stem[2] (realizzata dalla Fondazione Deloitte, in collaborazione con Swg) chiarisce meglio i termini della questione della disoccupazione intellettuale. I risultati dell’indagine sono stati presentati a Milano il 16 luglio 2020.
Quello che emerge chiaramente dall’indagine è il profondo divario che c’è tra la domanda di competenze nell’area tecnico-scientifica (STEM, ovvero Science, Technology, Engineering e Mathematics) da parte delle aziende e la scarsissima offerta di giovani che posseggono tale preparazione. Come ha affermato Paolo Gibello, presidente della Fondazione Deloitte:
… Le materie STEM sono il futuro: saranno, infatti, le discipline tecniche e scientifiche a plasmare il mondo di domani. Le imprese se ne sono accorte da anni, ma non è accaduto lo stesso tra i giovani italiani, che, nella maggioranza dei casi, continuano a puntare su una formazione non STEM[3].
Il mercato del lavoro sta subendo profondi e rapidi mutamenti a causa della continua innovazione tecnologica. A queste trasformazioni, tuttavia, non è corrisposto un parallelo incremento di giovani con preparazione di carattere tecnico-scientifico. Circa un’azienda su quattro (per la precisione il 23%) non è riuscita a trovare profili STEM nel momento in cui ne aveva necessità.
L’indagine RiGeneration Stem è nata proprio dalla constatazione di questa discrepanza tra domanda e offerta di lavoro e si è proposta soprattutto di comprenderne le ragioni.
L’analisi ha raccolto il punto di vista dei principali protagonisti del sistema di istruzione e formazione: studenti e giovani (occupati e non), docenti e anche parte del mondo imprenditoriale. L’indagine si è inoltre proposta di valutare il livello di preparazione maturato dagli studenti grazie all’attuale sistema formativo e quale potrebbe essere il futuro del mondo dell’istruzione e di quello professionale.
Dalla ricerca è emerso che le persone intervistate sono ancora poco attratte dalle materie STEM e ben il 29% di essi confessa di «non sentirsi a proprio agio percependole troppo difficili per le proprie capacità».
È emerso inoltre che, nel momento in cui i ragazzi devono scegliere il loro percorso universitario, prevale «un contesto culturale che privilegia le materie umanistiche e, nei momenti cruciali delle scelte i giovani sono influenzati più dalla famiglia che dall’orientamento scolastico, poco efficace nell’illustrare le crescenti potenzialità occupazionali delle discipline STEM».
Pur fotografando una situazione non proprio idilliaca, la ricerca della Fondazione Deloitte lascia però aperto qualche spiraglio di ottimismo. Come ha affermato ancora il presidente Paolo Gibello:
Riguardo alla situazione delle nostre scuole, dalla ricerca emergono diversi aspetti interessanti: 1) la necessità di un maggiore bilanciamento tra teoria e pratica nella didattica; 2) la scarsità di tempo: il 34% dei docenti lamenta di avere a disposizione un numero insufficiente di ore, dedicate allo sviluppo di competenze pratiche; 3) la richiesta di un maggior coinvolgimento nell’insegnamento da parte degli studenti: solo 1 studente non STEM su 2 si sente coinvolto dai propri docenti nelle materie tecnico-scientifiche; 4) la necessità di un aggiornamento delle dotazioni: 2 docenti su 3 accusano la presenza di dotazioni arretrate nelle proprie scuole; 5) un maggior bisogno di collaborazioni scuola-mondo del lavoro: al momento le partnership sono valutate insufficienti dal 64% degli studenti e dal 61% dei docenti; 6) la richiesta di un aumento dell’efficacia del sistema di orientamento: oltre la metà delle imprese intervistate (55%) dichiara di non prendere parte a servizi di orientamento.
Dalla ricerca RiGeneration Stem emerge inoltre l’esigenza di puntare su un concetto chiave: contaminazione. Il nostro sistema scolastico deve favorire la pratica durante le ore di didattica e il rafforzamento di momenti di incontro con le aziende. Va sicuramente in questo senso il progetto di alternanza scuola-lavoro, introdotta nel 2015 dalla legge 107. Oggi non si parla più di alternanza scuola-lavoro, ma si utilizza l’acronimo PCTO, che sta per “Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento”. Secondo alcuni tuttavia, le iniziative legislative non sono sufficienti. Ad esempio, Giovanni Brugnoli, vicepresidente per il Capitale Umano di Confindustria, ha affermato che:
(Il taglio di cui parla Brugnoli si riferisce alla riduzione del numero di ore di PCTO stabilita successivamente dal Ministero dell’Istruzione).
Sulla stessa linea si trova Gianmario Verona, rettore dell’Università «Bocconi» di Milano, che ha affermato:
Dall’indagine, infine, viene riconosciuta l’importanza delle cosiddette soft skill, ovvero quelle capacità di stampo cognitivo, relazionale e comunicativo, diverse dalle competenze tecniche specifiche. Tra queste emergono il pensiero critico, il problem solving e la proattività, ovvero la capacità di agire in anticipo di fronte a una certa problematica. Si tratta sicuramente di capacità utili, non solo nel mondo del lavoro, ma in generale nella vita di ogni cittadino.