Nel 1887, la tipografia Camilla e Bertolero di Torino dà alle stampe un opuscolo di 12 pagine dal titolo oscuro: Tellurico bacio e danza. La Terra a cui vien la gobba. Ne è autore Alessandro Volante, un veterinario torinese originario di Alessandria titolare di diverse cariche di rilievo: capo del settore veterinario del Comune e responsabile del macello, vicepresidente dell’Accademia Veterinaria Italiana, e così via. Un benestante, il cui nipote, Guido, fu uno degli inventori dell’industria cinematografica italiana e morirà combattendo nella Prima guerra mondiale. Alessandro Volante ebbe invece una vita di idee e di scritti che corsero paralleli rispetto a un’esistenza dai tratti completamente borghesi. Idee che ce lo fanno ascrivere appieno nella vasta classe dei Divergenti.
Nato negli anni ’30 dell’Ottocento, esordì nel 1861 pubblicando un opuscolo dedicato a un classico delle pseudoscienze: La quadratura del circolo. Tra le sue tante passioni, due spiccano fra tutte: quella per l’aeronautica, ai suoi tempi in fase nascente, e quella per la sismologia, che, in mancanza della teoria della deriva dei continenti e del conseguente sviluppo della tettonica a placche, all’epoca si muoveva a tentoni.
L’aeronautica di Volante – nomen omen – è quella di un incredibile, magnifico sognatore. Come altri del suo tempo, era affascinato dalla conquista del Polo Nord, ancora non realizzata; scrisse anche una specie di trattatello filosofico sui poli, Nuove rivelazioni mondiali, per il quale scomodò Dante che – sosteneva – conosceva già ai suoi tempi, in modo misterioso, la vera anatomia della Terra, ancora non compresa davvero dagli scienziati. Per arrivare ai poli, Volante pensava di servirsi dell’aerostato: ne aveva concepito un modello che presentò in occasione di un convegno tenutosi nel 1894. L’anno seguente ribadì il suo piano in Salve Polare!, un discorso tenuto ai Giardini Reali di Torino pervenutoci anch’esso grazie a un opuscoletto.
Il suo progetto non fu preso sul serio, ma lui continuò a seguire con ardore ogni tentativo di raggiungere il Polo. Nel 1897 l’esploratore svedese Salomon Andrée tentò di arrivarci in mongolfiera; partito dalle isole Svalbard, sparì dopo due giorni. Il suo corpo sarà ritrovato solo 33 anni dopo, ma nel 1897, sull’onda delle cronache, nei cieli di parecchie nazioni vi furono numerosi avvistamenti di presunti “palloni misteriosi”: la stampa li ritenne la prova che la mongolfiera di Andrée vagava ancora fra le nuvole. Per il Natale del 1898 Volante scrisse un altro opuscolo, intitolato Strenna polare, in cui sperava che l’esploratore svedese fosse approdato da qualche parte e affermava che fosse doveroso recuperarlo.
In realtà, però, i suoi sogni aeronautici si erano già spinti ben oltre. Nel 1873, in Supposizioni di nautica eterea, Volante aveva infatti presentato una serie di disegni che sembrano usciti dai racconti di favole dei fratelli Grimm. Uno, per esempio, mostra con apparente serietà un ragazzo che vola, retto da un’asta, agganciato a cinque condor. Va sottolineato che in questo il veterinario torinese è soltanto l’ultimo di una lunghissima fila di autori che nei millenni hanno elaborato il tema leggendario di un esperimento simile, che sarebbe stato tentato da Alessandro Magno e circola sin dal III sec. a. C. Un altro disegno è ancora più piacevole. Si tratta di un paracadute – in realtà, una mongolfiera ad aria calda – da far alzare grazie al calore fino a strutture come torri, fortezze, montagne a picco. Da lassù, l’aeronauta doveva solo afferrare un cerchio di metallo posto sotto la mongolfiera e farsi portare in salvo dal paracadute.
Alcuni aspetti potrebbero persino farlo considerare un precursore del mito moderno degli UFO. Nel 1927, su L’Ala d’Italia, lo storico della scienza Giuseppe Boffito documentò infatti che Volante aveva fatto costruire a un operaio un apparato emisferico di metallo rotante intorno a un asse, che sarebbe riuscito a staccarsi dal pavimento. Uno dei pionieri dell’aeronautica, Claude-Jules Durouf, lo avrebbe giudicato positivamente: «ruotando si sostiene e fa presa nell’aria quasi ala d’uccello». Quando, nel 1947, nacque il mito dei dischi volanti, le loro prime rappresentazioni grafiche spesso ebbero per modello idee come quella: la cupola, o la superficie rotante, oppure il disco che, al suo interno, cela pale in rotazione capaci di far muovere i misteriosi ordigni.
Tuttavia, gli scritti più interessanti di Volante sono quelli sui terremoti, di cui, grazie alle reti sismografiche, ai suoi tempi ormai si misuravano con una certa precisione le energie, ma le cui cause rimanevano un enigma. Il culmine della sua produzione è tutto in due opuscoli: quello del 1887, il già accennato Tellurico bacio e danza e La luce nel terremoto, uscito nel 1895; in tutto, assommano a una trentina di pagine e alcune illustrazioni, in cui Volante spiega perché ci sono i terremoti, basandosi sulla anatomia sperimentale della Terra, come chiamava le sue teorie.
La massa terrestre è calda, ma il suo strato esterno si raffredda per via dell’atmosfera. La parte esterna, tiepidina, della Terra, è contesa tra l’attrazione gravitazionale e quella dei «due dischi lunari», ossia il nostro satellite, che si posiziona ora di qua ora di là del globo. In certi momenti l’attrazione lunare prevale, e allora la crosta tiepidina si solleva; poi, ricade sul letto di fango, detriti e lava che si trova al di sotto di essa, ed è quell’impatto a costituire il terremoto vero e proprio. Il «bacio» tellurico del titolo è l’impatto della massa sulle acque e sulla lava, la «danza», invece, è il moto trasmesso a mari e fiumi, cioè la fase finale della scossa.
Non è finita: i terremoti avvengono soprattutto nelle fasi di Luna nascente e crescente, un dato da tenere presente per limitare i danni più gravi dei sismi. C’è però almeno un altro sistema per prevedere i terremoti, evitandone le conseguenze peggiori. Con la loro sensibilità, gli animali avvertono i momenti in cui, subito prima del parossismo, la massa terrestre si solleva e assume forma conica («come una coppetta chirurgica», scrive Volante). L’idea della sensibilità animale ai sismi è controversa e spesso scivola nella mitologia: non è un caso che nelle sue fantasie Volante le assegni un ruolo importante.
Ne La luce nel terremoto, dà credito a un altro presunto precursore sismico tuttora oggetto di polemiche, le manifestazioni luminose che talora accompagnerebbero i sismi. Con il consueto linguaggio fiorito, Volante descrive quelle che ritiene le cinque fasi del terremoto: il preludio (al quale sono sensibili gli animali), il tonfo, il sussulto, ossia il «rigurgito» sotterraneo di acque e lava, l’ondeggiamento, l’innocuo muoversi dell’acqua, e il focolaio, in cui nel sottosuolo compare il punto in cui si è creata la «gobba» più alta, quella dovuta al prevalere dell’attrazione lunare sulla gravità. Nella terza fase, il sussulto, secondo Volante il cielo si può illuminare perché dal sottosuolo giungono emanazioni solforose. Si tratta insomma di quelle «luci sismiche» su cui da secoli c’è una copiosa aneddotica, e anche una discreta letteratura scientifica; in questi ultimi decenni gli ufologi sono persino riusciti ad associarle alle loro teorie sull’esistenza di presunti fenomeni naturali sconosciuti.
Alessandro Volante è morto negli anni ’10 del secolo scorso, ma è ancora ricordato come un originale, che si mantenne comunque in un quadro di rispettabilità sociale e di successo professionale. Per questo, forse, aver intitolato “La terra a cui vien la gobba” un’intera mostra sui “mattoidi letterari” organizzata nel 1998 dalla Biblioteca Classense di Ravenna ci pare un po’ ingeneroso nei suoi riguardi.
Nato negli anni ’30 dell’Ottocento, esordì nel 1861 pubblicando un opuscolo dedicato a un classico delle pseudoscienze: La quadratura del circolo. Tra le sue tante passioni, due spiccano fra tutte: quella per l’aeronautica, ai suoi tempi in fase nascente, e quella per la sismologia, che, in mancanza della teoria della deriva dei continenti e del conseguente sviluppo della tettonica a placche, all’epoca si muoveva a tentoni.
L’aeronautica di Volante – nomen omen – è quella di un incredibile, magnifico sognatore. Come altri del suo tempo, era affascinato dalla conquista del Polo Nord, ancora non realizzata; scrisse anche una specie di trattatello filosofico sui poli, Nuove rivelazioni mondiali, per il quale scomodò Dante che – sosteneva – conosceva già ai suoi tempi, in modo misterioso, la vera anatomia della Terra, ancora non compresa davvero dagli scienziati. Per arrivare ai poli, Volante pensava di servirsi dell’aerostato: ne aveva concepito un modello che presentò in occasione di un convegno tenutosi nel 1894. L’anno seguente ribadì il suo piano in Salve Polare!, un discorso tenuto ai Giardini Reali di Torino pervenutoci anch’esso grazie a un opuscoletto.
Il suo progetto non fu preso sul serio, ma lui continuò a seguire con ardore ogni tentativo di raggiungere il Polo. Nel 1897 l’esploratore svedese Salomon Andrée tentò di arrivarci in mongolfiera; partito dalle isole Svalbard, sparì dopo due giorni. Il suo corpo sarà ritrovato solo 33 anni dopo, ma nel 1897, sull’onda delle cronache, nei cieli di parecchie nazioni vi furono numerosi avvistamenti di presunti “palloni misteriosi”: la stampa li ritenne la prova che la mongolfiera di Andrée vagava ancora fra le nuvole. Per il Natale del 1898 Volante scrisse un altro opuscolo, intitolato Strenna polare, in cui sperava che l’esploratore svedese fosse approdato da qualche parte e affermava che fosse doveroso recuperarlo.
In realtà, però, i suoi sogni aeronautici si erano già spinti ben oltre. Nel 1873, in Supposizioni di nautica eterea, Volante aveva infatti presentato una serie di disegni che sembrano usciti dai racconti di favole dei fratelli Grimm. Uno, per esempio, mostra con apparente serietà un ragazzo che vola, retto da un’asta, agganciato a cinque condor. Va sottolineato che in questo il veterinario torinese è soltanto l’ultimo di una lunghissima fila di autori che nei millenni hanno elaborato il tema leggendario di un esperimento simile, che sarebbe stato tentato da Alessandro Magno e circola sin dal III sec. a. C. Un altro disegno è ancora più piacevole. Si tratta di un paracadute – in realtà, una mongolfiera ad aria calda – da far alzare grazie al calore fino a strutture come torri, fortezze, montagne a picco. Da lassù, l’aeronauta doveva solo afferrare un cerchio di metallo posto sotto la mongolfiera e farsi portare in salvo dal paracadute.
Alcuni aspetti potrebbero persino farlo considerare un precursore del mito moderno degli UFO. Nel 1927, su L’Ala d’Italia, lo storico della scienza Giuseppe Boffito documentò infatti che Volante aveva fatto costruire a un operaio un apparato emisferico di metallo rotante intorno a un asse, che sarebbe riuscito a staccarsi dal pavimento. Uno dei pionieri dell’aeronautica, Claude-Jules Durouf, lo avrebbe giudicato positivamente: «ruotando si sostiene e fa presa nell’aria quasi ala d’uccello». Quando, nel 1947, nacque il mito dei dischi volanti, le loro prime rappresentazioni grafiche spesso ebbero per modello idee come quella: la cupola, o la superficie rotante, oppure il disco che, al suo interno, cela pale in rotazione capaci di far muovere i misteriosi ordigni.
Tuttavia, gli scritti più interessanti di Volante sono quelli sui terremoti, di cui, grazie alle reti sismografiche, ai suoi tempi ormai si misuravano con una certa precisione le energie, ma le cui cause rimanevano un enigma. Il culmine della sua produzione è tutto in due opuscoli: quello del 1887, il già accennato Tellurico bacio e danza e La luce nel terremoto, uscito nel 1895; in tutto, assommano a una trentina di pagine e alcune illustrazioni, in cui Volante spiega perché ci sono i terremoti, basandosi sulla anatomia sperimentale della Terra, come chiamava le sue teorie.
La massa terrestre è calda, ma il suo strato esterno si raffredda per via dell’atmosfera. La parte esterna, tiepidina, della Terra, è contesa tra l’attrazione gravitazionale e quella dei «due dischi lunari», ossia il nostro satellite, che si posiziona ora di qua ora di là del globo. In certi momenti l’attrazione lunare prevale, e allora la crosta tiepidina si solleva; poi, ricade sul letto di fango, detriti e lava che si trova al di sotto di essa, ed è quell’impatto a costituire il terremoto vero e proprio. Il «bacio» tellurico del titolo è l’impatto della massa sulle acque e sulla lava, la «danza», invece, è il moto trasmesso a mari e fiumi, cioè la fase finale della scossa.
Non è finita: i terremoti avvengono soprattutto nelle fasi di Luna nascente e crescente, un dato da tenere presente per limitare i danni più gravi dei sismi. C’è però almeno un altro sistema per prevedere i terremoti, evitandone le conseguenze peggiori. Con la loro sensibilità, gli animali avvertono i momenti in cui, subito prima del parossismo, la massa terrestre si solleva e assume forma conica («come una coppetta chirurgica», scrive Volante). L’idea della sensibilità animale ai sismi è controversa e spesso scivola nella mitologia: non è un caso che nelle sue fantasie Volante le assegni un ruolo importante.
Ne La luce nel terremoto, dà credito a un altro presunto precursore sismico tuttora oggetto di polemiche, le manifestazioni luminose che talora accompagnerebbero i sismi. Con il consueto linguaggio fiorito, Volante descrive quelle che ritiene le cinque fasi del terremoto: il preludio (al quale sono sensibili gli animali), il tonfo, il sussulto, ossia il «rigurgito» sotterraneo di acque e lava, l’ondeggiamento, l’innocuo muoversi dell’acqua, e il focolaio, in cui nel sottosuolo compare il punto in cui si è creata la «gobba» più alta, quella dovuta al prevalere dell’attrazione lunare sulla gravità. Nella terza fase, il sussulto, secondo Volante il cielo si può illuminare perché dal sottosuolo giungono emanazioni solforose. Si tratta insomma di quelle «luci sismiche» su cui da secoli c’è una copiosa aneddotica, e anche una discreta letteratura scientifica; in questi ultimi decenni gli ufologi sono persino riusciti ad associarle alle loro teorie sull’esistenza di presunti fenomeni naturali sconosciuti.
Alessandro Volante è morto negli anni ’10 del secolo scorso, ma è ancora ricordato come un originale, che si mantenne comunque in un quadro di rispettabilità sociale e di successo professionale. Per questo, forse, aver intitolato “La terra a cui vien la gobba” un’intera mostra sui “mattoidi letterari” organizzata nel 1998 dalla Biblioteca Classense di Ravenna ci pare un po’ ingeneroso nei suoi riguardi.
SOFIA LINCOS è laureata in fisica ed è caporedattore di QueryOnLine. Professionalmente si occupa di giochi logici.
GIUSEPPE STILO si interessa di pseudoscienze privilegiando il metodo storico. Insieme a Sofia Lincos è coautore di alcune rubriche su QueryOnLine e sul sito web del CICAP.