In passato, gli oroscopi erano presenti soprattutto nei settimanali femminili, sulle cui pagine dispensavano previsioni sulle questioni di cuore. Oggi, l’interesse nei loro confronti sembra essersi allargato. Essi sono presenti dappertutto, investendo molte sfere della vita pubblica e privata. Si è persino saputo di uomini politici e capi di stato che consultano gli oroscopi per orientare le loro decisioni. All’origine di tale successo c’è probabilmente la diffusa difficoltà di pensare e concepire il tempo futuro, specie il futuro prossimo. L’epoca in cui viviamo è dominata da un certo disincanto del mondo e dalla fine delle grandi narrazioni ideologiche. Le promesse passate a proposito dell’avvenire si sono spesso rivelate fallaci. Oggi è quindi più difficile pensare il domani e proiettarsi nel futuro. E in assenza di una fede ideologica o religiosa organizzata, la paura di ciò che ci attende si combina con l’ossessione del futuro immediato. Ecco allora che, nell’immediatezza del quotidiano, gli oroscopi si presentano come una possibilità di gestire il futuro immediato a buon mercato.

Attraverso gli oroscopi, è come se l’individuo si rivolgesse a una sorta di divinità benevola e incoraggiante che lo aiuta a gestire la quotidianità, alla stregua di ciò che avviene nelle società primitive o anche nell’ambito della dimensione più popolare delle religioni monoteiste (le medaglie benedette che proteggono, le preghiere per scongiurare il malocchio, eccetera). C’è però una differenza fondamentale. Nelle società primitive, i riti servono a interpretare gli avvenimenti e dare un significato a avvenimenti fuori dalla norma, una malattia, un incidente, eccetera. L’interpretazione serve a riportare l’avvenimento eccezionale all’interno di un ordine normale delle cose. Nulla deve restare incompreso, a tutto si deve poter dare una spiegazione, magari attraverso l’intervento di un ordine soprannaturale. Interpretando un avvenimento, lo si sdrammatizza, negandone implicitamente il carattere imprevisto e inspiegabile. L’oroscopo funziona allo stesso modo nei confronti però del futuro immediato. Chi consulta l’oroscopo sa che gli capiteranno avvenimenti più o meno favorevoli, ma il fatto di essere prevenuto gli consente di negare la sorpresa. L’imprevisto futuro è come neutralizzato e quindi più facilmente gestibile. L’individuo può credere di controllare ciò che sta per accadere. In realtà, nonostante questa illusione, la convinzione che gli astri abbiano un’influenza sulla nostra vita favorisce un processo di deresponsabilizzazione. Gli avvenimenti che ci riguardano non dipendono più da noi, ma da un ordine naturale trascendente che oltrepassa le responsabilità individuali. Va detto però che il messaggio degli oroscopi non è mai così netto, giacche di solito essi fanno sì appello alla fatalità, ma contemporaneamente invitano a reagire o ad approfittare di una data situazione. In pratica, fanno riferimento a un ordine e al suo contrario, combinano il destino e la libertà, la generalità e l’individualità. E dato che lasciano la possibilità d’interpretare il senso delle loro predizioni, ogni individuo può farne l’uso che vuole.
Se gli oroscopi affascinano tante persone, è anche perché oggi assistiamo a una progressiva privatizzazione della riflessone sul senso della vita. Nel mondo occidentale, infatti, prevale l’idea che ciascuno debba trovare una risposta individuale agli interrogativi sulla vita, dato che le risposte collettive d’ordine politico o religioso sono meno diffuse e comunque più deboli che in passato. La lettura dell’oroscopo che implica sempre una sorta di autocostruzione del discorso va in questa direzione, consentendo di dare un senso immediato a certi avvenimenti. Il che è già una specie di risposta pragmatica agli interrogativi sul senso della vita. Nell’oroscopo come nelle religioni, nelle ideologie e nelle superstizioni si parte da una totalità che si crede conoscere per dedurne alcune verità particolari. A differenza della scienza, che non possiede mai una conoscenza o una verità totale, l’astrologia si propone come un sapere totale, a partire dal quale si pensa ogni avvenimento singolare e si danno risposte a singoli problemi.
Quella che viene ad aiutarci è una parola esterna che si ammanta di un’autorità che viene dagli astri e da un sapere che ci sfugge, ma del quale, in un modo o nell’altro, ci fidiamo. Poco importa da dove venga esattamente questa parola d’autorità. Non occorre conoscere i segreti dell’astrologia per crederci. L’importante è che l’autorità sia postulata. Come in qualsiasi sistema simbolico, occorre creare una relazione tra l’individuo e l’universo di riferimento, facendo sì che tale relazione sia portatrice di senso. Esattamente come accade con l’astrologia, che non a caso s’inscrive nella diffusa nostalgia per i saperi e le cosmologie antiche.
Marc Augé
Directeur d’Études presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, ha pubblicato alcuni dei maggiori successi della letteratura antropologica, tra cui Il dio oggetto (1988), Un etnologo nel metrò (1992), Nonluoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità (1996), Storie del presente. Per un’antropologia dei mondi contemporanei(1997).
Testo tratto da La Repubblica del 5 gennaio 2007, raccolto da Fabio Gambaro. Pubblicato per gentile concessione dell’autore e dell’editore.