L'articolo di Gian Marco Rinaldi sul numero 81 della rivista, con la sua implacabile precisione, dimostra con chiarezza che non esiste alcuna evidenza di impronte di monete romane sul tessuto della Sindone. Ciò nonostante è facile prevedere che coloro che sono abituati a utilizzare la ricerca come mezzo di conferma di una fede incrollabile, non vedranno minimamente scalfite le proprie convinzioni. Da parte mia sorge spontaneo un ragionamento molto banale che non vedo mai considerato quando si discute sulla questione delle monetine. Mi sembra improbabile che nessuno abbia avuto la mia intuizione, ma non riesco a convincermi che il mio ragionamento non funzioni. Per questo motivo provo a esporlo, sperando di ricevere una risposta esaustiva. Un punto fermo dei sostenitori dell'autenticità della Sindone è che l'immagine sul telo non possa essere riprodotta con mezzi fisici conosciuti. Essa può essere spiegata unicamente come il risultato dell'energia emessa durante la resurrezione di Gesù. Una energia, spesso definita "immensa", in grado di intaccare il tessuto di lino. Di intaccarlo sì, ma solo in superficie. Un fenomeno quantomeno strano, ma trattandosi di una forma di energia sconosciuta e unica, da non potersi escludere a priori. Quello che invece bisogna escludere con certezza è che nell'occasione siano resuscitate anche le monete che eventualmente lì si fossero trovate. Esse avrebbero subito l'effetto di questa energia e non partecipato a emetterla. E allora mi domando: perché non hanno fatto da schermo, e quindi salvato il tessuto nell'area da loro ricoperta? Come è possibile che invece abbiano proiettato l'immagine della loro faccia che si trovava a contatto con il telo, esattamente come ha fatto il corpo di Gesù? Forse perché il metallo è un buon conduttore di calore? Allora l'immagine della Sindone è il risultato che si sarebbe potuto ottenere semplicemente appoggiando un telo su un metallo rovente, tipo ferro da stiro. Un'ipotesi altamente verosimile, ma incompatibile con la premessa iniziale. Sto trascurando qualche considerazione fondamentale?
Errico Chiari
Risponde Gian Marco Rinaldi:
L'ipotesi del fortissimo "lampo di radiazione" come causa dell'immagine corporea della Sindone va di moda ma non è l'unica e d'altra parte ci sono sindonologi che ammettono di non saper immaginare un meccanismo di formazione dell'immagine né per la figura del corpo né per le monete. Come radiazioni sono state invocate tutte le frequenze, dall'infrarosso ai raggi X, poi fasci di elettroni o protoni o neutroni, oltre a raggi sconosciuti alla fisica. È vero che in genere i sindonologi sorvolano sul fatto che la moneta dovrebbe schermare la radiazione, ma se si ponessero il problema potrebbero trovare qualche soluzione. Provo a dare un suggerimento. La moneta sporca di sangue lascia un'impronta per contatto quando il telo viene steso sul volto. Solo in un secondo tempo il lampo di radiazione produce la figura del corpo, ma a quel punto la moneta è scivolata via per qualsiasi motivo e non si trova lì dove c'è la sua impronta. Ma la difficoltà più grossa è già implicita nella stessa ipotesi che la figura del corpo sia stata prodotta da una radiazione. Un cadavere non produce raggi ultravioletti né raggi X né fasci di particelle. Anche invocando un miracolo per la genesi della radiazione, servirebbero altri due miracoli per farla viaggiare solo in verticale e per focalizzarla in una immagine così ben fatta. Una radiazione tanto portentosa potrebbe ben produrre anche un piccolo quarto miracolo per le monete. Se poi si considera che sulla Sindone non c'è alcuna impronta di monete, il vero problema da risolvere sarebbe il seguente. Come può una moneta inesistente lasciare un'orma invisibile senza schermare una radiazione che non c'è e che se ci fosse non produrrebbe quell'immagine? Quello dei sindonologi è un mondo surreale!
Gent.mo sig. Rinaldi, è miopia sindonica quella di basarsi sul "dato scientifico" che ha stabilito l'età medievale della Sindone. Miopia perché si respinge in assoluto ogni documento storico che colloca la Sindone al Primo millennio, prima del suo arrivo in Francia. È dimostrabile che, utilizzando ancora il metodo radiocarbonico, la Sindone risale al I secolo. Gli interessanti risultati presso i laboratori AMS, verranno resi pubblici alla "stampa" prima di essere presentati al "Convegno Internazionale della Sindone" che si svolgerà nel prossimo anno 2010.
Luigi Righetto
Risponde Gian Marco Rinaldi:
Finora non sono stati resi noti gli "interessanti risultati" ai quali lei si riferisce in relazione al C14. Il laboratorio di Oxford comunicò un esito negativo per la verifica dell'ipotesi del monossido di carbonio avanzata da John Jackson, come è spiegato nell'articolo sul caso Ramsey in S&P n. 81. Era il marzo 2008. Da allora non sono emerse novità su questa linea. L'unica notizia è che Jackson si è procurato semi di lino per far crescere lui stesso le piante con cui preparare, alla maniera antica, il tessuto per gli esperimenti. Ma intanto molti sindonologi si stanno entusiasmando per una ipotesi diversa. Un altro americano dice infatti di poter dimostrare che quell'angolo della Sindone, da cui fu tagliato il campione per la datazione nel 1988, non è di lino come il resto del lenzuolo bensì di cotone, ossia è posticcio. Quale alternativa sarà vincente, il monossido o il cotone? Attendiamo il convegno dell'anno prossimo e ne riparleremo.
Con riferimento al numero 81 della rivista non entro in merito all'usanza ebraica di seppellire i propri morti con delle monetine sugli occhi (della quale in verità ignoravo l'esistenza) ma mi sembra nessuno ne abbia mai parlato prima della "scoperta" nel 1979 in tanti testi sulla Sindone. Ciò premesso, dedicare ben 20 pagine sulle 80 complessive della rivista alle "nefandezze" reali o presunte dei sindonologi Filas, Moroni, Balossino, mi è sembrato eccessivo, paragonandolo altresì alla lunghezza e concisione degli altri articoli sullo stesso argomento. Senza nessuna offesa nei confronti dell'autore, dottor Gian Marco Rinaldi.
Renato Birke
Risponde Lorenzo Montali:
Nessuna offesa per Rinaldi: suoi sono anche quasi tutti gli altri articoli di quel numero, che il lettore sembra aver apprezzato. In effetti, la responsabilità delle scelte editoriali, e quindi dello spazio da dedicare ai diversi temi, è in primo luogo mia in quanto direttore della rivista e quindi accetto pienamente la critica. A mia giustificazione, diciamo così, porterò due argomenti, che ovviamente ciascuno è libero di accettare o respingere. Il primo è che mi sembrava che la vicenda raccontata in quel lungo articolo andasse al di là del singolo caso e fosse invece particolarmente rappresentativa di un metodo generale che viene utilizzato in ambito sindonologico per costruire le prove dell'autenticità della Sindone. Anche indipendentemente dalla scarsità di prove offerte per dimostrare la presenza delle monetine sugli occhi, ciò che l'articolo di Rinaldi si proponeva di evidenziare era che il processo stesso attraverso cui quelle prove vengono "scoperte" e accettate dai sindonologi è gravemente carente, nel senso che la volontà di dimostrare l'autenticità del velo sindonico sembra sistematicamente prevalere su un'accurata disamina critica delle evidenze offerte. In una logica, insomma, secondo la quale qualsiasi tesi, anche la meno supportata, viene accettata semplicemente perché porta acqua al mio mulino; salvo poi venire temporaneamente "dimenticata" quando qualche scettico ne dimostra la fallacia, per poi magari tornare in auge quando le voci critiche cessano di farsi sentire. Vi è poi, come accennavo sopra, una seconda ragione dietro quella scelta editoriale. Come avrete notato molte delle copertine occupano uno spazio maggiore di quanto fosse successo in passato (anche se casualmente la stessa cosa non si può dire di quella di questo numero). La ragione è che vorremmo su alcuni temi offrire ai lettori un livello di approfondimento ampio, costruendo delle piccole monografie. Si tratta di una scelta e come tale certamente non irreversibile e soprattutto sottoposta al giudizio e al gradimento di voi lettrici e lettori. Per esempio penso che la conferenza dei soci che stiamo organizzando a Torino sarà un buon momento per discutere insieme anche di questo.
Mio padre è morto di tumore alla laringe nel 1986.
La laringotomia praticata nel 1984 fu ritardata di circa sei mesi in attesa di risultati da "cure" alternative come agopuntura e rimedi omeopatici su cui non ero d'accordo. La raucedine continuava a peggiorare finché non andai anch'io a una delle sedute a dire al ciarlatano che io non avevo fiducia nei suoi metodi e gli feci ammettere che era il caso di tornare alla medicina scientifica. Sia mio padre che un altro familiare si convinsero che non era più il caso di insistere. Tardi. Forse il tumore sarebbe stato lo stesso mortale ma è ragionevole pensare che il ritardo indotto da speranze mal riposte e dalla criminale irresponsabilità di quel terapeuta possano essere state letali.
Piero Zanotto
Risponde Giorgio Dobrilla:
La sopravvivenza media a cinque anni di un tumore della laringe (con probabilità di guarigione) è del 50 per cento circa. Questa percentuale sale di parecchio (80 per cento) nelle forme iniziali e/o poco estese del tumore e scende di parecchio nelle forme più avanzate o estese (20 per cento). Ciò sottolinea anche per questo tumore il valore della diagnosi più precoce possibile. Una volta diagnosticato il cancro e valutata la opportunità di un trattamento chirurgico, l'intervento deve essere fatto quanto prima, seguito o meno da radioterapia o chemioterapia in base a una decisione collegiale di chirurgo, radiologo e oncologo. Io non conosco la storia del papà del signor Zanotto prima del 1984, cioè ignoro a quando si può far risalire l'esordio dei sintomi lamentati. Pertanto, non è possibile stabilire il peso che ha avuto il ritardo di 6 mesi prima della laringotomia (o non si trattava di laringectomia?). Dato che si fa cenno alla raucedine ipotizzo che il paziente ne abbia sofferto da parecchio tempo, il che avrebbe imposto quanto meno una visita otorinolaringoiatrica, ciò che avrebbe certamente evitato il ricorso a medicine alternative e accelerato di sicuro la soluzione chirurgica più consona. Attuare qualsiasi trattamento, anche convenzionale e non solo alternativo, senza prima aver approfondito in senso diagnostico, è assolutamente deplorevole per le conseguenze drammatiche che può comportare, come in questo caso. Casi altrettanto drammatici sono all'ordine del giorno con recenti esempi clamorosi riportati anche a pagina 9 del numero di agosto di questa rivista ("Sospensione di cure salvavita: rischio accettabile?")
Mi è stato riferito che qualora un fiume passi accanto a un condominio, grazie anche a una particolare composizione del terreno, può sprigionarsi a opera del fiume una "sorta di corrente elettrica" addirittura tale da poter nel tempo determinare la rottura di una tubazione condominiale.
Gradirei pertanto sapere se quanto detto abbia un riscontro scientifico oppure sia una semplice "leggenda metropolitana" e, inoltre, nell'ipotesi in cui questo fenomeno sia realistico, se possono esservi delle conseguenze sulla salute dei condomini.
Alfredo Cassetta
Risponde Gianni Comoretto:
Non riesco molto a capire a che fenomeno ci si riferisca. Il solo fenomeno noto che assomiglia vagamente alla descrizione data è la corrosione galvanica. Quando due metalli differenti (ad esempio due porzioni di un tubo) sono a contatto con un mezzo umido, ad esempio l'umidità del suolo, si forma una specie di pila, che produce una debole corrente elettrica consumando uno dei due metalli. Questo fenomeno però è ben noto, e quindi considerato nella costruzione di tubazioni. Inoltre non dipende dal fatto che vi sia nelle vicinanze acqua corrente, in falda o in un fiume, ma solamente umidità, il che avviene in praticamente qualsiasi terreno.
Non ho mai trovato invece indicazioni di correnti elettriche prodotte dal flusso dell'acqua in un fiume. Sicuramente un fiume ha effetti sul microclima locale (umidità, temperatura), sia positivi che negativi. Ma l'elettricità non c'entra. ''L'idea che l'acqua corrente produca effetti nefasti è invece molto diffusa nella geobiologia, una pseudo-scienza che non ha mai fornito nessuna dimostrazione delle sue asserzioni. Queste influenze sarebbero dovute a non meglio precisate energie telluriche, che l'acqua devierebbe o modificherebbe in modo misterioso. Non esiste però nessun modo ripetibile per individuare queste energie, determinare che esistono, e quindi per verificare che l'acqua corrente le modifichi.
Errico Chiari
Risponde Gian Marco Rinaldi:
L'ipotesi del fortissimo "lampo di radiazione" come causa dell'immagine corporea della Sindone va di moda ma non è l'unica e d'altra parte ci sono sindonologi che ammettono di non saper immaginare un meccanismo di formazione dell'immagine né per la figura del corpo né per le monete. Come radiazioni sono state invocate tutte le frequenze, dall'infrarosso ai raggi X, poi fasci di elettroni o protoni o neutroni, oltre a raggi sconosciuti alla fisica. È vero che in genere i sindonologi sorvolano sul fatto che la moneta dovrebbe schermare la radiazione, ma se si ponessero il problema potrebbero trovare qualche soluzione. Provo a dare un suggerimento. La moneta sporca di sangue lascia un'impronta per contatto quando il telo viene steso sul volto. Solo in un secondo tempo il lampo di radiazione produce la figura del corpo, ma a quel punto la moneta è scivolata via per qualsiasi motivo e non si trova lì dove c'è la sua impronta. Ma la difficoltà più grossa è già implicita nella stessa ipotesi che la figura del corpo sia stata prodotta da una radiazione. Un cadavere non produce raggi ultravioletti né raggi X né fasci di particelle. Anche invocando un miracolo per la genesi della radiazione, servirebbero altri due miracoli per farla viaggiare solo in verticale e per focalizzarla in una immagine così ben fatta. Una radiazione tanto portentosa potrebbe ben produrre anche un piccolo quarto miracolo per le monete. Se poi si considera che sulla Sindone non c'è alcuna impronta di monete, il vero problema da risolvere sarebbe il seguente. Come può una moneta inesistente lasciare un'orma invisibile senza schermare una radiazione che non c'è e che se ci fosse non produrrebbe quell'immagine? Quello dei sindonologi è un mondo surreale!
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Sindone/2: nuovi esami in arrivo?
Gent.mo sig. Rinaldi, è miopia sindonica quella di basarsi sul "dato scientifico" che ha stabilito l'età medievale della Sindone. Miopia perché si respinge in assoluto ogni documento storico che colloca la Sindone al Primo millennio, prima del suo arrivo in Francia. È dimostrabile che, utilizzando ancora il metodo radiocarbonico, la Sindone risale al I secolo. Gli interessanti risultati presso i laboratori AMS, verranno resi pubblici alla "stampa" prima di essere presentati al "Convegno Internazionale della Sindone" che si svolgerà nel prossimo anno 2010.
Luigi Righetto
Risponde Gian Marco Rinaldi:
Finora non sono stati resi noti gli "interessanti risultati" ai quali lei si riferisce in relazione al C14. Il laboratorio di Oxford comunicò un esito negativo per la verifica dell'ipotesi del monossido di carbonio avanzata da John Jackson, come è spiegato nell'articolo sul caso Ramsey in S&P n. 81. Era il marzo 2008. Da allora non sono emerse novità su questa linea. L'unica notizia è che Jackson si è procurato semi di lino per far crescere lui stesso le piante con cui preparare, alla maniera antica, il tessuto per gli esperimenti. Ma intanto molti sindonologi si stanno entusiasmando per una ipotesi diversa. Un altro americano dice infatti di poter dimostrare che quell'angolo della Sindone, da cui fu tagliato il campione per la datazione nel 1988, non è di lino come il resto del lenzuolo bensì di cotone, ossia è posticcio. Quale alternativa sarà vincente, il monossido o il cotone? Attendiamo il convegno dell'anno prossimo e ne riparleremo.
Sindone/3: non esagerate!
Con riferimento al numero 81 della rivista non entro in merito all'usanza ebraica di seppellire i propri morti con delle monetine sugli occhi (della quale in verità ignoravo l'esistenza) ma mi sembra nessuno ne abbia mai parlato prima della "scoperta" nel 1979 in tanti testi sulla Sindone. Ciò premesso, dedicare ben 20 pagine sulle 80 complessive della rivista alle "nefandezze" reali o presunte dei sindonologi Filas, Moroni, Balossino, mi è sembrato eccessivo, paragonandolo altresì alla lunghezza e concisione degli altri articoli sullo stesso argomento. Senza nessuna offesa nei confronti dell'autore, dottor Gian Marco Rinaldi.
Renato Birke
Risponde Lorenzo Montali:
Nessuna offesa per Rinaldi: suoi sono anche quasi tutti gli altri articoli di quel numero, che il lettore sembra aver apprezzato. In effetti, la responsabilità delle scelte editoriali, e quindi dello spazio da dedicare ai diversi temi, è in primo luogo mia in quanto direttore della rivista e quindi accetto pienamente la critica. A mia giustificazione, diciamo così, porterò due argomenti, che ovviamente ciascuno è libero di accettare o respingere. Il primo è che mi sembrava che la vicenda raccontata in quel lungo articolo andasse al di là del singolo caso e fosse invece particolarmente rappresentativa di un metodo generale che viene utilizzato in ambito sindonologico per costruire le prove dell'autenticità della Sindone. Anche indipendentemente dalla scarsità di prove offerte per dimostrare la presenza delle monetine sugli occhi, ciò che l'articolo di Rinaldi si proponeva di evidenziare era che il processo stesso attraverso cui quelle prove vengono "scoperte" e accettate dai sindonologi è gravemente carente, nel senso che la volontà di dimostrare l'autenticità del velo sindonico sembra sistematicamente prevalere su un'accurata disamina critica delle evidenze offerte. In una logica, insomma, secondo la quale qualsiasi tesi, anche la meno supportata, viene accettata semplicemente perché porta acqua al mio mulino; salvo poi venire temporaneamente "dimenticata" quando qualche scettico ne dimostra la fallacia, per poi magari tornare in auge quando le voci critiche cessano di farsi sentire. Vi è poi, come accennavo sopra, una seconda ragione dietro quella scelta editoriale. Come avrete notato molte delle copertine occupano uno spazio maggiore di quanto fosse successo in passato (anche se casualmente la stessa cosa non si può dire di quella di questo numero). La ragione è che vorremmo su alcuni temi offrire ai lettori un livello di approfondimento ampio, costruendo delle piccole monografie. Si tratta di una scelta e come tale certamente non irreversibile e soprattutto sottoposta al giudizio e al gradimento di voi lettrici e lettori. Per esempio penso che la conferenza dei soci che stiamo organizzando a Torino sarà un buon momento per discutere insieme anche di questo.
Cure alternative per il tumore
Mio padre è morto di tumore alla laringe nel 1986.
La laringotomia praticata nel 1984 fu ritardata di circa sei mesi in attesa di risultati da "cure" alternative come agopuntura e rimedi omeopatici su cui non ero d'accordo. La raucedine continuava a peggiorare finché non andai anch'io a una delle sedute a dire al ciarlatano che io non avevo fiducia nei suoi metodi e gli feci ammettere che era il caso di tornare alla medicina scientifica. Sia mio padre che un altro familiare si convinsero che non era più il caso di insistere. Tardi. Forse il tumore sarebbe stato lo stesso mortale ma è ragionevole pensare che il ritardo indotto da speranze mal riposte e dalla criminale irresponsabilità di quel terapeuta possano essere state letali.
Piero Zanotto
Risponde Giorgio Dobrilla:
La sopravvivenza media a cinque anni di un tumore della laringe (con probabilità di guarigione) è del 50 per cento circa. Questa percentuale sale di parecchio (80 per cento) nelle forme iniziali e/o poco estese del tumore e scende di parecchio nelle forme più avanzate o estese (20 per cento). Ciò sottolinea anche per questo tumore il valore della diagnosi più precoce possibile. Una volta diagnosticato il cancro e valutata la opportunità di un trattamento chirurgico, l'intervento deve essere fatto quanto prima, seguito o meno da radioterapia o chemioterapia in base a una decisione collegiale di chirurgo, radiologo e oncologo. Io non conosco la storia del papà del signor Zanotto prima del 1984, cioè ignoro a quando si può far risalire l'esordio dei sintomi lamentati. Pertanto, non è possibile stabilire il peso che ha avuto il ritardo di 6 mesi prima della laringotomia (o non si trattava di laringectomia?). Dato che si fa cenno alla raucedine ipotizzo che il paziente ne abbia sofferto da parecchio tempo, il che avrebbe imposto quanto meno una visita otorinolaringoiatrica, ciò che avrebbe certamente evitato il ricorso a medicine alternative e accelerato di sicuro la soluzione chirurgica più consona. Attuare qualsiasi trattamento, anche convenzionale e non solo alternativo, senza prima aver approfondito in senso diagnostico, è assolutamente deplorevole per le conseguenze drammatiche che può comportare, come in questo caso. Casi altrettanto drammatici sono all'ordine del giorno con recenti esempi clamorosi riportati anche a pagina 9 del numero di agosto di questa rivista ("Sospensione di cure salvavita: rischio accettabile?")
Acqua e misteriose energie
Mi è stato riferito che qualora un fiume passi accanto a un condominio, grazie anche a una particolare composizione del terreno, può sprigionarsi a opera del fiume una "sorta di corrente elettrica" addirittura tale da poter nel tempo determinare la rottura di una tubazione condominiale.
Gradirei pertanto sapere se quanto detto abbia un riscontro scientifico oppure sia una semplice "leggenda metropolitana" e, inoltre, nell'ipotesi in cui questo fenomeno sia realistico, se possono esservi delle conseguenze sulla salute dei condomini.
Alfredo Cassetta
Risponde Gianni Comoretto:
Non riesco molto a capire a che fenomeno ci si riferisca. Il solo fenomeno noto che assomiglia vagamente alla descrizione data è la corrosione galvanica. Quando due metalli differenti (ad esempio due porzioni di un tubo) sono a contatto con un mezzo umido, ad esempio l'umidità del suolo, si forma una specie di pila, che produce una debole corrente elettrica consumando uno dei due metalli. Questo fenomeno però è ben noto, e quindi considerato nella costruzione di tubazioni. Inoltre non dipende dal fatto che vi sia nelle vicinanze acqua corrente, in falda o in un fiume, ma solamente umidità, il che avviene in praticamente qualsiasi terreno.
Non ho mai trovato invece indicazioni di correnti elettriche prodotte dal flusso dell'acqua in un fiume. Sicuramente un fiume ha effetti sul microclima locale (umidità, temperatura), sia positivi che negativi. Ma l'elettricità non c'entra. ''L'idea che l'acqua corrente produca effetti nefasti è invece molto diffusa nella geobiologia, una pseudo-scienza che non ha mai fornito nessuna dimostrazione delle sue asserzioni. Queste influenze sarebbero dovute a non meglio precisate energie telluriche, che l'acqua devierebbe o modificherebbe in modo misterioso. Non esiste però nessun modo ripetibile per individuare queste energie, determinare che esistono, e quindi per verificare che l'acqua corrente le modifichi.