Il bisturi della Scapigliatura

Legami e simpatie letterarie tra il movimento artistico degli Scapigliati e quello positivista dei pietrificatori

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  • 02-08-2006
  • di Alberto Carli
Nel clima culturale italiano della seconda metà del XIX secolo, l'impegno che la Scapigliatura e il Verismo profusero nel ritrarre la cultura scientifica del Positivismo diviene sintomatico di un dualismo sempre sospeso tra repulsione e attrazione nei confronti della scienza moderna e degli studi anatomici in particolare.

Accanto alle morgues, ai cimiteri di memoria ossianica e pre-romantica, accanto alla descrizione degli ospedali, delle corsie, dei degenti e dei medici loro carnefici (in un'iperbole ben distante dal vero, ma estremamente affascinante dal punto di vista letterario), si aprono addirittura le aule delle Accademie di Belle Arti di Brera e le sale autoptiche dell'Ospedale Maggiore di Milano. Qui, quotidianamente, si svolgevano infatti le lezioni di "anatomia estetica" destinate ai pittori e agli scultori, che alcuni, nel corso della storia, hanno suggestivamente voluto più esperti degli stessi medici in fatto di anatomia. Il nesso tra la figurazione artistica del vero, nella sua più concreta fisicità, e la metafora mortuaria di un mondo percepito in disjecta membra circum da poeti e scrittori è molto più saldo di quanto non si immagini.
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Collezione Spirito (Accademia dei Fisiocritici, Siena).
Ai luoghi erotici tipici del legame romantico tra amore e morte, la Scapigliatura impone con decisione le stimmate della modernità attraverso l'esasperante e macabro ritratto della scienza moderna. Il cuore umano, vero "guazzabuglio" dell'ispirazione poetica, resta anche qui il vero protagonista, sebbene sotto mutate vesti: Arrigo Boito ne versifica la dissezione nella sua Lezione d'anatomia; la distruzione, la scomposizione in parti, la conservazione del muscolo cardiaco, sempre carico di implicazioni affettive, rimandano metaforicamente alla scarnificazione dell'anima e alle fasi dell'ipotetica preparazione del sentimento in sé, richiamando, proprio nel gesto della dissezione, una diversificazione in parti molteplici dell'unicità. Il sentimento irrazionale, cioè, così scomposto, sopravvive solo come forma morta, sotto teca, in un mondo razionalmente scientifico e classificatore.

Infatti, anche nel laboratorio del preparatore lodigiano Paolo Gorini, ritratto dal vero dalla penna del suo caro amico Carlo Dossi e da altri esponenti della Scapigliatura, trova spazio, oltre a una mano "aristocraticissima", un cuore preparato a secco: "Nella biografia di Gorini sarebbe degno di descrizione il suo laboratorio [...]. Teste imbalsamate su busti di gesso: il cuore della fanciulla, della durezza dell'agata; il glande del giovinetto; la mano aristocraticissima; il tavolino, dalla tavola intarsiata a marmi animali e dai piedi di veri piedi".
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Busto di giovanetta pietrificato da Segato (Universitá di Firenze).
È suggestivo osservare allora che tra i preparati conservati presso l'Ospedale Vecchio di Lodi si distingue ancora una mano femminile, elegantemente allungata e dalle dita perfettamente conservate, appartenuta un tempo a un'adolescente; poco lontano da essa riposa un cuore privo di patologie. Si tratta forse degli stessi preparati descritti da Carlo Dossi nelle Note azzurre, ma ciò che qui soprattutto importa sottolineare è quanto, nella forma dell'organo conservato - quando non dell'intero corpo - il preparato anatomico diventi la rappresentazione più concreta, il vero "documento umano", della morte di una leggiadria in dissoluzione, fosse anche solo per il particolare che il cuore conservato da Gorini, "duro come l'agata", è un cuore di fanciulla, sorella in cattiva sorte del "fiore languente" sezionato dall'anatomista di Arrigo Boito in Lezione d'anatomia, della sfortunata modella Carlotta nella novella Un corpo di Camillo Boito, fratello di Arrigo, e dell'altrettanto malcapitata giovane crestaia di Bernardino Zendrini, più esplicito cantore, nella sua La lezione di anatomia, della distanza tra cuore romantico e cuore scientifico. Ed è naturale, dunque, che alla figura letteraria della bella defunta si leghi, peraltro, un sentore di erotismo mortuario:

""Vieni a vedere il bel pezzo" dissemi allegramente il dottore Martini, di sulla porta del luogo, che, sì, temuto dai poveretti, noi chiamiamo il teatro [...] e, traendomi seco mi addusse a una marmorea tavola sulla quale giaceva, nudo e bianchissimo, il corpo di una giovine morta".

Si tratta di un erotismo noir che ancora oggi, a voler tentare una rapida ma dovuta incursione nella contemporaneità, in alcuni suoi romanzi, non sembra abbandonare la penna di Giorgio Todde. Lo scrittore sardo, che nelle sue opere più note ha saputo ritrarre con successo la figura di Efisio Marini (anch'egli pietrificatore e contemporaneo di Paolo Gorini), non lesina certo scene simili a quelle immaginate da certa Scapigliatura:
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Catalogo del Museo Gorini di Lodi.
"Con l'aiuto di Dehonis ha calato il corpo della ragazza in una vasca piena d'acqua, e ha sciolto i suoi sali consumando tutti quelli che ha portato. Ogni due ore controlla gli effetti cristallizzanti e il colore bruno della pelle [...]. Le apre le palpebre perché la soluzione ci arrivi più facilmente. Gli occhi devono stare così, aperti, è una delle cose che ha imparato all'inizio. Diventano di pietra meglio che con le palpebre abbassate; non sono al mondo, questo no, almeno non in quello in cui lui li vuole trattenere, ma deve fare così se vuole che Graziana sia la continuazione di Graziana".

Al di là dei romanzi, tuttavia, è leggendo i due testamenti olografi lasciati da Paolo Gorini che si intuisce chiaramente quanto fosse veritiera la penna della Scapigliatura nel descrivere il laboratorio dello scienziato.

Date le abitudini, dunque, Gorini non poteva che pizzicare la corda macabra di una letteratura non ancora approdata al "romanzo sperimentale", proprio del Verismo, e ancora attenta, invece, a cogliere l'eco di ritratti scientifici più suggestivi che realistici. In uno dei due testamenti Gorini scriveva: "C'è in una stanza a pian terreno, collocata vicino alla porta d'ingresso, un tal cumulo spaventoso di materie animali in disfacimento quale non si sarebbe mai creduto potere esistere. Pochi reggono all'orrendo spettacolo [...] Di tutta questa roba non c'è da salvare che un coso verde tutto impolverato, infilzato in un'acuta bacchetta di ferro, che ad esaminarlo da vicino pare qualche cosa come un giovine conservato. E infatti questo è il famoso Pasquale, il primo morto che azzardai preparare per intero".

E Dossi non mancava di sottolineare: "Gorini convisse coi soli morti per dei mesi di seguito. Lavorava di notte - dormiva di giorno. E sull'alba ritornandosene egli a casa dal laboratorio, allorché incontrava qualche persona viva si tirava - diceva lui - contro il muro con quella stessa paura che avrebbe avuta quel vivo alla vista di un morto. A Torino, quando fu per sottoporre al giudizio di una Commissione accademica i suoi preparati tenea nella sua stanza da letto pezzi di gambe e di braccia nei cassettoni e nel comodino. Sotto il letto avea poi un bimbo essiccato - nella saccoccia dita, nel taschino del gilet bottoni scolpiti in carni impietrite ecc.".

Già nel 1870, era stata allestita dal Comune di Lodi un'esposizione agricola, di risonanza almeno lombarda, dedicata, in alcune sue parti, ai preparati di Gorini: "All'Esposizione di Lodi la statua fatta col cadavere intero dell'uomo, statua a cui aspirava da tanti anni, non potè, è vero, ancor figurare, ma i pezzi che io vi presentai bastarono a dimostrare che ormai mi era possibile l'attuarla e che non vi si opponeva più alcuna difficoltà che non fosse d'indole puramente economica".
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Preparato di Segato (Universitá di Firenze).
Non è allora difficile immaginare quanto Paolo Gorini apparisse agli occhi della Scapigliatura come profeta non riconosciuto in patria, affossato in una miseria ancora una volta simile, per dirla con un altro noto autore della "compagnia brusca" di Milano, Cletto Arrighi, a quella "di un duca, a cui tocca di licenziare una dozzina di servitori, vendere molte coppie di cavalli, e ridurre a quattro le portate della sua tavola". Inoltre, a voler sancire ancora maggiormente il legame tra Gorini e la Scapigliatura, nel gennaio del 1874, a Milano, veniva a mancare Giuseppe Rovani. Gli amici e i congiunti del romanziere decisero di eternarne le fattezze terrene avvalendosi dell'opera di Paolo Gorini. Ed è proprio al cadavere di Rovani e al metodo con cui venne eseguita la preparazione che si riferisce il documento recentemente rinvenuto da chi scrive presso l'Archivio Storico di Lodi. Qui lo scienziato annota: "Poi versai dentro il liquido uguale a soluzione di 5 Kg. Di sublimato corrosivo e 2 etti di acido arsenioso in 15 litri di spirito di vino e 15 litri di acqua. Verso le tre ore cominciai a versare il liquido e alle 5 ore ne aveva già adoperato 20 litri. Il giorno dopo verificai che l'injezione [sic] vascolare era andata dappertutto meno che nella gamba sinistra e che l'injezione extravascolare arrivava da una parte al collo e alle spalle e dall'altra parte ai ginocchi. Versai altri 6 litri di liquido ed il giorno dopo (30 gennajo 1874) vidi l'injezione extravascolare essere penetrata dappertutto fuorché nella gamba sinistra".

In particolare, Gorini, così come ha già ricordato Sergio Luzzatto, divenne particolarmente celebre all'indomani della morte di Giuseppe Mazzini, occorsa nel 1872. Lo scienziato, in quell'occasione, era stato chiamato precipitosamente a Pisa; il processo era stato lungo e difficile. La mummia di Mazzini avrebbe dovuto rappresentare una vera e propria reliquia laica nell'idea del suo più acceso sostenitore, quello stesso Agostino Bertani che convinse uno scettico Gorini a continuare il lavoro già parzialmente intrapreso a Pisa. La reliquia di una fede laica, mummificata alla stregua di un faraone, di un santo o di un pontefice, secondo Bertani, avrebbe rappresentato in quel momento un'arma se non efficace, almeno di sicuro impatto nella lotta culturale e politica, accesissima, fra parte dello Stato laico e parte della Chiesa.

Paradossalmente, a legare i due poli in opposizione su un comune terreno di scontro, in questo caso, è proprio il concetto di reliquia, intesa come perpetuazione del ricordo nella sua forma più tangibile. Nel capitolo XXXII dei Promessi sposi, Alessandro Manzoni ricordava la lugubre processione dei milanesi radunati intorno al reliquiario di san Carlo che Federigo Borromeo, riluttante e compreso in una fede molto lontana da quella popolare di un povero e pestilenziale "volgo disperso", acconsente ad esporre "per otto giorni, sull'altar maggiore del duomo": "Dai cristalli traspariva il venerato cadavere, vestito di splendidi abiti pontificali, e mitrato il teschio; e nelle forme mutilate e scomposte, si poteva ancora distinguere qualche vestigio dell'antico sembiante, quale lo rappresentano l'immagini, quale alcuni si ricordavan d'averlo visto e onorato in vita".
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Collezione Spirito (Accademia dei Fisiocritici, Siena).
La conservazione di un vero martire della causa italiana come Mazzini, "beatificato" dai suoi seguaci, non avveniva attraverso un miracolo, ma secondo le logiche di formule chimiche, certamente segrete, ma teoricamente riproducibili e verificabili, secondo i desiderata di una religione laica e scientifica. Se poi, in tempi di materialismo, è uno scienziato a occuparsi dell'importante mummificazione, assumendo attraverso la segretezza della formula con cui opera le vesti di un sacerdote, ciò accresce il valore della reliquia stessa, facendone un'icona della modernità scientista capace di vincere la morte (o di perpetuarla in una sua continua parodia) attraverso una tecnica che diviene "mistero" e, contemporaneamente, illusorio lume scientifico.

L'apoftegma baconiano scientia et potentia humana in idem coincidunt, nella seconda metà del XIX secolo, dunque, rivisto e rivoluzionato alla luce della modernità, sembra mutare il proprio significato più intimo e la scientia, intesa in origine nel suo significato più vasto di conoscenza, per il positivismo diviene scienza sperimentale, legandosi così al concetto di applicazione. Tale applicazione comporta necessariamente un suo contatto con la sfera del sociale, tramite l'ambito politico, così come, altrettanto, implica l'assunzione di un vero potere ideologico, oltre che conoscitivo. In un'Italia in cui medici e scienziati diventano personaggi pubblici e protagonisti ufficiali della vicenda nazionale, capaci di modificare concretamente la realtà con l'affermazione delle loro idee, la saldatura tra teoria e prassi, o meglio, tra ricerca scientifica e impegno politico, è certa.

La tecnica scientifica svolge quindi una funzione pratica, strumentale e accessoria al significato filosofico ben più profondo che alcuni attribuirono all'agire di Paolo Gorini, legandolo - probabilmente al di là della consapevolezza dello scienziato stesso - a luoghi e simboli di natura esoterica. La pietrificazione di Giuseppe Mazzini vive allora di un gesto duplice e bifronte che sa comprendere ed esaltare la potenza di un processo scientifico "miracoloso" quanto controllabile e capace di vedere nel segreto della formula adottata il mistero che le fedi, anche se laiche, spesso richiedono.

Alberto Carli
'Direttore della "Collezione Anatomica Paolo Gorini", Lodi

Bibliografia'

  • Boito C., Un corpo, in Id., Storielle vane (1971), a cura di M. Guglielminetti, Roma: Selva, p. 122.
L'Accademia di Belle Arti milanese vantò una celebre scuola di anatomia di cui furono docenti illustri Gaetano Strambio e Alessandro Lanzillotti Buonsanti (fratello del più celebre Nicola). Cfr. A. Carli, Anatomie scapigliate. L'estetica della morte tra letteratura, arte e scienza (2004), Novara: Interlinea.
  • Allegri A., Il Museo Paolo Gorini (1981), Lodi: USSL; Stroppa A., "Gorini, scienziato e patriota. Il genio lodigiano che andava a braccetto con la morte", in Il Cittadino, 28 gennaio 2003; AAVV, Storia di uno scienziato. La Collezione anatomica "Paolo Gorini" (2005), a cura di A. Carli, Azzano San Paolo: Bolis.
  • Dossi C., Note azzurre(1964), a cura di D. Isella, Milano: Adelphi, n. 2739.
  • Dossi C., Ritratti umani. Dal calamajo di un medico (1992), a cura di L. Della Bianca, Milano: Istituto Propaganda Libraria, p. 81.
Gli esperimenti dei pietrificatori ottocenteschi hanno ispirato numerosi poeti e scrittori. Questi, nei tentativi spesso riusciti di molti scienziati lontani dal mondo della ricerca istituzionalizzata, hanno ravvisato spunti di sicuro interesse per la realizzazione di opere spesso di matrice popolare e legate alla produzione di genere. Il filone prende le mosse proprio dalla Scapigliatura e dal Verismo, ma è capace di approdare fino ai giorni nostri con il ciclo mariniano di Giorgio Todde, che contempla ben quattro titoli dedicati al pietrificatore sardo, e con il romanzo Corpi di pietra, dell'esordiente Luigi Garlaschelli, già noto, comunque, per la sua attività di ricerca. Non si dimentichi, comunque, che Paolo Gorini, con i suoi preparati anatomici, a testimonianza del fascino morboso del personaggio, compare tra gli albi di Sergio Bonelli, il celebre editore di Dylan Dog, in A. Castelli, Martin Mystère. Almanacco del mistero 1995, Milano: Bonelli.
  • Todde G., Lo stato delle anime (2001), Milano: Frassinelli, pp. 69-70.
  • Gorini P., Autobiografia (1881), Roma: Dossi, Perelli e Levi editori, p. 77.
  • Dossi C., Note azzurre, cit., n. 3324.
  • Gorini P., Autobiografia, cit., p. 38.
  • Arrighi C., La Scapigliatura e il 6 febbrajo (1988), a cura di R. Fedi, Milano: Mursia, p. 28.
  • Cfr. Carli A., "I manoscritti inediti di Luigi Rovida e le formule segrete di Paolo Gorini", in Studi Tanatologici, I, 1, 2005, pp. 161-177.
  • Manzoni A., I promessi sposi (1995), Milano: Mondadori, p. 608 (volume anastatico dell'edizione Guglielmini e Redaelli).
  • Luzzatto S., La mummia della Repubblica. Storia di Mazzini imbalsamato (2000), Milano: Rizzoli, p. 22: "perciò i medici pontifici avevano spesso tentato di imbalsamare i cadaveri dei papi: per offrirli alla devozione dei fedeli durante la novena funebre, che coincideva con il regime di sede vacante, ma anche per suggerire - in assenza di esalazioni pestilenziali - che fossero morti in odore di santità. Quanto ai corpi dei principi, tra Medioevo e Rinascimento si era provato a imbalsamarli con analoghe intenzioni: per favorire l'ordinato svolgersi della successione, e inoltre per alimentare leggende agiografiche sugli effluvi delle loro spoglie. A dispetto di tali propositi, per secoli le imbalsamazioni di papi e sovrani erano immancabilmente fallite".
  • Colombo G., La scienza infelice. Il museo di antropologia criminale di Cesare Lombroso (1975), Torino: Bollati Boringhieri.
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