Poli vaganti

Per gli occultisti lo spostamento dei poli è quasi un’ossessione, che serve a spiegare la natura del mondo e il suo destino

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  • 14-11-2022
  • di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo
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© ESA/ATG Medialab
Si possono affrontare in modo adeguato le credenze pseudoscientifiche e paranormali soltanto conoscendone genesi e significati. Il pensiero occultistico, quello esoterico, la teosofia con i suoi mille sviluppi costituiscono visioni del mondo alternative alla concezione scientifica della realtà. Spesso, però, quelle visioni sono anche tentativi di risposta a nuovi problemi scientifici. Pure per questo - cioè, perché provano a rispondere a modo loro all’alternarsi dei modelli razionali sulla realtà - nei secoli recenti hanno incontrato il favore del pubblico e di ambienti intellettuali di ogni tipo.

Una vicenda lunga ed esemplare di questo intreccio tra occultismo e ricezione delle conoscenze acquisite dalla scienza è la storia delle idee sui poli, sull’inclinazione dell’asse terrestre, e, più di recente, sul campo magnetico del pianeta e le sue migrazioni.

Che cosa s’intende per inversione dei poli?


L’idea che la Terra potesse rovesciarsi è antica. C’è già nei filosofi presocratici: il fatto che lo zodiaco non fosse perpendicolare all’asse terrestre era già allora oggetto di ampie discussioni. Uno dei modi per risolvere il problema era pensare che, essendo la Terra piatta come un disco, la sua parte più settentrionale, appesantita dai ghiacci, fosse affondata, sollevando tutto il resto del mondo. Fra i presocratici, Anassagora, invece di assumere un punto di vista nello spazio sopra la Terra piatta, si pose al polo, immaginando di osservare le stelle da lì: la cosa interessante, è che nelle sue misurazioni non era interessato a determinare se la Terra fosse un disco o una sfera. In generale tutti i pensatori classici, in mancanza delle leggi newtoniane della gravitazione, immaginavano che il “posto” del nostro pianeta nel cosmo dipendesse da eventi tremendi, lenti o improvvisi ma ineluttabili e, di norma, ciclici. Questo è il primo punto da tener presente: una parte considerevole della pseudoscienza sui poli sottende idee pessimistiche sulle sorti finali del nostro mondo, un suo declino o il suo annientamento in una catastrofe.

In realtà, per “inversione dei poli” nel tempo si sono indicate cose molto diverse. Per alcuni si trattava di un’alterazione o anche di un’inversione completa dei poli magnetici. La crosta terrestre rimaneva al suo posto e non c’era uno spostamento fisico dei continenti, ma soltanto del campo magnetico. Oggi sappiamo dai domini magnetici nelle rocce che questo fenomeno è avvenuto davvero, ma si è verificato in tempi assai lunghi e non ha avuto particolari conseguenze per la vita sul nostro pianeta.

Tuttavia, il concetto di inversione dei poli è stato usato più di frequente per indicare uno spostamento dell’asse di rotazione terrestre, o anche un movimento improvviso della crosta terrestre rispetto alla posizione attuale. Questo, dal punto di vista fisico, non può accadere, perché il momento di rotazione in un sistema isolato si conserva. Potrebbe avvenire solo a condizione che il nostro pianeta si scontri con qualcosa di molto grosso: un’eventualità che avrebbe conseguenze senza paragoni sulla sua geologia e sulle forme di vita che vi albergano. Lo studio del campo magnetico ha condotto a separare le due cose; da una parte, dunque, c’è il polo magnetico, dall’altra il polo geografico. Fino a tempi recenti, tuttavia, i due concetti erano profondamente legati.

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Il Diluvio Universale è uno degli eventi catastrofici a cui è stata attribuita la responsabilità dello spostamento dei poli © Pink_frog/iStock


Una storia di antiche catastrofi


Consultando Internet si potrebbe pensare che le idee bizzarre sui poli e i loro spostamenti risalgano alla metà del Novecento. Non è così: le prime idee pseudoscientifiche sui poli e i loro spostamenti apparirono già nel XVII e nel XVIII secolo e, paradossalmente ma non troppo, furono poi rafforzate dagli studi ottocenteschi sulla storia e l’evoluzione della Terra. Molte ipotesi poi sfruttate e distorte dagli occultisti nacquero infatti in ambiente scientifico per spiegare quello che all’epoca era un vero enigma: le glaciazioni.

Dagli studi sulle rocce alpine si sapeva che i massi erratici erano stati trasportati a valle dai ghiacci in tempi in cui questi dovevano essere assai più estesi. Nel 1840, negli Études sur les glaciers, il biologo svizzero Louis Agassiz (1807-1873) fu il primo a ipotizzare che la Terra fosse passata attraverso un’era glaciale. Il libro suscitò ricerche analoghe in tutto il mondo, e altri studiosi confermarono rapidamente l’esistenza di un’intensa attività glaciale in tempi remoti. La Terra non era un pianeta statico, soggetto solo a sconvolgimenti gravi, ma locali: in tempi antichi doveva essere successo qualcosa di terribile che aveva coinvolto gran parte delle terre emerse. I fenomeni geologici dovevano avere cause e meccanismi globali, dall’energia enorme.

Una delle ipotesi per spiegare questa anomalia fu formulata nel 1842 dal matematico francese Joseph-Alphonse Adhémar (1797-1862), che nel volume Révolutions de la mer. Déluges périodiques, collegò le antiche glaciazioni ai movimenti astronomici. Adhémar ipotizzò che le glaciazioni fossero legate alla precessione degli equinozi, e che la formazione di spesse calotte di ghiaccio ai poli avesse causato una vibrazione dell’asse terrestre e di conseguenza lo slittamento dell’equatore nella direzione dei poli.

Poco dopo, ecco il viaggiatore e studioso di codici mesoamericani Charles-Étienne Brasseur de Bourbourg (1814-1874). Sostenitore di idee bizzarre, considerava fondata la mitologia azteca dei Quattro Soli (l’idea, cioè, che il nostro pianeta avesse attraversato quattro ere diverse, ognuna delle quali si era conclusa bruscamente); da ciò ipotizzò che la Terra fosse passata attraverso più catastrofi dovute all’inversione dell’asse terrestre (rilesse anche il mito di Atlantide, al quale credeva, alla luce di questa teoria). John Wood Beilby (1818-1903) invece, per giustificare lo spostamento di alcune parti di Terra quando ancora non esisteva la teoria della tettonica a zolle, ricorse di nuovo all’idea di un’inversione causata dall’accumulo di ghiacci alle calotte polari. Non va trascurato nemmeno il religioso tedesco Damian Kreichgauer (1859-1940), che nel 1902 introdusse il concetto di migrazione dei poli magnetici.

Tutti questi personaggi avevano due caratteristiche. In primo luogo, erano esponenti del mondo della scienza corrente, o, almeno, appartenevano alla cultura alta del loro tempo e rifuggivano da idee esoterico-occultistiche. La seconda peculiarità è quella che consente di suddividerli in due grandi gruppi: alcuni di costoro erano catastrofisti, ossia ritenevano che i mutamenti di posizione dei poli fossero stati improvvisi; altri erano uniformisti, cioè pensavano a eventi “spalmati” in tempi lunghi.

Proprio questa dicotomia ci tornerà utile nell’occuparci di alcuni occultisti dell’era moderna e contemporanea ossessionati dalla “storia dei poli”.

Come conciliare Bibbia e scienza


Agli inizi della modernità, la preoccupazione principale degli occultisti di cui discuteremo fu conciliare la realtà storica della Bibbia con le scoperte di Copernico, Keplero, Galileo e in seguito, ancora di più, con la fisica di Newton. D’altro canto, erano affascinati dalla classicità e da ciò che gli antichi teorizzavano sul cielo. Man mano che l’interpretazione letteralista delle origini del mondo nella fede ebraico-cristiana perse peso, tra questi pensatori aumentò la rilevanza dell’occultismo e quella delle religioni orientali.

Lo studio del campo geomagnetico in senso moderno è relativamente recente: Gauss ne determinò fisica, matematica e ne disegnò le linee di forza soltanto nel 1832. Di conseguenza, negli occultisti suoi contemporanei, geomagnetismo ed elettromagnetismo presero a esercitare un'attrazione senza paragoni proprio perché si trattava di personalità moderne, che, a modo loro, non intendevano più ignorare i progressi della scienza.

Così, nella prima fase di questa lunga storia, incontriamo teologi anglicani mainstream come Thomas Burnet (1635?-1715) con la sua opera massima, Sacred Theory of Earth (1684-90). Per Burnet, i poli si sono spostati al tempo del Diluvio, e il motivo è che all’estremo nord la Terra ha un’apertura, ed è lì che, precipitando le acque, il mondo si è appesantito e quindi si è inclinato. Su questa falsariga proseguì il filosofo, teologo e matematico William Whiston (1667-1752) con New Theory of Earth (1696), che però già sentiva il bisogno di confrontarsi in modo diretto con i modelli newtoniani. Per lui, all’origine la Terra non aveva inclinazione e dunque tutto era perfetto: era stato alla caduta dell’uomo dall’Eden che il Signore aveva ordinato la nascita delle stagioni, e dunque il “rovesciamento” del mondo, che però alla fine dei tempi cesserà grazie alla restaurazione della Terra “dritta”. La narrazione della Genesi era salvata, ma come racconto simbolico, o ricordato male da Mosè (ritenuto per tradizione l’autore dei primi cinque libri della Bibbia).

In questa corrente di occultisti catastrofisti si inserì ben presto uno dei cavalli di battaglia dell’esoterismo, ossia la sorte di Atlantide e dei continenti “misteriosi”. Di norma, a discuterne fu la parte di catastrofismo meno interessata a tenere in piedi la realtà storica di ciò che narra la Bibbia. Prendiamo lo scrittore francese Antoine Fabre d’Olivet (1767-1825) con la sua Histoire philosophique du genre humain (1825). Lì Dio non c’è, ma ci sono violenti, improvvisi, ripetuti spostamenti del polo settentrionale, sino a 180 gradi di deviazione dall’asse. Le fantasie di Fabre d’Olivet sono importanti non soltanto perché il suo pensiero influenzerà a lungo molti altri occultisti di primo piano, ma perché (a parte causare la distruzione di Atlantide) questi cataclismi sono il motivo per cui esistono le “razze”. Per certi versi, quella di d’Olivet è un’anticipazione della dottrina razziale della teosofia, forse la maggior corrente culturale alternativa alla scienza dell’epoca moderna, il cui ruolo nella nostra vicenda ricorderemo in conclusione.

Dio, comete, accumulo di ghiacci sono fra le cause invocate più di frequente per l’inversione dei poli. Ma c’è un altro gruppo di esoteristi che mise al centro di tutto un altro corpo celeste: la Luna. Uno di loro fu l’austriaco Hanns Hörbiger (1860-1931), che con le sue elucubrazioni suscitò l’interesse di alcuni ambienti della Germania nazista.

Secondo Hörbiger, nel corso delle ere varie Lune erano state catturate dall’orbita terrestre. Le loro orbite sarebbero decadute con una spirale ellittica, sino a provocare sulla Terra super maree, nascite di uomini e animali giganteschi, glaciazioni mostruose e, naturalmente, lo spostamento dei poli. Hörbiger era un reazionario e detestava il cristianesimo; l’unicità della catastrofe non gli interessava granché perché non era nelle sue corde “salvare” l’idea del Diluvio biblico. Di norma, gli studiosi che immaginano diverse migrazioni dei poli sono i più distanti dal cristianesimo, quelli che pensano a una catastrofe unica (spesso ai tempi del Noè biblico, appunto) vi rimangono più aderenti.

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Tra i cataclismi evocati per spiegare lo spostamento dei poli non poteva mancare quello che sommerse Atlantide © StockyByM/iStock


Gli “uniformisti”: spostare il mondo, ma con calma


Nel Seicento, confrontando misurazioni dirette con quelle redatte da Tolomeo nel II secolo, diventò via via chiaro che l’eclittica (il percorso apparente del Sole) era cambiata, e che questo spostamento doveva essere avvenuto lentamente. Dunque, doveva essere davvero mutata almeno un po’ anche l’inclinazione della Terra. La cosa fu dimostrata in maniera rigorosa nel 1713 da Jacques de Louville (1671-1732) in un celebre esperimento.

Come in altre occasioni, l’accettazione di questa nuova cognizione scientifica trascinò con sé il pensiero occultistico: alla linea catastrofista si affiancò dunque una linea esoterica “uniformista”. Il mondo e il suo recondito destino cambiavano, ma adagio. La variazione misurata da de Louville sembrava indicare una diminuzione dell’inclinazione: in questo quadro razionale, però, il francese non aveva ancora difficoltà ad accettare che il mondo fosse stato creato circa 6000 anni fa: ghiacciai e deserti si erano alternati anche senza scontri fra corpi celesti. Ed era in questo modo che declinavano anche le civiltà.

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Charles Fourier, di Jean Gigoux © Françoise Foliot/Wikimedia Commons
Da questo “catastrofismo lento” – chiamiamolo così – furono influenzati persino filosofi predecessori del socialismo marxista come Charles Fourier (1772-1837), che, oltre a sognare un ordine sociale migliore, immaginava anche un ordine cosmico. Per questo, nella Théorie des quatre mouvements et des déstinées générales (1808) spiegava che, gradualmente, le regioni polari, anche se collocate in un luogo “sbagliato” a causa dell’inclinazione dell’asse, un giorno sarebbero tornate luoghi lussureggianti grazie alla saggezza dell’Essere Supremo. Come? Per un fenomeno astronomico, la “corona aurorale”, una super aurora boreale che avrebbe sciolto prima i ghiacci del nord, poi quelli antartici. Sarebbe così stata ristabilita l’armonia prediluviana, precedente al progressivo variare in senso peggiorativo dell’inclinazione dell’asse e dei poli.

Fourier era, a modo suo, un privilegiato, esponente di una lunga serie di studiosi che potevano permettersi il lusso di dedicarsi a questi fenomeni e di discuterne con loro pari. Ormai, però, l’era della cultura di massa non era lontana. E così, cominciano a far capolino figure di un genere differente: uomini comuni che, con le loro idee, si rivolgono a un pubblico sempre più vasto e “popolare”.

È il caso di un calzolaio della città inglese di Norwich, Sampson Arnold Mackey (1765-1843), capace di enunciare una teoria tanto grandiosa quanto bislacca sullo slittamento dei poli.

Lo scritto principale di Mackey, The Mythological Astronomy (1822), è un minestrone indigeribile. Quel che ci interessa, tuttavia, è che Mackey aveva un’idea tutta sua della precessione degli equinozi: credeva che, lentamente, il mondo passasse da un periodo di clima e di equilibrio magnifici - l’Età dell’oro - a uno tremendo, di gelo o di Sole infuocato a seconda delle parti del globo: l’Età dell’orrore. Dunque, l’ennesima visione ciclica delle cose e, di nuovo, un contestatore della visione cristiana. Ma questo autodidatta mostrava un altro tratto, in anticipo per i suoi tempi: l’ammirazione per l’India. L’idea del tempo ciclico e non lineare della letteratura classica indiana lo sedusse. Dall’Induismo vedico trasse ispirazione per la sua storia esoterica del mondo basata sulle migrazioni dei poli.

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Helena P. Blavatsky © Wikimedia Commons

La teosofia, i poli e la dimora artica ariana


Fra il 1885 e il 1888, l’occultista inglese Helena P. Blavatsky (1831-1891) pubblicò la Dottrina segreta, l’insieme dei testi fondanti del maggior movimento occultistico di fine Ottocento e della prima metà del Novecento: la teosofia. Nell’universo della Blavatsky, i poli e le loro complicate vicende hanno un ruolo centrale. La storia “nascosta” dell’umanità è caratterizzata da una serie di sette “razze radice” (l’attuale è la quinta, quella ariana). Ebbene, tre di queste razze si estinsero e lasciarono il posto ad altre a causa delle variazioni della posizione dei poli e dell’equatore, con conseguenti sconvolgimenti celesti: vere doglie del parto per le razze successive.

La cosmologia teosofica richiederebbe lunghe spiegazioni: qui basti sapere che la Blavatsky, pur criticandolo, riconobbe un debito alle teorie polari di Sampson Mackey. E in fondo la cosa era inevitabile, considerato l’innamoramento della Blavatsky per l’India: come accennato, proprio Mackey fu uno dei primi a mettere al centro del cosmo non più il cielo ebraico-cristiano, ma quello induista.

Con la storia delle idee bisogna sempre essere attenti a vedere legami, o addirittura a parlare di responsabilità culturali o di passaggi di testimone fra l’uno e l’altro pensatore. Tuttavia, si può dire che fu anche attraverso la popolarizzazione della “storia delle razze” della teosofia, avvenuta fra il XIX e il XX secolo, che alcuni contestatori europei dell’approccio scientifico alla realtà svilupparono alcuni aspetti delle loro visioni pessimistiche della civiltà e delle sue sorti. Fra costoro, nel disfacimento seguito alla Prima guerra mondiale, ci furono parecchi tardoromantici di area tedesca. Furono questi personaggi a fornire più di un elemento ai nascenti movimenti politici tedeschi reazionari fra i quali, dal 1919, emerse quello nazionalsocialista.

Quando, nel 1930, Alfred Rosenberg scrisse il testo “filosofico” del nazismo, Il mito del XX secolo, uno dei punti della sua pseudostoria fu l’origine artica dei tedeschi. Per lui, si erano spostati verso sud in tempi lontanissimi in seguito alle catastrofi climatiche che avevano alterato il luogo nel quale erano sorti: la dimora artica, la sede della pura tradizione ariana. Occultisti nazisti come Kurt Maria Willigut, che nelle SS ebbe il grado di Brigadeführer, durante la dittatura hitleriana ebbero ampio modo di propagandare questa tremenda visione del mondo.

Dal fascino dello slittamento dei poli non fu immune nemmeno qualche italiano che aveva formato le sue convinzioni sotto il fascismo, come Raffaele Bendandi (1893-1979), l’autodidatta di Faenza che pretendeva, fra le altre cose, di prevedere i terremoti.

Bendandi aveva sviluppato una teoria secondo cui i sismi erano legati alle configurazioni planetarie. Partendo da questa idea, negli anni '40 arrivò a spiegare la catastrofe di Atlantide con un disastroso allagamento di parte delle terre emerse, avvenuto nel 10.431 a.C. come conseguenza dello slittamento dei poli geografici, dovuto a sua volta, appunto, al sommarsi delle forze gravitazionali planetarie (cosa che, in futuro, porterà a nuove, tremende catastrofi…).

La rinascita moderna delle idee occultistiche sui poli: Velikovsky e Brown


Dopo la Seconda guerra mondiale, tuttavia, i principali artefici della rinascita di queste idee furono due americani.

Un posto d’onore fra i catastrofisti merita uno dei giganti della pseudoscienza e dell’antimodernità: Immanuel Velikovsky (1895-1979), divenuto famoso nel 1950 con Worlds in Collision, poi tradotto in parecchie lingue. Come molti altri fissati col pensiero che il mondo potesse assumere – letteralmente – un assetto sbagliato, anche Velikovsky fu, a modo suo, un letteralista biblico. Per lui, il mondo come noi lo conosciamo è il frutto di ripetute e quasi “normali” catastrofi cosmiche. Pianeti, satelliti, pezzi di mondi e comete varie ogni tanto si scontrano nel sistema solare, escono dalle orbite, si sfiorano. Miti biblici come la catastrofe di Sodoma e Gomorra ne sono il velame narrativo: imbevuto di freudismo, Velikovsky pensava che queste catastrofi, oltre che tragici eventi materiali, fossero ogni volta catastrofi simboliche e psichiche, rimosse dal ricordo per renderle tollerabili ai sopravvissuti e ai posteri.

Ma tutto questo caos dipende dal fatto che secondo lui la meccanica planetaria non ha natura gravitazionale, ma elettromagnetica. Per questo, gli spostamenti dei poli magnetici hanno grande importanza nella sua pseudoscienza: sono una manifestazione della natura elettromagnetica della forza che ci tiene insieme. Le civiltà sono così sempre sull’orlo dell’estinzione: senza che noi siamo in grado di far niente, le forze elettromagnetiche che governano l’universo cambiano la polarità del mondo. Sottoposte a queste regole ferree di una triste fisica, la tragedia delle culture umane è destinata a perpetuarsi.

È stato però l’ingegnere elettrico Hugh A. Brown (1879-1975) a consegnare al XXI secolo l’occultismo del rovesciamento dei poli. Dapprima, nel 1948, con il suo volume Popular awakening concerning the impending flood; poi, nel 1967, con il suo “capolavoro”, i due massicci tomi di Cataclysms of the Earth.

Brown era convinto che l’accumulo di ghiacci ai poli causasse inversioni dei poli in cicli di 4000-7500 anni. Con idee a dir poco eterodosse su tutto (aveva una sua teoria anche sulla propulsione degli UFO, per esempio), poneva nell’immediato una prossima catastrofe “polare”. Per questo, è una delle figure più tragiche fra quelle che vi abbiamo raccontato. Per invertire la ruota del destino della Terra, infatti, non restava che una cosa: usare le testate nucleari per distruggere parte dei ghiacci dei poli.

Se oggi, girando per il Web, incontriamo channelers, new agers, complottisti, contattisti UFO, pseudoscienziati e leader di nuove religioni per i quali il magnetismo terrestre, i rovesciamenti periodici del pianeta, gli impatti fra mondi, le aperture ai poli sono importanti, lo si deve a una lunga teoria di occultisti e di esoteristi del passato, recente e lontano. Per molti di loro, se il mondo ha certe caratteristiche fisiche e “spirituali”, è perché i poli si spostano. Saperlo è necessario per spiegare da dove arrivano, e di che cosa sono fatte, le geologie incredibili che vediamo circolare in mille modi ancora oggi.

Riferimenti bibliografici

  • Godwin, J. 1996. Arktos. The Myth of the Pole in Science, Symbolism and Nazi Survival. Adventures Unlimited Press, Kempton, Illinois.
  • Krapp, P. 2009. “Cold culture: Polar Media and the Nazi Occult”. In Proceedings of the Digital Arts and Culture Conference, 2009. University of California, Irvine. https://tinyurl.com/2p94dx45 .
  • Colavito, J. 2017. “The Forgotten Nineteenth Century Pole Shift Claim and Its Connection to the Great Pyramid of Egypt”. https://tinyurl.com/3t36bcjd .
  • Stilo, G. 2019. “Atlantide e i nazisti”. In Query Online, https://tinyurl.com/56w5bjkh .


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Immagine del campo magnetico sulla superficie terrestre nel giugno 2014, basata sui dati raccolti dalla missione Swarm dell’Agenzia spaziale europea (ESA). Il rosso rappresenta le aree in cui il campo è più forte e il blu quelle in cui è più debole © ESA/DTU Space


Cosa dice la scienza sull’inversione dei poli


di Gianni Comoretto

Tutti sappiamo che la Terra ha un campo magnetico che grosso modo coincide con il suo asse di rotazione, al punto che parliamo di “nord” e “sud” per descrivere i poli di un magnete. Il polo Nord magnetico si muove nel tempo e si trova attualmente in Canada.

Possiamo studiare come è cambiata la direzione del campo magnetico terrestre esaminando rocce vulcaniche con proprietà ferrimagnetiche, che si magnetizzano nel corso del raffreddamento conservando la direzione del campo esistente al tempo.

Studiando il campo magnetico “congelato” in argille il geologo Bernard Brunhes, intorno al 1906, notò che le rocce più antiche di 800.000 anni mostravano un’orientazione del magnetismo opposta a quella attuale. Negli anni '50, si notò che le rocce ai due lati della dorsale medioatlantica (la linea lungo la quale emerge nuovo fondale oceanico mentre America e Africa si allontanano) presentavano fasce magnetizzate in direzioni opposte, simmetriche tra di loro. Queste fasce registrano epoche di campo orientato come quello attuale, che si alternano, con bordi nettissimi, a periodi di campo invertito.

Le inversioni sono velocissime, su scala geologica: richiedono da alcuni secoli a 12.000 anni, con i valori più probabili, e più frequenti, intorno a qualche millennio, e non presentano regolarità. L’ultima è avvenuta 780.000 anni fa, mentre le due precedenti erano distanti 150.000 anni. Ci sono stati periodi molto lunghi senza inversioni – nel Cretaceo il campo è rimasto stabile per 40 milioni di anni – e inversioni distanti solo 80.000 anni. In alcuni casi vediamo un periodo molto breve di campo incerto, con ritorno a quello originale dopo pochi millenni, che possiamo considerare un’inversione abortita.

Sappiamo che il campo magnetico terrestre si origina nella parte liquida del nucleo terrestre per effetto dinamo, una complicata interazione tra moti convettivi, moto di rotazione terrestre e correnti elettriche, ma ancora oggi non ne abbiamo una comprensione piena. Con complesse simulazioni al computer possiamo riprodurne le caratteristiche essenziali, e Daniel Lanthrop, un ricercatore dell’Università del Maryland, ha costruito un enorme pentolone rotante di sodio fuso per riprodurre il fenomeno[1].

Durante un’inversione, il campo magnetico, da ordinato con due poli definiti, diventa più caotico. Compaiono regioni con campo indebolito o con nuovi poli, a basse latitudini, che si allargano fino a sostituire e rovesciare il campo preesistente. In questa fase il campo si indebolisce fino al 20% circa del valore originale, fornendo quindi una minore protezione dalle radiazioni del vento solare, con conseguenze potenzialmente drammatiche in una specie longeva e in cui i tumori sono una delle principali cause di morte, come la nostra. Un aumento di radiazioni dovute al vento solare avrebbe inoltre conseguenze gravi sui satelliti artificiali e renderebbero più probabili eventi in cui una tempesta magnetica causi sovratensioni sulle linee ad alta tensione, e quindi black out generalizzati.

Quindi, per quanto si tratti comunque di un fenomeno lento, gli scienziati guardano con attenzione all’evoluzione del campo magnetico terrestre.

Segnali di una possibile prossima inversione sono noti da tempo. In particolare, l’intensità del campo magnetico sta diminuendo da circa un secolo, negli ultimi anni in modo accelerato. Preoccupante è anche una grossa anomalia del campo presente nell’Atlantico meridionale, inizialmente notata in quanto l’intensità dei raggi cosmici che colpiscono i satelliti artificiali è maggiore quando sorvolano questa zona. Rianalizzando misure storiche del campo magnetico vediamo che questo “buco” del campo è presente da diversi secoli, e che si sta espandendo[2]. D’altra parte sappiamo che il calo attuale avviene comunque in un periodo in cui il campo magnetico è particolarmente forte.

Il fatto che il campo magnetico viene registrato anche da argille, quando queste vengano riscaldate sopra i 550 gradi e poi raffreddate, permette di utilizzare non solo rocce vulcaniche ma anche siti archeologici di insediamenti distrutti da incendi. Un gruppo di ricercatori ha sfruttato questo metodo per ricostruire mappe molto dettagliate dell’andamento del campo magnetico negli ultimi 5-10 mila anni. Si è così visto che cali bruschi del campo e “buchi” come l’attuale sono già avvenuti in passato, ma in seguito si sono richiusi. Lo studio, pubblicato qualche mese fa nella rivista Proceedings of the National Academy of Science[3], conclude confrontando la situazione attuale con un evento molto simile osservato intorno al 600 a.C. “L’analogia implica che l’anomalia del Sud Atlantico scomparirà nei prossimi secoli, assieme al ritorno a una configurazione del campo più simmetrica, e possibilmente a un rafforzamento del campo dipolare assiale”.

Quindi, come conclude l’US Geological Service[4], per quanto non si possa escludere che nel prossimo millennio si verifichi un'inversione dei poli terrestri, questa non è imminente o probabile. Un problema in meno di cui preoccuparci.

Note

1) Lanthrop, D.P. “The Three Meter apparatus”, https://tinyurl.com/mrx2kfj6 .
2) Pavón-Carrasco, F.J., e De Santis, A. 2016. “The South Atlantic Anomaly: The Key for a Possible Geomagnetic Reversal” in Frontiers in Earth Science, 20 aprile.
3) Nilsson, A., Suttie, N., Stoner J.S. e Muscheler, R. 2022. “Recurrent ancient geomagnetic field anomalies shed light on future evolution of the South Atlantic Anomaly” in Proceedings of the National Academy of Science n.119 (24).
4) US Geological Service “Are we about to have a magnetic reversal?” in USGS Frequently Asked Questions, https://tinyurl.com/2xcump5u .
accessToken: '2206040148.1677ed0.0fda6df7e8ad4d22abe321c59edeb25f',