Terrapiattismi e ingranaggi

Conoscenze millenarie perdute, ritrovate e cestinate

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Il numero di persone che pensano che la Terra sia piatta sta crescendo e c’è chi è diventato terrapiattista tentando di smascherare chi sostiene l’ipotesi della Flat Earth. I terrapiattisti organizzano convention e creano modelli fisici della Terra animati da ingranaggi che fanno ruotare luci sulla superficie piatta del disco terrestre. Ci sembra impossibile, eppure questo processo sta avvenendo in un’epoca in cui la condivisione delle informazioni e della conoscenza, grazie a Internet, è estremamente facile e alla portata di tutti.

Forse il paradosso è proprio qui: lo strumento che era nato con il nobile intento di far giungere a basso costo il sapere alla grande massa delle persone, si è gradualmente trasformato in terreno fertile e amplificatore anche di informazioni false, proprio grazie al fatto che facilita le comunicazioni e l’aggregazione di persone che hanno dei tratti in comune e condividono determinati ideali.

Nel caso del terrapiattismo, è possibile rintracciare un fil rouge che sin dall’origine si associa a mentalità e pensieri di chiara matrice cospirazionista, come quello secondo cui la NASA ci starebbe nascondendo la verità e i poteri forti ci starebbero soggiogando facendoci vivere tutti in un vero e proprio Truman Show[1].

Non è fra gli obiettivi di questo articolo analizzare le motivazioni che portano delle persone a percorrere questi dedali mentali e ad attirarne altre al loro interno (per chi è interessato a questi temi consiglio la rubrica di Andrea Ferrero in questo stesso numero di Query), ma questo fenomeno consente di riprendere una riflessione che avevamo già espresso, sempre su queste pagine[2] in un altro contesto: è praticamente impossibile ottenere il consenso unanime su un qualsiasi tema, anche se si tratta di un tema assolutamente acclarato come ad esempio quello della sfericità della Terra.

Eppure, il concetto che la Terra sia un globo risale al VI secolo a.C., era un fatto noto sia per Platone che per Aristotele e in effetti anche le misure del raggio terrestre hanno una storia millenaria. Eratostene di Cirene, vissuto a cavallo del 200 a.C., in modo ingegnoso aveva già calcolato[3] in 6314,5 km la lunghezza del raggio del nostro geoide, con un’ottima e incredibile approssimazione.

Ma se da una parte ci sono persone come i terrapiattisti che usano internet per cestinare conoscenze consolidate e millenarie, dall’altra parte ci sono persone che cercano di ricostruire frammenti di sapere astronomico perduto e fortunatamente ritrovato incrostato, ad esempio, nelle profondità del mare tra antichi ingranaggi.

Nel 1900 alcuni pescatori di spugne a causa di condizioni del mare molto avverse furono costretti a rifugiarsi sull’isola greca di Cerigotto (Antikythera), nei pressi della quale trovarono, a qualche decina di metri di profondità, il relitto di una nave naufragata nel I secolo a.C. Al suo interno c’erano molti oggetti di valore, diverse statue e uno strano blocco di pietra che qualche anno dopo, durante le prime analisi dell’archeologo greco Valerios Stais, rivelò al suo interno un misterioso meccanismo a ingranaggi, totalmente incrostato, costituito da tre parti principali e svariati frammenti più piccoli.

Sull’oggetto nacquero numerose controversie. Alcuni sostenevano che fosse troppo complesso e perciò irrealizzabile sulla base delle conoscenze degli uomini di quel periodo e che dunque fosse a tutti gli effetti un OOPArt[4] (Out Of Place ARTifact), un manufatto fuori posto e fuori contesto temporale, quindi inspiegabile. Altri esperti invece ipotizzarono che fossero i resti del meccanismo di un planetario o un astrolabio; in ogni caso ci si trovava sicuramente di fronte alla rappresentazione fisica di una conoscenza che era stata perduta, e poi casualmente ritrovata dopo un paio di millenni, e che era annidata enigmaticamente in quei meccanismi.

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Astrario di Giovanni Dondi ©Museo_scienza_tecnologia_Milano
Ci vollero diversi anni prima che il puzzle cominciasse a prendere forma; fu infatti nel 1951 che il professor Derek J. de Solla Price[5] iniziò a studiare seriamente il dispositivo e nel 1959 pubblicò un articolo in cui ricostruiva una prima ipotesi concreta del meccanismo e delle sue finalità: un antico calcolatore per il calendario solare e lunare.

Le ricerche andarono avanti[6] e molte persone dettero il loro contributo, fino a quando nel 2005 si cominciarono ad analizzare quei reperti con le più moderne tecnologie a raggi X. Ciò portò a scoprire, all’interno dei vari strati rinsaldati[7], non solo l’esatta struttura del meccanismo e i vari ingranaggi che lo caratterizzavano, ma anche, più recentemente[8], le lettere di iscrizioni incise che davano indicazioni sull’uso specifico: poter visualizzare in un qualsiasi momento, sia passato che futuro, eventi astronomici, eclissi e date dei giochi olimpici ruotando una semplice manovella.

Grazie a tutte queste informazioni, nel corso del tempo sono state realizzate diverse ricostruzioni fisiche e anche virtuali[9] del meccanismo di Antikythera, contribuendo all’obiettivo di riportare in vita conoscenze millenarie che raccontavano anche della sfericità della Terra.

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Antikitera ©Tilemahos Efthimiadis
Nel suo piccolo, una sorte analoga l’ha avuta anche l’Astrario, un prodigioso orologio planetario ad ingranaggi costruito tra il 1365 e il 1380 da Giovanni Dondi, medico e scienziato padovano. Andrea Albini, Tecnico presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale e dell'Informazione dell’Università di Pavia, ricostruisce minuziosamente e ripercorre nel suo libro[10] la storia di quest’opera mirabile ospitata nel castello di Pavia, il cui originale però andò perduto definitivamente.

Philippe de Maisière, scrittore francese che fu anche cancelliere dei re di Cipro Ugo IV e Pietro I, prima di tornare in Francia ed essere eletto consigliere di Carlo V nel 1372, ottenne la cittadinanza veneziana nel 1365 e visitò Padova, dove conobbe Francesco Petrarca e Giovanni Dondi.

Nella sua opera Songe du vieil pèlerin, scritta tra il 1383 e il 1388, l’autore ricordò la grandezza di Dondi e la fama che circondava l’Astrario con queste parole «[...] Questo maestro Giovanni ha fatto a suo tempo grandi opere nelle tre scienze sopra citate, che sono riconosciute e tenute in grande reputazione dagli eruditi d’Italia, Germania e Ungheria. Tra queste ha creato uno strumento da alcuni chiamato Sfera oppure Orologio del movimento del cielo, su cui sono indicati tutti i moti dei segni [zodiacali] e dei pianeti, con i loro cerchi ed epicicli; e differenze per moltiplicazioni; innumerevoli ruote [d’ingranaggio], con tutte le loro parti; e ciascun pianeta è mostrato separatamente nella suddetta Sfera. Attraverso questo modello della notte si vede chiaramente il segno e il grado [la separazione angolare] di stelle e i pianeti nel cielo. Questa Sfera è fatta così minutamente che – nonostante le molte ruote che non si possono contare con precisione senza smontare lo strumento – tutti i suoi movimenti sono governati da un solo contrappeso; ed è di una tale meraviglia che gli insigni astronomi di lontane regioni vengono a vederla e rendono omaggio a maestro Giovanni e all’opera scaturita dalle sue mani. Tutti i grandi studiosi d’astronomia, filosofia e medicina dicono che, a memoria d’uomo e nelle fonti scritte, nessuno ha fatto uno strumento dei movimenti celesti così meticoloso e considerevole come il suddetto orologio».

Anche se è vero che dell’Astrario originario di Dondi si sono perse le tracce, per fortuna sono stati ritrovati molti antichi manoscritti che lo descrivono in maniera dettagliata e, attraverso il loro studio, ne sono state realizzate diverse repliche. Una in particolare fu terminata nel 1963 e si trova nella sezione di orologeria del Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.

Il meccanismo di Antikythera e l’Astrario di Dondi, mirabili macchine ad ingranaggi che fra qualche migliaio di anni potrebbero essere messe a confronto con quelle prodotte dagli odierni terrapiattisti. Quali potrebbero essere le considerazioni dei nostri posteri su questo tempo che stiamo vivendo?

Note

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