Melanio Lamberti e le apocalissi alla cuneese

  • In Articoli
  • 21-12-2022
  • di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo
img
Secondo l’interpretazione di Lamberti del libro dell’Apocalisse, la Luna avrebbe giocato un ruolo decisivo nella fine dei tempi. Nella foto, il nostro satellite ripreso durante l’eclisse totale del luglio 2018 © ESA/CESAR–M.Castillo
Eravamo indecisi se inaugurare questa rubrica con un pensatore alternativo già noto alle cronache - qualche pezzo da novanta delle pseudoscienze e delle idee curiose. Abbiamo invece scelto un personaggio ignoto ai più. Un italiano che, in tempi di sconvolgimenti, pensava di aver compreso la storia delle origini dell’umanità e, soprattutto, come ogni cosa sarebbe presto finita.

Si chiamava Melanio Lamberti. Nato a Cuneo nel 1877, si era diplomato nel 1896 al liceo classico “Silvio Pellico", la miglior scuola di quella parte di Piemonte. Laureatosi in giurisprudenza a Torino nel luglio 1905, fece l'avvocato a Cuneo. Morì giovane, nel 1920, a 42 anni. Interessato al mondo rurale, cattolico fervente, agli inizi del 1919 fu tra i primi animatori nel Cuneese del Partito popolare, l’antesignano della Democrazia Cristiana. Ha lasciato sei libri, libretti e opuscoli, usciti in meno di quattro anni, fra il 1916 e il 1919.

Ecco l’idea alla base del suo pensiero: le cose più importanti della storia dell’universo, a parte la creazione operata da Dio all’inizio dei tempi, sono due catastrofi, una simmetrica dell’altra, che hanno determinato e concluderanno la storia di tutto. Una convinzione granitica fin dal suo primo scritto, La fine del mondo e il problema astronomico dell’universo, uscito nel 1916.

Lamberti era convinto che il Diluvio raccontato nella Genesi (del quale il racconto della fine di Atlantide era un ricordo) non avesse cancellato l’intera specie umana: oltre a Noè e ai suoi, dovevano essersi salvati altri gruppi di persone. Le piogge del Diluvio erano state un fenomeno secondario, perché il motore di quanto accaduto per volere divino non era meteorologico, ma astronomico.

Per Lamberti, l’unica vera scienza è la teologia (la sua!), e non esiste progresso: le scienze furono date ad Adamo da Dio 6000 anni fa e i sapienti di ogni tempo le recuperano da quella fonte. Quanto ai dettagli sul Diluvio e i movimenti del cosmo che si leggono nella Bibbia, sono fatti storici: nel testo sacro non c’è nulla di simbolico.

Oggi non è facile seguire le idee di Lamberti: scientificamente sono prive di significato, e per dipanarle bisogna districarsi fra i primi abbozzi di cosmologia moderna. Lamberti partiva dalle idee dell’astronomo inglese del XVIII secolo William Herschel, secondo il quale le stelle derivavano dalla condensazione delle nebulose. Muovendo da lì, supponeva che un processo simile avesse dato luogo pure ai pianeti e ai satelliti. Gli equilibri energetici di questi processi determinavano i moti degli astri, a partire da una spinta centrale e iniziale alla quale seguivano le altre.

La gravitazione di Newton era un errore (per Lamberti la gravità non dipendeva dalla massa, ma dalle rotazioni impresse dai moti dovuti alle progressive condensazioni dei corpi celesti). A conti fatti, il cosmo di Lamberti era una ripresa della metafisica aristotelica del primo motore immobile. Tutto dipendeva da quell’impulso, anche le catastrofi che tanto lo turbavano.

Ma ecco il punto: la causa del Diluvio sarebbe stata ciò che accadde al nostro satellite, la Luna, invecchiato per primo rispetto ad altri corpi celesti. La Luna che noi oggi vediamo sarebbe solo parte di una sfera e il motivo è che il nostro satellite si è “rotto” in quel cataclisma. La parte mancante, incandescente a causa del transito nell’atmosfera, è caduta sulla Terra, surriscaldando i mari e facendo quindi piovere per giorni. Un disastro analogo, secondo la lettura di Lamberti del libro dell’Apocalisse (insieme a quello di Daniele, ai versetti dei Vangeli e ad altri passi della Scrittura), avverrà alla fine dei tempi, ormai prossima. Quel giorno, il resto della Luna cadrà di nuovo sul mondo, ma - anche stavolta - senza che tutti periscano.

Sarà comunque l’evento finale, seguito dal ritorno del Cristo e il giudizio dei vivi e dei morti. Il mancato sterminio dell’umanità nelle due catastrofi è necessario: serve ad adempiere a quanto recita il Credo niceno-costantinopolitano sulla sorte finale dei viventi e dei trapassati.

Uno dei guai con Lamberti è che non cita nessuno scritto ispiratore di queste idee bislacche: menziona solo un apologeta cattolico francese e qualche classico della mistica della Controriforma. Eppure, nell’occultismo del tempo l’idea che la Luna fosse foriera di distruzioni è ben presente. L’esoterista austriaco di estrema destra Hanns Hörbiger (1860-1931) nel suo Glazial Kosmologie (1913) fantasticava di una serie di lune ghiacciate che nel passato si erano scontrate con la Terra; l’americana Edna Kenton (1876-1954) in The Book of Earths (1928), riconduceva alla sua idea di un rapporto “squilibrato” fra Luna e Terra parte delle catastrofi che, secondo lei, ogni tanto eclissavano civiltà e razze.

Ma in Lamberti c’è un altro versante. A modo suo, fu un testimone del disastro culturale della Prima guerra mondiale. L’idea che quella guerra fosse l’inizio della fine si diffuse nel protestantesimo e in movimenti che ne derivano, come i Testimoni di Geova. Lamberti era dunque insolito, perché il suo era un cattolicesimo apocalittico, ferito dalla modernizzazione, aggressivo. L’astronomia catastrofista che abbiamo esposto era subordinata alle sue idee religiose.

Lo si constata ne La guerra apocalittica (1917), che amplia alcuni articoli usciti poco prima sul settimanale cattolico cuneese Lo stendardo, e poi nel libretto La durata e l’esito della guerra (1918). Lamberti rileggeva a modo suo gli eventi bellici che gli parevano determinanti. Per esempio, il fatto che i tedeschi e gli austriaci avessero quasi annientato stati di rilievo secondario come Belgio e Montenegro era fondamentale per compiere le profezie: di là dai confini europei non vedeva niente. L’ingresso nel conflitto degli Stati Uniti nella sua economia apocalittica non significava alcunché.

L’Austria-Ungheria era l’ultimo impero a prevalenza cattolica della vecchia Europa. Ma a lui non piaceva, perché anche gli Asburgo erano caduti nell’abisso, dato che… avevano introdotto il divorzio. Lamberti mostrava di non capire granché del suo tempo. La legislazione austro-ungarica era così moderna perché in quel paese c’erano minoranze religiose di ogni tipo (protestanti, ebrei, musulmani), cioè credenti per i quali il matrimonio ha valore diverso dal cattolicesimo: da qui la possibilità di separarsi.

Ma a Lamberti realtà storica e politica non interessavano, e nemmeno lo convincevano altri punti di vista dei suoi correligionari. Anzi, forse fu proprio perché su Lo stendardo qualcuno, cattolico come lui, si opponeva a una lettura catastrofista dell’Apocalisse, che cominciò a presentare la sua metafisica. Una metafisica su misura per cattolici conservatori di cultura italiana.

Lamberti era un reazionario: il Reich tedesco era un falso erede del Sacro Romano Impero, che invece era legato a Roma antica e alla sola, vera chiesa, quella romana. Berlino invece era preda dei protestanti (i “luterani”, li chiamava), e questo la condannava a perire. Figlio del suo tempo, se la prendeva anche con la Francia, alleata dell’Italia ma laica e anticlericale: fra i peccati che Parigi aveva commesso, scriveva, c’era aver consentito ai soldati musulmani di celebrare il Ramadan nelle trincee. Dall’Apocalisse giovannea e dal libro di Daniele (al quale dedicherà un libretto intitolato, appunto, Daniele, nel 1918), desumeva che la guerra sarebbe finita nel gennaio 1918 - finì invece a novembre.

Dopo la seconda caduta della Luna, comunque, a un periodo di caos, in cui vari Satana moderni avrebbero fatto stragi, sarebbe seguito l’avvento di un universo cattolico, conciliato dai papi e presieduto dallo stesso Cristo.

In realtà, l’esegesi storico-critica dei testi biblici che offuscavano l’orizzonte di Lamberti (e, da sempre, quello di ogni millenarista), va da tempo verso una lettura presentistica, in base a cui quei testi non volevano prevedere il futuro, ma descrivere, con il linguaggio della letteratura apocalittica, comunità di credenti soggette a gravi e attuali minacce (le guerre dei Tolomei per il libro di Daniele, l’impero romano per Apocalisse).

E infine, a suggello: per Lamberti, Dio non avrebbe permesso un’altra guerra maggiore del primo conflitto mondiale: i tempi sarebbero culminati con la nuova catastrofe celeste.

Arrivò invece Hitler; e la Luna, purtroppo, rimase a guardare.
accessToken: '2206040148.1677ed0.0fda6df7e8ad4d22abe321c59edeb25f',