Omeopatia: le responsabilità legali della grande distribuzione

  • In Articoli
  • 05-04-2023
  • di Giuseppe Scuotri
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Uno degli oltre 9000 negozi CVS negli Stati Uniti © jetcityimage/iStock
Si è aperto uno spiraglio. La poderosa battaglia legale che gli scettici statunitensi hanno ingaggiato contro produttori e distributori di prodotti omeopatici è arrivata a una svolta potenzialmente decisiva. Lo scorso 22 settembre, la corte d’appello del District of Columbia, a Washington, ha infatti giudicato legittime le argomentazioni presentate dagli avvocati del Center for Inquiry, l’associazione che aveva fatto causa a Walmart e CVS, colossi americani della grande distribuzione.

Le accuse del CFI riguardano le modalità di vendita dei rimedi omeopatici nei negozi che fanno capo ai due retailer: i prodotti in questione sono esposti sugli scaffali accanto ai farmaci convenzionali, in sezioni contrassegnate da denominazioni che rimandano a patologie mediche. Quella collocazione, secondo il CFI, indurrebbe i consumatori a credere oltre ogni ragionevole dubbio che tali sostanze possano avere determinati effetti benefici sulla loro salute.

Il pronunciamento di Washington ribalta la decisione dei giudici di primo grado, che avevano chiesto l’archiviazione del caso. Si andrà quindi a processo: nulla è ancora scritto, ma le conseguenze potrebbero essere rivoluzionarie.

Oltre alla questione di merito, la corte d’appello ha valutato e sciolto un secondo nodo cruciale per il proseguimento dell’azione legale, di natura squisitamente giuridica: la motivazione che aveva spinto i giudici di primo grado ad archiviare la causa era che il CFI non si potesse considerare un’associazione di protezione dei consumatori, ma una realtà che agiva su un piano meramente teorico. Mancando questo riconoscimento, infatti, sarebbero venuti meno i presupposti perché il CFI potesse portare in tribunale i due colossi della distribuzione.

A raccontare l’evoluzione della vicenda è Nicholas Little, vicepresidente del CFI e capo dell’ufficio legale dell’associazione, in un articolo apparso sul numero di gennaio e febbraio di Skeptical Inquirer: «Se un negozio espone qualcosa sotto un cartello che recita “antidolorifico”, l’assunzione logica e ragionevole è che quell’attività stia tentando di dire che i prodotti forniscano sollievo dal dolore. Ovviamente, questo non dimostra che il comportamento di CVS e Walmart preso in esame sia di natura fraudolenta. Vuol dire che entrambi saranno chiamati a rispondere nel merito della questione. In sostanza, questa decisione ci assicura l’opportunità di far ascoltare la nostra voce in un’aula di giustizia. Affronteremo il dibattimento, potremo porre domande ai dipendenti sotto giuramento e tenteremo di provare che le decisioni prese nei punti vendita hanno violato la legge. La guerra è ancora molto lunga, ma questa battaglia si è conclusa con una nostra grande vittoria».

Quello contro Walmart e CVS non è comunque l’unico caso giudiziario aperto dal Center for Inquiry in tema di omeopatia. Come abbiamo riferito mesi fa su Query, infatti, l’associazione scettica statunitense ha un contenzioso in itinere anche con la Boiron, la più grande casa produttrice di rimedi omeopatici al mondo. L’accusa mossa alla multinazionale francese è di aver immesso sul mercato una serie di pillole e polveri identiche per composizione, millantando una loro specifica efficacia contro patologie diverse.
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