Culto o resistenza? Dibattito su un caso di licantropia

  • In Articoli
  • 06-04-2023
  • di Roberto Paura
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Il vecchio Thiess. Un lupo mannaro baltico tra caso e comparazione
Carlo Ginzburg e Bruce Lincoln
Officina Libraria, Roma, 2022
pp. 319, euro 27,00


Nel 1691, durante il processo a un presunto “ladro di chiese”, la corte provinciale di Venden, nell’odierna Lettonia, si imbatte nella sorprendente confessione di un uomo noto come “il vecchio Thiess”. Thiess è tirato in ballo da un altro teste che giudica la sua confessione inattendibile poiché “tutti sanno che va in giro con il diavolo e che era un lupo mannaro”. Thiess non nega, anche perché è stato abrogato da poco l’uso della tortura per estorcere confessioni e non rischia molto: sì, conferma, è stato un lupo mannaro, che insieme ad altri suoi simili correva nella boscaglia di notte facendo a pezzi qualsiasi animale gli capitasse a tiro. Nega però di essere un indemoniato o peggio uno stregone. La sua licantropia è anzi funzionale al benessere della comunità: infatti, tre volte l’anno – la vigilia di Pentecoste, di San Giovanni (23 giugno) e di Santa Lucia (12 dicembre) – Thiess e gli altri lupi mannari si recavano all’inferno per recuperare i germogli di grano che al momento della semina annuale gli stregoni ruberebbero per produrre la carestia. Se lo scontro si conclude con successo, la comunità godrà di cereali in abbondanza; altrimenti, patirà la fame.

Quando, a metà degli anni Sessanta, Carlo Ginzburg s’imbatte nel resoconto del processo al vecchio Thiess riportato nel 1934 dal filologo tedesco Otto Höfler, fa un salto sulla sedia. In quel periodo sta completando il suo primo studio importante, I benandanti (che uscirà nel 1966): è il caso di alcune congreghe di contadini del Friuli tra Cinque e Seicento convinti di possedere poteri magici in quanto “nati con la camicia” (ossia ancora avvolti dal sacco amniotico), poteri utilizzati per combattere a colpi di rami di finocchio contro streghe e stregoni nelle notti delle quattro tempora – i giorni che nel calendario liturgico erano dedicati alla benedizione del cambio di stagione – con lo scopo di garantire il successo dei raccolti. Ginzburg nota una straordinaria coincidenza dei due casi, poiché in entrambi i presunti poteri magici sono giustificati dai loro possessori come funzionali alla fertilità dei campi e perché nel mondo slavo si credeva che i “nati con la camicia” fossero destinati a diventare lupi mannari. La sua conclusione è che tanto i benandanti quanto il vecchio Thiess e i suoi compari licantropi siano espressioni di “un unico culto agrario” che “dovette essere diffuso anticamente in un’area ben più vasta, forse nell’intera Europa centrale”. Tale culto doveva essere connesso allo sciamanesimo baltico, dati i riferimenti alle estasi, ai viaggi nell’aldilà sotto forma di animali, alle visioni e ai culti di fertilità.

La tesi è messa in discussione per la prima volta dall’antropologo e storico delle religioni Bruce Lincoln nel 2015: Ginzburg avrebbe visto connessioni dove invece i due fenomeni, del tutto indipendenti, possono essere spiegati come l’effetto di resistenze autoctone al potere locale, quello dell’Inquisizione in Friuli e quello dei tedeschi in Livonia. Non è un caso, osserva Lincoln, che solo i non tedeschi (Undeutsche) potessero diventare lupi mannari e che le sventurate bestie da loro assalite appartenessero invece ai dominanti Deutsche, gli unici che potevano permettersi di possedere mucche e cavalli. La licantropia sarebbe allora un fenomeno di resistenza sociale, ammantato da topos folklorici o provenienti dalla religiosità pagana.

Parte da qui un dibattito a distanza tra Ginzburg e Lincoln che la collana Storie di Officina Letteraria raccoglie ora con Il vecchio Thiess. Un’affascinante immersione nell’officina dello storico, che mette in luce le diverse piste d’indagine portate avanti da Ginzburg e Lincoln nel tentativo di decifrare l’episodio di supposta licantropia. Fino a che punto si può spingere lo studioso nell’elaborare le proprie ipotesi? In che modo è possibile collegare eventi distanti nel tempo e nello spazio? Quali metodologie storiografiche sono più corrette nell’indagare questi casi? Quanto è importante ricostruire la mentalità del microcontesto culturale per comprendere le motivazioni individuali? E come possiamo farlo, soprattutto in un’epoca come quella odierna che fatica a comprendere le categorie mentali del passato? Il vecchio Thiess cerca di rispondere a queste domande offrendo innumerevoli spunti e strumenti d’indagine a tutti gli esploratori di misteri che abbiano l’umiltà di porsi come nani sulle spalle di giganti.

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