Newton, teologo e scienziato

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La statua di Newton alla Royal Academy di Londra © claudiodivizia/iStock

Ci sono dei miti storiografici duri a morire, per esempio che Maria Montessori sia stata la prima donna a laurearsi in medicina in Italia, oppure che Amedeo Avogadro, con la sua famosa ipotesi, abbia distinto chiaramente fra atomi e molecole.

Un altro mito storiografico che continua a circolare anche in pubblicazioni divulgative di un certo successo è quello relativo agli interessi religiosi e alchemici di Isaac Newton. In sostanza, tali interessi rappresenterebbero soltanto una deviazione occasionale rispetto agli studi più “nobili” sulla gravitazione universale, quasi un momento di follia da contrapporre al pensiero razionale di uno degli emblemi della scienza moderna.

Ma le cose non stanno affatto così. Ancora una volta, si presenta quindi il problema del rapporto tra gli studi specialistici di storia della scienza e la divulgazione, che spesso ignora ciò che viene prodotto dai ricercatori professionisti. Leggiamo perciò alcuni giudizi di questi ultimi sull’opera di Newton, partendo dal più noto e autorevole degli storici della scienza italiani del Novecento, Paolo Rossi Monti.

Nel capitolo conclusivo de La nascita della scienza moderna in Europa (1997), dedicato proprio a Newton, Rossi si esprime in maniera inequivocabile: «Come nel caso degli interessi per l’alchimia e della ferma credenza di Newton in una originaria sapienza delle origini, anche il rapporto che Newton stabilisce tra la scienza e la religione, tra il concetto di Dio e la fisica, tra il metodo di indagine sulla natura e il metodo di lettura dei Testi Sacri collocano l’opera di Newton su un piano assai diverso da quello, irrimediabilmente obsoleto, delle interpretazioni di Newton come scienziato positivo o delle celebrazioni di Newton come primo grande scienziato moderno». Per questo motivo, «riportare tutte le affermazioni di Newton a un contesto interamente “moderno” sembra un’impresa disperata».

Se analizzata con la giusta consapevolezza storica, l’attività scientifica di Newton convive tranquillamente con quella dello studioso dedito all’interpretazione delle Sacre Scritture, del cultore di pratiche alchemiche e dell’uomo pubblico, membro del Parlamento, direttore e riformatore della Zecca e presidente della Royal Society.

Come ha scritto Franco Giudice, uno dei maggiori studiosi dell’opera di Newton, è rilevante che «alcune questioni affrontate in uno dei più noti manoscritti alchemici di Newton, risalente agli inizi degli anni Settanta del XVII secolo e intitolato Of Natures Obvious Laws and Processes in Vegetation, siano presenti in altri scritti non alchemici. Quale che sia stato il preciso significato che egli attribuiva alle sue indagini alchemiche, è innegabile che fin da subito l’alchimia gli era sembrata un metodo appropriato per studiare i fenomeni naturali. L’esistenza di principi attivi in grado di organizzare le particelle di materia passiva nelle variegate strutture di minerali, vegetali e animali, rappresentava inoltre un valido rimedio alle derive ateistiche implicite in una visione rigidamente meccanicistica dell’universo. Agli occhi di Newton essi costituivano i veicoli della volontà di Dio, gli strumenti cioè attraverso cui le idee divine prendevano forma nel mondo naturale». Ecco perché il noto storico Richard Henry Popkin ha potuto definire Newton «uno dei grandi teologi antitrinitari del XVII secolo».

Le concezioni religiose di Newton, com’è noto, erano in gran parte eterodosse (a partire dalla negazione del dogma della Trinità) e lo studioso inglese cercò sempre di mantenerle segrete. Tuttavia, alcune di queste concezioni affiorano persino nei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica (la cui prima edizione è del 1687), disponibile ora in una nuova edizione italiana curata sempre da Franco Giudice, il quale ci ricorda che il celebre Scolio Generale del 1713, presente a partire dalla seconda edizione dei Principia, costituisce «il principale manifesto della teologia di Newton, quanto meno tra le opere scientifiche da lui pubblicate», andando a costituire «una sorta di compendio delle riflessioni religiose, metafisiche e metodologiche elaborate durante la sua vita e affidate a manoscritti che sarebbero rimasti inediti». Come ha dimostrato Maurizio Mamiani, diversamente da Galileo Galilei, per Newton il “libro della natura” e il “libro della Bibbia” potevano essere letti utilizzando le stesse regole e un identico codice. Le celebri Regulae philosophandi contenute nei Principia non sono nient’altro che una versione semplificata di una serie di norme utilizzate per interpretare il testo dell’Apocalisse, molto amato da Newton.

La costruzione delle teorie è molto più problematica e storicamente complessa di quello che le ricostruzioni logiche vorrebbero e il confine tra scienza e pseudoscienza va sempre interpretato nel contesto storico del tempo e mai secondo i parametri di valutazione contemporanei. L’evoluzione del pensiero scientifico non consiste in una rassegna di verità che si sono succedute nel tempo, come ancora oggi, in molti casi, può sembrare da ciò che impariamo nei manuali, o attraverso una divulgazione poco attenta alla complessità della storia.

Tuttavia, alla fine, solo certe teorie si sono affermate nel tempo, resistendo a numerose verifiche e sperimentazioni. Per questo motivo oggi uno studente di fisica studia soltanto la legge di gravitazione universale di Newton e non le sue migliaia di carte dedicate agli studi alchemici, anche se al tempo i due ambiti furono strettamente legati fra loro e l’alchimia influì profondamente sulla formazione del sistema newtoniano.

Tutto ciò ci conduce a una ovvia considerazione, cioè che, naturalmente, si debba diffidare anche delle numerose pubblicazioni, di bassa qualità professionale, che insistono nel presentare Newton come una personalità esoterica, dedicata a imperscrutabili pratiche magiche e occulte, che del resto lo studioso inglese non amava. Inoltre, il fatto che Newton abbia dedicato molto del suo tempo all’alchimia o alle profezie bibliche non rende quei campi di studio ancora validi. Nella scienza, come Galileo ci ha insegnato, l’autorità non conta. Semplicemente, si sono trovate nel corso del tempo nuove teorie e nuove spiegazioni per interpretare i fatti a cui facevano riferimento quelle discipline.

Non c’è niente di strano nel fatto che Newton abbia esaminato a fondo (e a lungo) l’alchimia, e che tale studio abbia influenzato anche le sue ricerche nell’ambito della fisica. E che il tutto sia stato concepito in una cornice teologica. Il punto è che, in specifici momenti della storia della scienza, certe teorie si sono affermate come vere, mentre altre si sono rivelate false. Noi dobbiamo trattare con tutto il massimo rispetto storico discipline come l’alchimia (e possiamo tranquillamente leggere, appassionandoci, le avventure di Harry Potter alla ricerca della pietra filosofale), ma bisogna tenere a mente una cosa ben precisa: l’alchimia non è più una disciplina scientifica.

Una volta precisato tutto questo, la domanda che ci facciamo quindi è: perché insistere, da parte della divulgazione scientifica, a raccontare Newton ancora in modo del tutto anacronistico o caricaturale?

Bibliografia

  • Ciardi M. 2021. Breve storia delle pseudoscienze, Hoepli
  • Giudice F. 2018. "La nascita di un nuovo sistema del mondo", in I. Newton, Principi matematici della filosofia naturale, Einaudi
  • Giudice F. 2021. “Newton fuori dalle caricature”, in Il Sole-24 ore, 28 febbraio 2021
  • Mamiani M. 1994. “La scienza esatta delle profezie”, in I. Newton, Trattato sull’Apocalisse, Bollati Boringhieri
  • Popkin R. H. 1988. “Newton’s Biblical Theology and his Theological Physics”, in Newton’s scientific and philosophical legacy, edited by P. B. Scheurer and G. Debrock, numero monografico di Archives Internationales d’Histoire des Idées, vol. 123
  • Rossi P. 1997. La nascita della scienza moderna in Europa, Laterza

MARCO CIARDI è professore ordinario di storia della scienza e delle tecniche presso l’Università di Firenze, dove tiene anche un corso denominato “Scienza, letteratura e pseudoscienza”
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