Squartatori di bufale

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  • 04-05-2010
  • di Lisa Maccari
Uccidevano per vendere grasso umano, titolavano i media di tutto il mondo nello scorso mese di novembre. Un incubo degno dei più torvi film dell'orrore, del sottogenere macellaio, si materializzava dal Perù: la polizia avrebbe sgominato una banda di criminali senza scrupoli, responsabili della morte di una sessantina di persone, minuziosamente tagliate a pezzi e ridotte in poltiglia.

Rituali settari, esoterismo, folli pretese di trasmutazione alchemica? No, l'obiettivo degli assassini sarebbe stato banalmente venale: i tessuti grassi delle sventurate vittime erano destinati alla vendita, a puri fini di lucro, in quanto considerati preziosi, e ben pagati, come ingredienti di prodotti di bellezza. E dove cercare i committenti? Nel mirino dell'odiosa accusa, non soltanto fantomatiche miliardarie in fuga dalle minacce del declino estetico, nel privato di casa propria, ma anche aziende farmaceutiche e cosmetiche dai prosperi affari in paesi avanzati.

La notizia non poteva lasciare indifferente un pubblico sensibile alle questioni etiche…ma non poteva passare inosservata in una comunità di scettici, già abituati a riconoscerne uno schema sospetto.

Chi non ha mai sentito parlare, infatti, delle leggende sui ladri di organi, originatesi proprio in America Latina, e di lì estese a tutto il pianeta con ampia legittimazione di credibilità, pur senza la minima traccia di prova concreta? Anche in questo caso, il presunto commercio sarebbe stato indirizzato verso l'Europa o il Nordamerica, e le vittime sarebbero state di origine india o meticcia.

Il meccanismo appare sempre identico: in un paese del Terzo Mondo, un'organizzazione criminale ben strutturata sottrae risorse vitali, intese proprio nella loro più cruda realtà fisica, a una popolazione socialmente svantaggiata; e quindi le offre a caro prezzo ai membri di una società “bianca”, dominante, che è ricca e potente, sì, ma biologicamente sfinita, incapace di rinnovarsi con le proprie forze, e terrorizzata dalla prospettiva dell'invecchiamento e della malattia.

Qui le paure tipiche della modernità trovano un'ideale legittimazione in un'antica leggenda locale, quella del pishtaco, lo squartatore, cannibale e macellaio di corpi umani.

Il pishtaco è un mitologico personaggio terrorizzante che assomma in sé caratteristiche dei conquistatori spagnoli dei secoli remoti, di qualche sbrigativo avventuriero più moderno, e dell'ennesimo “orco che ti porta via se non ti comporti bene”, usato a man bassa per minacciare i bambini. Già descritto, in tempi non sospetti, come avido di grasso umano, qualche decennio fa era accusato di venderlo come lubrificante alle aziende meccaniche. In tempi in cui il successo virtuale ed estetico ha soppiantato quello industriale, non c'è da stupirsi che la leggenda si sia adeguata.

E si è adeguato immediatamente anche il meccanismo dei media, nonostante tutti gli addetti ai lavori abbiano smentito, fin dall'inizio, la credibilità della storia: il grasso umano, infatti, non ha alcuna utilità cosmetica, si deteriora nel giro di poche ore, e iniettato in un soggetto diverso dall'originale, potrebbe causargli dei gravi danni. Se la sostanza avesse un mercato, verrebbe ampiamente sfruttata quella che arriva dagli scarti degli interventi di liposuzione, eseguiti ogni giorno legalmente in migliaia di ambulatori in tutto il mondo; tuttavia, questo non avviene.

Pochi lettori o spettatori della prima ora, quindi, hanno avuto modo di essere informati del capitolo finale della saga. Un paio di settimane dopo, infatti, il principale responsabile dell'indagine è stato destituito dal suo ruolo, sotto l'accusa di essersi inventato tutto per coprire una serie di omicidi politici, compiuti con l'attiva complicità delle forze dell'ordine locali. Le presunte sessanta persone scomparse, in definitiva, sarebbero solo tre o quattro, ma quelle tre o quattro sarebbero evidenze scottanti e vittime ingiustificate di abusi polizieschi, tristemente prevedibili. Altro che pishtacos!
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