L’omaggio di Galileo; 59 secondi; Dov’è il cigno?; Passaggi curvi; Jane Eyre

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L’omaggio di Galileo
I personaggi dei dialoghi visti attraverso l’epistolario
Mariapiera Marenzana
Chimienti Edizioni
Taranto 2010
pp. 182, € 18,00


Recensione di Silvano Fuso

Riuscire a scrivere qualcosa di nuovo e di originale su Galileo non è impresa facile. Sul grande scienziato pisano infatti è stato scritto oramai di tutto, come dimostra la sconfinata bibliografia galileiana realizzata dall’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, consultabile on line a questo indirizzo: http://www.imss.fi.it/biblio/ibibgali.html .

Mariapiera Marenzana ci è però riuscita con la sua ultima opera L’omaggio di Galileo. I personaggi dei dialoghi visti attraverso l’epistolario.

Non è la prima volta che l’autrice, già docente di lettere nei licei e saggista, dedica le sue fatiche al padre della scienza moderna. Ricordiamo infatti la bella antologia commentata di passi galileiani Parola di Galileo, scritta con il marito Andrea Frova nel 1998.

Che l’autrice sia una profonda conoscitrice di Galileo e delle sue opere appare evidente fin dalle prime pagine. Ciò che rende originale il testo è tuttavia il fatto che l’oggetto principale del libro non è Galileo, bensì i protagonisti dei Dialoghi galileiani, a ognuno dei quali è dedicato uno dei quattro capitoli in cui è suddiviso il libro:

1) Il mio Idolo: la perfetta amicizia di Galileo e Sagredo;

2) Sublime intelletto: Filippo Salviati, alter ego di Galileo;

3) Simplicio, alias Fortunio Liceti?;

4) Paolo Aproino, ingegno peregrino, intrinsechissimo familiare di Galileo.

Se i primi tre personaggi (Sagredo, Salviati e Simplicio) sono piuttosto noti anche al vasto pubblico, molti rimarranno stupiti e incuriositi dal quarto: Paolo Aproino. Chi era costui? Mariapiera Marenzana ce lo spiega nel quarto capitolo. Nella cosiddetta “Giornata Sesta” dei Discorsi, pubblicata postuma nel 1718 (e destinata, insieme alla “Quinta”, ad aggiungersi alle classiche quattro giornate) il personaggio Simplicio scompare ed è sostituito, appunto, da Aproino. Simplicio, come è noto, rappresenta la cultura accademica dell’epoca, intrisa di aristotelismo dominato dall’ipse dixit, del tutto incapace di adottare il nuovo strumento della matematica per comprendere il mondo fisico. A differenza di Simplicio, Paolo Aproino (1586-1638), canonico trevigiano, sa di matematica e di geometria e ha seguito le lezioni di Galileo sull’importanza delle esperienze. L’introduzione di Aproino rappresenta quindi per Galileo un radicale cambiamento di strategia divulgativa per una più efficace diffusione della sua nuova scienza.

Due degli altri tre personaggi galileiani, Sagredo e Salviati, sono ben identificati storicamente dallo stesso Galileo. Gianfrancesco Sagredo (1571-1620) fu un nobile veneziano con il quale Galileo intrattenne una ricca corrispondenza tra il 1599 e il 1619. Filippo Salviati (1582-1614), fiorentino, accademico della Crusca e dei Lincei, fu amico di Galileo. Di entrambi, prematuramente scomparsi, lo stesso Galilei dichiara di aver voluto prolungare la vita alla loro fama, introducendoli come interlocutori della sua opera. Marenzana analizza in modo approfondito il carteggio privato che Galileo ebbe con entrambi (e che occupa interi volumi dell’edizione nazionale delle opere di Galileo) fornendo un interessante affresco della cultura dell’epoca e delle stesse idee di Galileo.

Impresa più ardua è identificare storicamente Simplicio. Il memorabile rappresentante della cultura peripatetica è solamente frutto della fantasia letteraria di Galileo o dietro al già di per sé canzonatorio nome si nasconde qualche personaggio reale? L’autrice propende per la seconda ipotesi e identifica Simplicio con Fortunio Liceti (1577-1657), ligure di nascita, medico, filosofo e uomo di scienza, con il quale Galileo ebbe un lungo e polemico carteggio durato ben tre decenni.

L’esame approfondito che l’autrice compie su questo carteggio fornisce elementi convincenti a favore della sua tesi, ma vogliamo lasciare al lettore il piacere di scoprirli da solo. Il lettore potrà anche constatare di persona l’ostinatezza con cui il Liceti “storico” rifiuta le tesi galileiane pur di mantenere salda la sua fede aristotelica, ostinatezza che nulla ha da invidiare con quella del Simplicio “letterario” dei Dialoghi.

L’omaggio di Galileo è un libro molto ben documentato che potrà essere estremamente utile a chi si occupa di storia della scienza e di storia galileiana in particolare. Al tempo stesso però lo stile scorrevole e avvincente lo rende un testo attraente e piacevole per chiunque ami la scienza e il pensiero razionale e voglia ripercorrere le difficoltà che entrambi hanno incontrato (e purtroppo incontrano ancora oggi) contro l’ottusità e l’oscurantismo.

Arricchiscono infine il volume un’introduzione e una presentazione prestigiose, scritte rispettivamente da Piero Angela e da Enrico Bellone. Lasciando al lettore il piacere di leggerle per intero, non posso fare a meno di citare un brano di entrambe perché delineano bene i contenuti del libro.

Scrive Angela:

...il libro di Mariapiera Marenzana ci racconta infatti una storia solo apparentemente lontana, ma che in realtà appartiene ancora al nostro tempo. Un libro che è una boccata d’aria fresca per chi vuole aprire le finestre alla razionalità. Scritto con quella chiarezza che è il frutto di un lungo lavoro di ricerca, ma anche dal desiderio di far condividere agli altri il piacere di viaggiare, attraverso un ricchissimo carteggio, nella mente di Galileo.

E, a proposito dell’identificazione Simplicio-Liceti, Bellone (che, come è noto, è uno storico della fisica) afferma:

La tesi di Mariapiera Marenzana ha radici nei documenti. E sono buone radici: chi si interessa delle vicende galileiane, infatti, non può fare a meno di prendere in seria considerazione queste pagine, e di riflettere sui reali rapporti che si instaurano tra Galileo e Liceti: rapporti esemplari per capire meglio alcuni aspetti fondamentali della rivoluzione scientifica seicentesca e per riscoprire la realtà di Simplicio.

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59 secondi
Richard Wiseman
Ponte alle Grazie, 2010
€ 13,00


Recensione di Anna Rita Longo

Lo scaffale dei manuali di autoaiuto, nelle librerie, è sempre ben fornito: non c’è mese che non vengano sfornati prontuari destinati a risolvere problemi psicologici, difficoltà di relazione, controversie nell’ambito dei rapporti sociali e all’interno dell’ambiente lavorativo. Il business della manualistica psicologica fai-da-te copre una buona fetta del mercato librario, che non accenna ad entrare in crisi, a dispetto degli scarsi risultati che le tecniche ivi propugnate sembrano ottenere. Qual è la ragione di tale successo? Soprattutto la semplicità d’impostazione che caratterizza queste pubblicazioni, studiate ad arte per attrarre il lettore sprovveduto con lo specchietto per le allodole di una soluzione semplice, rapida, di immediata comprensibilità ai problemi complessi che caratterizzano la vita quotidiana. La rapidità è, per l’appunto, la ragione della fortuna di questi manuali, nonostante i risultati dei metodi che suggeriscono si rivelino scarsi o addirittura nulli.

Parte da questa considerazione Richard Wiseman (già noto per volumi che coniugano curiosità e scienza come Quirkology o Fattore fortuna) che rileva come proporre in alternativa alla lettura dei manuali di autoaiuto l’approfondimento delle medesime tematiche su spessi tomi seriosi sia utopistico più che improbabile. I tempi della vita quotidiana raramente consentono ai non specialisti di accostarsi a letture così complesse e proprio per questa ragione un agile manuale, per quanto poco rigoroso e di impostazione antiscientifica, avrà gioco facile contro la poco allettante alternativa.

L’ambizione di Wiseman è quella di proporre ai suoi lettori una serie di consigli che possono apparire simili a quelli presenti nei manuali di autoaiuto, ma che, al contrario di questi, hanno il pregio di essere basati sugli esiti di ricerche scientifiche pubblicate da autorevoli riviste. Si tratta di rapidissime strategie di semplicissima applicazione (come dice il titolo, basta meno di un minuto a metterne in pratica la gran parte), ma, al contrario di quelle altrove suggerite, scientificamente fondate. Gli argomenti attraverso i quali il libro spazia investono ambiti quali la conquista della felicità, la gestione del tempo e del lavoro, la capacità di fare le scelte giuste e via dicendo. Il sospetto che viene al lettore scettico è che non tutte le dritte di Wiseman condividano il medesimo rigore scientifico, come pure che la ricetta dei 59 secondi sia una semplificazione in parte approssimativa, ma nel complesso l’idea di un autoaiuto scientificamente fondato sembra una buona alternativa al dilagare della pseudoscienza di stampo New Age.

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Dov’è il cigno?
Gabriella Bernardi
Neos Edizioni, 2010
pp. 36, € 10


Recensione di Anna Rita Longo

Gaia è intelligente e curiosa come tutti i bambini e, come tutti loro, ansiosa che qualcuno le dia l’occasione di aprire il suo sguardo assetato di conoscenza su un nuovo aspetto del libro meraviglioso dell’universo. Gaia ancora non lo sa, ma il suo nome è identico sia a quello con il quale i Greci indicavano la Terra, sia a quello di uno dei progetti scientifici più ambiziosi degli ultimi anni, che ci permetterà, attraverso il lancio di un satellite dotato di telescopi, di disegnare una dettagliata mappa del cielo, dando il nome alle tantissime stelle che incontrerà sulla propria strada. Gaia ignora ancora tutto questo, ma ha la fortuna di avere accanto a sé nonno Mario, appassionato di scienza e di astronomia, che la invita a levare il naso all’insù e a seguirlo in un percorso affascinante e divertente alla scoperta dei segreti del cielo.

Questo, in sunto, l’argomento del volumetto di Gabriella Bernardi, fisica e divulgatrice scientifica torinese, che, nel corso della propria attività nei planetari, ha avuto modo di conoscere le principali curiosità dei bambini in merito alle stelle, attraverso le loro stimolanti domande. Il pregevole esito di questa esperienza è questa agile pubblicazione, che si distingue dagli altri testi di divulgazione astronomica per bambini per una serie di non trascurabili motivi.

Innanzitutto il libro riesce a coniugare chiarezza e rigore, senza evidenziare le cesure nella forma e nei contenuti tra la parte scientifica e quella divulgativa di altri prodotti consimili. Particolarmente opportuna, poi, la suddivisione del libro per stagioni, che consentirà agevolmente ai piccoli lettori di programmare le loro osservazioni della volta celeste sapendo che cosa aspettarsi. Vi è poi il valore aggiunto dello splendido rapporto tra Gaia e i propri nonni del quale, devo dire, mi ha fatto particolarmente piacere leggere, perché, al di fuori della trita retorica dei buoni sentimenti, propone un modello di scambio affettuoso di cultura e passione tra le generazioni, dove i nonni, in una veste inedita, si fanno latori non solo di tradizioni e folklore, ma anche di amore per la scienza.

A suggello del bel lavoro di Gabriella Bernardi, vi sono poi i suoi disegni, che rivelano il talento anche artistico dell’autrice. Le illustrazioni riescono nell’arduo compito di chiarire i concetti scientifici mantenendo l’aura di meraviglia che accompagna le scoperte del giovane lettore che, c’è da scommettere, al termine della lettura non riuscirà più a guardare il cielo con gli stessi occhi di prima.

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Passaggi curvi. I misteri delle dimensioni nascoste dell’universo
Lisa Randall
Il Saggiatore, 2006
pp. 509, € 22,00


Recensione di Luca Menichelli

Quando all'inizio del secolo scorso il fisico inglese Lord Kelvin disse: “Ormai in fisica non c'è più nulla di nuovo da scoprire”, non aveva la benché minima idea del fatto che al contrario si era arrivati ad intaccare appena la conoscenza delle meraviglie nascoste della scienza che regola l'universo. Con la relatività di Einstein prima, con la meccanica quantistica poi, la fisica del XX secolo ha vissuto un periodo di enorme fermento conoscitivo che ancora non ha trovato fine; ne è prova il lavoro del LHC presso il CERN di Ginevra.

Tra le più recenti teorie fisiche che cercano di spiegare i misteri del nostro cosmo non si può ignorare quella che, se dimostrata, porterebbe ad un cambiamento radicale della nostra attuale interpretazione, introducendo concetti astrusi impossibili anche solo da immaginare: la teoria delle stringhe. Secondo questa teoria il comportamento dell'intero universo è regolato da stringhe vibranti e, in base a come esse eseguono queste vibrazioni, si forma l'enorme sinfonia cosmica che è il nostro universo, dalle particelle subatomiche alle enormi galassie, passando per la vita.

Ma la teoria non si ferma qui, spingendosi ad ipotizzare l'esistenza di dimensioni spaziali oltre le tre conosciute, cosa necessaria per dimostrare la teoria stessa, oltre all'ipotesi di universi paralleli che a volte interagiscono tra di loro. La fisica statunitense Lisa Randall è una dei sostenitori della teoria delle stringhe e con questo libro, Passaggi Curvi. I misteri delle dimensioni nascoste dell'Universo, cerca di spiegare in maniera accessibile quali siano i fondamenti di questa teoria, che oscilla tra le più innovative scoperte scientifiche moderne e la fantascienza.

Se la Randall si fosse limitata a descrivere la teoria, ci si troverebbe in mano un testo quasi per iniziati, ma il libro si spinge in tutte le direzioni della fisica moderna spiegando in maniera semplice e nel complesso accessibile la teoria della relatività, il concetto di indeterminazione e naturalmente la teoria delle stringhe.

Passaggi Curvi non è una lettura adatta a tutti: il linguaggio cerca di essere il più semplice possibile, ma senza delle basi di fisica la comprensione risulta compromessa; resta, però, comunque una lettura coinvolgente, in cui il confine tra scienza e fantasia è molto labile e che analizza una delle teorie più controverse della fisica moderna, non accettata da alcuni membri della comunità scientifica e la cui dimostrazione lascerebbe aperte tante porte a potenzialità finora oscure e inaccessibili, che alcuni potrebbero definire paranormali.

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Jane Eyre
Charlotte Brontë
Mondadori, 2004, € 9,50


Recensione di Anna Rita Longo

Decidere di recensire uno dei libri ai quali si è più legati e con i quali si ha un rapporto affettivo prima che razionale e letterario può presentare il rischio di non conservare quell’obiettività che è la prima delle qualità che si chiedono a un critico. Nondimeno l’indubbio valore artistico e formativo dell’opera di Charlotte Brontë inducono a mettere da parte i timori, per contribuire, nel nostro piccolo, alla conoscenza e alla diffusione di uno tra i più significativi romanzi che sono il frutto dell’Inghilterra vittoriana.

Il lunghissimo regno della regina Vittoria ha esercitato una notevole influenza sulla letteratura contemporanea e Jane Eyre non sfugge a questa regola: l’ombra imponente della sovrana si percepisce ad ogni pagina, che risulta permeata di tutta la miseria e le grandezze di un’epoca che ha lasciato il segno nella storia e nella cultura britannica. Eppure si tratta di un romanzo che conserva la capacità di parlare al lettore di oggi con un’intensità che rende difficile credere che siano passati più di 160 anni dalla sua pubblicazione. La storia d’amore tra Jane, eroina straordinariamente lontana dallo stereotipo romantico e quasi una femminista ante litteram, e Mr Rochester, tutt’altro che il principe delle fiabe destinate alle educande vittoriane, è una tra le più note e appassionanti della letteratura di tutti i tempi, in grado di emozionare il lettore di oggi non meno di quanto potesse farlo al tempo dell’uscita del romanzo. Meno sottolineato l’importante valore storico di Jane Eyre, che costituisce un interessante documento delle dinamiche sociali e degli aspetti della vita quotidiana nell’Ottocento vittoriano, con particolare riferimento ai rapporti tra ceto popolare e aristocrazia.

Ancor meno noto il contributo del romanzo allo sviluppo del senso critico del lettore, aspetto che lo rende un’ottima lettura per i soci e i simpatizzanti del CICAP. Tutta la prima parte della storia di Jane, quella che si svolge sul tetro sfondo del collegio di Lowood, è una specifica denuncia, oltre che delle pessime condizioni igieniche e dei maltrattamenti che caratterizzavano alcune strutture di accoglienza degli orfani del tempo (sperimentate dall’autrice in prima persona) anche delle violenze psicologiche perpetrate in questi ambienti, fondate su insensate superstizioni. Di queste in particolar modo è vittima la piccola Jane, che viene sottoposta a continue angherie in nome di una malintesa e deviante forma di ossessione religiosa, che maschera, in realtà, un molto più secolare interesse economico. Attraverso la sua narrazione scarna e diretta, la scrittrice comunica al lettore la propria indignazione e nel contempo lo mette in guardia relativamente ai rischi collegati al pericoloso incontro tra superstizione e business.

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La locandina del film Jane Eyre di Franco Zeffirelli, del 1995, con Charlotte Gainsbourg e William Hurt
D’altra parte, il misconosciuto amore per la razionalità mostrato dalla scrittrice emerge anche dall’analisi di un noto brano: quello nel quale il comprimario Mr Rochester decide di prendersi gioco delle credenze superstiziose dei propri ospiti, travestendosi da zingara per invitarli a porgergli la mano da leggere. Nonostante la messinscena possa apparire credibile, Jane si dimostra sin da subito scettica e smonta senza difficoltà le trame del gentiluomo, al contrario delle altre signore esaminate dalla sedicente sensitiva. L’aura paranormale, dunque, si dissolve ben presto, per lasciare il posto alla cornice romantica: la finta zingara coglie, infatti, l’occasione per lasciar trapelare indirettamente la reale natura dei sentimenti di Mr Rochester per Jane, venendo a costituire uno dei brani più intensi e coinvolgenti del romanzo. Il tutto però condito dal sano richiamo al rasoio di Ockham, che rammenta come non sia necessario scomodare spiegazioni paranormali per giustificare episodi che rientrano tranquillamente nell’ambito delle leggi fisiche.

In breve, a parte l’innegabile e celebratissimo valore letterario dell’opera, si può quindi concludere che Jane Eyre è uno di quei classici che possono occupare un posto d’onore nella biblioteca di uno scettico e in generale di tutti coloro che desiderino guardare alla realtà con intelligenza e spirito critico.

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