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Nonostante vi sia una circolare del Ministero della Salute che dice chiaramente che l’esecuzione di test per determinare la risposta anticorpale nei confronti del virus SARS-CoV-2, per decidere se effettuare o no la vaccinazione, non sia raccomandata [1], diversi medici e centri privati li propongono come utili prima della vaccinazione.
Questo suggerimento si basa sull'idea che la presenza di anticorpi da pregressa infezione o dopo la vaccinazione basti a proteggere da un nuovo contagio e possa quindi rendere inutile la vaccinazione o un richiamo. Il desiderio di evitare la vaccinazione si basa in alcuni casi sul timore che in una persona già immune la vaccinazione possa aumentare il rischio di effetti indesiderati, ma non vi sono assolutamente prove che una cosa del genere si sia mai verificata con nessun altro vaccino, né che possa verificarsi in questo caso.
La domanda sull'utilità dei test è divenuta ancora più attuale adesso che il Ministero della Salute ha stabilito di avviare la somministrazione di una terza dose ad alcune categorie di cittadini [2]. Ma quindi chi ha ragione? Fare un test sierologico per decidere se e quando vaccinarsi contro COVID-19 è utile o no?
La risposta è no. Avere un livello alto di anticorpi non ci garantisce di essere protetti dalla possibilità di infettarci, così come un loro basso livello non ci definisce sicuramente a rischio. Due sono in particolare i motivi che rendono inutile utilizzare un test sierologico per decidere se fare o meno una dose vaccinale o un richiamo (inclusa la terza dose), ovvero l'assenza di standardizzazione e l’assenza di correlazione tra titolo anticorpale e protezione.
Infatti i test sierologici usati nei laboratori sono prodotti da molte ditte differenti e ogni test ha la sua sensibilità e specificità da cui derivano capacità diverse di dare risultati. Perciò i valori di IgG anti-Spike ottenuti con il test di una ditta non sono confrontabili con quelli ottenuti con il test di un’altra ditta. Non tutti hanno la stessa affidabilità [3]; inoltre ad oggi non è noto quale sia il valore soglia sopra il quale possiamo considerarci protetti e quindi non avere necessità di vaccinarci. Infatti la presenza di anticorpi anti-Spike indica solo che l’organismo è venuto a contatto con il virus o con il vaccino, ma ciò di per sé non garantisce la protezione.
Occorre ricordare che la risposta immunitaria specifica non è costituita solo dagli anticorpi ma anche dalla risposta cellulare (linfociti T, la cui misurazione non può essere effettuata di routine perché richiede tecniche altamente specializzate). Una persona con un basso livello di anticorpi anti-Spike potrebbe avere, invece, una quantità elevata di linfociti T specifici per il SARS-CoV-2. Per questo motivo, e per quanto detto prima, la determinazione del titolo anticorpale ci dice poco o nulla sul nostro livello di protezione nei confronti della COVID.
I test sierologici possono invece essere utili per ricerche epidemiologiche, ad esempio per capire quanto il virus sia diffuso nella popolazione, anche in maniera asintomatica, oppure, nell'ambito di una campagna di vaccinazione quale sia la durata della risposta e se sia necessario somministrare dosi aggiuntive. In questo caso, chiaramente, vengono utilizzati test sierologici convalidati e uguali per tutta la popolazione esaminata ed in condizioni standard.
Bibliogafia:
[1]: Ministero della Salute. “Certificazioni di esenzione alla vaccinazione anti-COVID-19”.
(https://tinyurl.com/598asj3k)
[2]: Ministero della Salute. Partenza terza dose.
(https://tinyurl.com/6hyvxw6p)
[3]: Vengesai A, Midzi H, Kasambala M et al. “A systematic and meta-analysis review on the diagnostic accuracy of antibodies in the serological diagnosis of COVID-19”. Syst Rev 2021; 10: 155
In breve:
- È utile fare i test sierologici per COVID-19? NO, non c’è correlazione tra il titolo anticorpale e la protezione dall'infezione o dalla malattia.
- I test sierologici sono quindi completamente inutili? NO, la loro utilità è però limitata a studi epidemiologici e nella ricerca clinica.
Nonostante vi sia una circolare del Ministero della Salute che dice chiaramente che l’esecuzione di test per determinare la risposta anticorpale nei confronti del virus SARS-CoV-2, per decidere se effettuare o no la vaccinazione, non sia raccomandata [1], diversi medici e centri privati li propongono come utili prima della vaccinazione.
Questo suggerimento si basa sull'idea che la presenza di anticorpi da pregressa infezione o dopo la vaccinazione basti a proteggere da un nuovo contagio e possa quindi rendere inutile la vaccinazione o un richiamo. Il desiderio di evitare la vaccinazione si basa in alcuni casi sul timore che in una persona già immune la vaccinazione possa aumentare il rischio di effetti indesiderati, ma non vi sono assolutamente prove che una cosa del genere si sia mai verificata con nessun altro vaccino, né che possa verificarsi in questo caso.
La domanda sull'utilità dei test è divenuta ancora più attuale adesso che il Ministero della Salute ha stabilito di avviare la somministrazione di una terza dose ad alcune categorie di cittadini [2]. Ma quindi chi ha ragione? Fare un test sierologico per decidere se e quando vaccinarsi contro COVID-19 è utile o no?
La risposta è no. Avere un livello alto di anticorpi non ci garantisce di essere protetti dalla possibilità di infettarci, così come un loro basso livello non ci definisce sicuramente a rischio. Due sono in particolare i motivi che rendono inutile utilizzare un test sierologico per decidere se fare o meno una dose vaccinale o un richiamo (inclusa la terza dose), ovvero l'assenza di standardizzazione e l’assenza di correlazione tra titolo anticorpale e protezione.
Infatti i test sierologici usati nei laboratori sono prodotti da molte ditte differenti e ogni test ha la sua sensibilità e specificità da cui derivano capacità diverse di dare risultati. Perciò i valori di IgG anti-Spike ottenuti con il test di una ditta non sono confrontabili con quelli ottenuti con il test di un’altra ditta. Non tutti hanno la stessa affidabilità [3]; inoltre ad oggi non è noto quale sia il valore soglia sopra il quale possiamo considerarci protetti e quindi non avere necessità di vaccinarci. Infatti la presenza di anticorpi anti-Spike indica solo che l’organismo è venuto a contatto con il virus o con il vaccino, ma ciò di per sé non garantisce la protezione.
Occorre ricordare che la risposta immunitaria specifica non è costituita solo dagli anticorpi ma anche dalla risposta cellulare (linfociti T, la cui misurazione non può essere effettuata di routine perché richiede tecniche altamente specializzate). Una persona con un basso livello di anticorpi anti-Spike potrebbe avere, invece, una quantità elevata di linfociti T specifici per il SARS-CoV-2. Per questo motivo, e per quanto detto prima, la determinazione del titolo anticorpale ci dice poco o nulla sul nostro livello di protezione nei confronti della COVID.
I test sierologici possono invece essere utili per ricerche epidemiologiche, ad esempio per capire quanto il virus sia diffuso nella popolazione, anche in maniera asintomatica, oppure, nell'ambito di una campagna di vaccinazione quale sia la durata della risposta e se sia necessario somministrare dosi aggiuntive. In questo caso, chiaramente, vengono utilizzati test sierologici convalidati e uguali per tutta la popolazione esaminata ed in condizioni standard.
Bibliogafia:
[1]: Ministero della Salute. “Certificazioni di esenzione alla vaccinazione anti-COVID-19”.
(https://tinyurl.com/598asj3k)
[2]: Ministero della Salute. Partenza terza dose.
(https://tinyurl.com/6hyvxw6p)
[3]: Vengesai A, Midzi H, Kasambala M et al. “A systematic and meta-analysis review on the diagnostic accuracy of antibodies in the serological diagnosis of COVID-19”. Syst Rev 2021; 10: 155
In breve:
- È utile fare i test sierologici per COVID-19? NO, non c’è correlazione tra il titolo anticorpale e la protezione dall'infezione o dalla malattia.
- I test sierologici sono quindi completamente inutili? NO, la loro utilità è però limitata a studi epidemiologici e nella ricerca clinica.