Studiare allunga la vita

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© jacoblund/iStock
La cultura ha un innegabile valore intrinseco. Essa rappresenta un arricchimento personale che ci consente di analizzare e interpretare la realtà con strumenti di cui altrimenti saremmo privi. Al di là di questo, come avevamo evidenziato in un precedente articolo di questa rubrica[1] e contrariamente a quello che alcuni pensano, l’investimento nell’educazione dei figli ha un importante riscontro economico. Era stato infatti stimato che il ritorno economico non è mai inferiore al 30% della somma investita.

Un recente articolo[2], pubblicato sulla prestigiosa rivista medica The Lancet, analizza invece un altro aspetto: la relazione tra il livello di istruzione e l’aspettativa di vita. I ricercatori del Center for Global Health Inequalities Research (CHAIN), della Norwegian University of Science and Technology e dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell’University of Washington a Seattle hanno esaminato un’enorme mole di dati relativi a paesi industrializzati come il Regno Unito e gli Stati Uniti, nonché paesi in via di sviluppo come Cina e Brasile. I risultati dell’analisi hanno confermato studi precedenti sull’effetto dell’istruzione sulla riduzione della mortalità in età adulta; in più, questa volta hanno consentito di quantificarlo. Dallo studio è risultato infatti che il rischio di mortalità di un adulto diminuisce di circa il 2% per ogni anno di istruzione seguito a tempo pieno.

La ricerca è consistita in una revisione sistematica, con relativa meta-analisi, che ha interessato database quali PubMed, Web of Science, Scopus, Embase, Global Health (CAB), EconLit e Sociology Source Ultimate, in un periodo compreso tra il 1° gennaio 1980 e il 31 maggio 2023. Il tutto coadiuvato da elaborati metodi statistici in grado di eliminare eventuali bias e dati spuri.

Complessivamente, sono stati raccolti dati provenienti da 70 località distribuite in 59 paesi, ottenendo un set finale di dati comprendente 10.355 osservazioni. Da esse è emerso in modo evidente che l’istruzione presenta una relazione dose-risposta con la mortalità degli adulti (considerando tutte le cause), con una riduzione media del rischio di mortalità dell’1,9% (con un intervallo di incertezza al 95%) per ogni ulteriore anno di istruzione.

È emersa inoltre una dipendenza dalla fascia di età: l’effetto è stato infatti maggiore nei gruppi di età più giovani rispetto a quelli più anziani. Per gli adulti di età compresa tra 18 e 49 anni, è risultata una riduzione media del rischio di mortalità del 2,9% per ogni anno aggiuntivo di istruzione. Per soggetti di età superiore a 70 anni, la riduzione è risultata invece essere dello 0,8%.

In ogni caso, una maggiore istruzione è universalmente protettiva contro la mortalità, anche in tarda età. In altre parole viene confermato, anche dal punto di vista dell’aspettativa di vita, il modo di dire “non è mai troppo tardi!”

La minor riduzione del rischio di mortalità negli anziani può essere spiegata perché, quando un individuo raggiunge un’età avanzata, la predisposizione genetica, le abitudini quotidiane, la dieta o altri predittori socioeconomici di mortalità sembrano avere un’influenza maggiore sul rischio di mortalità rispetto al livello di istruzione. Dallo studio non sono emersi significativi effetti differenziali dell’istruzione sulla mortalità a seconda del sesso o del livello dell’indice sociodemografico.

Entrando più nei dettagli, lo studio ha evidenziato che il completamento di sei anni di istruzione (all’incirca un livello di scuola primaria nella maggior parte delle aree del mondo) era associato a una riduzione del 13,1% del rischio di mortalità, tenendo conto dell’età, del sesso e dello stato civile. La riduzione del rischio di mortalità saliva al 24,5% dopo 12 anni di istruzione (approssimativamente completamento della scuola secondaria), rispetto a nessuna istruzione, e al 34,3% dopo 18 anni di istruzione (completamento approssimativo del ciclo terziario più due anni di istruzione post-terziaria). Da qui deriva la citata riduzione media del rischio di mortalità dell’1,9% per anno di istruzione nell’arco dei 18 anni. L’effetto protettivo dell’istruzione superiore sulla mortalità è risultato significativo indipendentemente dall’età, dal sesso, dal periodo, dalla coorte di nascita e dal livello dell’indice sociodemografico e non si è attenuato ai livelli di istruzione più elevati.

Gli autori della ricerca hanno anche confrontato gli effetti dell’istruzione sul rischio di mortalità con quelli di altri determinanti sociali ad alto impatto sulla salute e dei fattori di rischio comportamentali. Per esempio, la riduzione del 34,3% del rischio di mortalità per tutte le cause derivante da 18 anni di istruzione, rispetto a nessuna istruzione, è simile alla riduzione del rischio di cardiopatia ischemica associata a un consumo ottimale di verdure rispetto al mancato consumo di verdure e alla riduzione del rischio di mortalità per gli adulti che osservano le linee guida sanitarie sull’attività fisica.

Inoltre il rischio di mortalità per tutte le cause per un adulto privo di istruzione, rispetto a chi ha 18 anni di istruzione, è comparabile a quello dell’incidenza o mortalità per cancro al polmone per una persona che fuma abitualmente rispetto a una persona che non ha mai fumato e alla mortalità di un forte bevitore di alcol rispetto a quella di un bevitore occasionale.

Un livello di istruzione inferiore è inoltre correlato a tassi più elevati di malattie cardiovascolari e mortalità per cancro. L’istruzione superiore facilita infatti l’accesso a una migliore occupazione, a guadagni più elevati, a un’assistenza sanitaria di qualità e a una maggiore consapevolezza del proprio stato di salute. Inoltre, osservano gli autori della ricerca, gli individui con un livello di istruzione più elevato tendono a sviluppare un insieme più ampio di risorse sociali e psicologiche che influenzano la salute e la durata della loro vita.

I risultati della ricerca dovrebbero quindi suggerire ai decisori politici la necessità di maggiori investimenti nell’istruzione, anche in vista del miglioramento della futura salute della popolazione, con conseguente riduzione della spesa pubblica. La mancata istruzione rappresenta infatti un fattore di rischio comparabile a quelli che vengono comunemente considerati nelle politiche sanitarie dei diversi paesi. Tutto ciò, naturalmente, in aggiunta agli altri innumerevoli benefici sociali derivanti da un innalzamento del livello di istruzione della popolazione.

Note

1) 1 Fuso S., 2016. “Con la cultura si mangia?” in Query n. 27
2) Ihme-Chain Collaborators, 2024. “Effects of education on adult mortality: a global systematic review and meta-analysis”, in The Lancet Public Health, 23 gennaio

SILVANO FUSO è dottore di ricerca in scienze chimiche, docente di chimica e si occupa di didattica e divulgazione scientifica. Collabora con diverse riviste e siti Internet e ha pubblicato numerosi libri. È socio effettivo del CICAP; il suo sito si trova a: www.silvanofuso.it
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