Scomparso il catalogatore delle anomalie

  • In Articoli
  • 17-10-2011
  • di Roberto Labanti
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Ad 84 anni è scomparso lo scorso 8 luglio William R. Corliss che, fin dalla metà del secolo scorso, si era interessato a quella serie di osservazioni che non sembrano spiegabili all’interno di un paradigma scientifico corrente. Fisico di formazione, aveva lavorato prima nell’industria aerospaziale statunitense e poi, dal 1963, come autore free-lance di testi scientifici per la NASA e altre istituzioni governative. Nel 1965, sviluppando quell’interesse giovanile per le anomalie, aveva iniziato a raccoglierle attraverso la consultazione sistematica di vecchie annate di riviste scientifiche e di divulgazione: qualche anno prima della sua morte, tale raccolta consisteva in circa cinquantamila resoconti, concernenti circa quattromila diverse ”anomalie", apparsi in oltre quindicimila annate di riviste pubblicate in lingua inglese dal 1820.

Seppure la raccolta fosse nata con l’obiettivo primario di soddisfare la curiosità dell’autore, Corliss era consapevole dell’utilità di mettere a disposizione della comunità scientifica quanto da lui selezionato.

Aveva sviluppato un proprio sistema di classificazione per un materiale altrimenti ingestibile e dal 1974 aveva quindi iniziato a pubblicare le sue raccolte in una serie di volumi apparsi sotto l’etichetta Sourcebook Projecti[1].

La morte l’ha colto quando il progetto editoriale non era ancora terminato: dei trentacinque cataloghi previsti della nuova serie iniziata nel 1986, ne sono stati effettivamente pubblicati solo ventidue.

La scomparsa di un autore è tradizionalmente il momento per fare un bilancio dell’opera: Corliss ha certamente avuto il merito di avere attirato l’attenzione su una documentazione sconfinata che, soprattutto prima dei parziali progetti di digitalizzazione seguiti alla nascita del web, sarebbe altrimenti rimasta sconosciuta ai più.

Grazie agli estratti, ai commenti e alle indicazioni bibliografiche riportate dal nostro autore, è possibile cercare antecedenti di fenomeni che ci si trova oggi a studiare o eventi da approfondire che potrebbero ampliare in un qualche modo le nostre conoscenze. Senza però cadere in fughe in avanti, come quelle di ambienti creazionisti che hanno a volte impropriamente sfruttato parte del lavoro di Corliss in chiave anti-darwiniana, dissotterrando vecchi “fatti”, anche distorti o falsi, senza alcun approfondimento: si tratta di un rischio rischio tanto più probabile quanto più si va indietro nel tempo.

Infatti le riviste scientifiche dell’Ottocento, anche quando hanno continuato ad essere pubblicate fino ai giorni nostri, erano qualcosa di diverso da quelle attuali: oltre a tenere in contatto quelli che si avviavano a essere definiti scienziati (il termine, in lingua inglese, sarà coniato nel 1833, ma diventerà comune solo a fine secolo) esse erano lette da quegli appartenenti alla borghesia e alla piccola aristocrazia che intendevano mantenersi al corrente delle discussioni scientifiche del tempo.

I più intraprendenti fra questi non mancavano di comunicare ai curatori delle riviste le proprie (o altrui) osservazioni di fenomeni naturali o scoperte antiquarie, che erano spesso pubblicate. Potevano inoltre essere ripresi resoconti apparsi su altre riviste straniere o sulla stampa generalista. Tutte cose che è necessario tenere in conto quando ci si trova a utilizzare una fonte menzionata da Corliss, che andrà contestualizzata e conseguentemente valutata ed eventualmente esclusa, anche prestando attenzione a possibili spiegazioni o smentite pubblicate successivamente.

Non è dato sapere se qualcuno proseguirà il lavoro del fisico statunitense. Forse non in quella forma, ma è possibile, e sperabile, che ciò avvenga[2].

Note

1) Corliss, W. R. 2002. “A search for anomalies”. Journal of Scientific Exploration, volume 16, n. 3: pp. 439-453
2) Rickard, B. Some thoughts on the passing of William Corliss and about his legacy. CFI Blogs, 28.08.2011, http://blogs.forteana.org/node/163
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