L'appello all'opinione popolare, bandwagon o argomento ad populum

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  • 28-12-2012
  • di Manuele De Conti
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©Vlastula/Flickr - The illuminated crowd
Per i politici americani del XIX secolo, saltare sul carrozzone che durante una parata trasportava la banda diventò così popolare che il termine “bandwagon” venne associato con la tendenza a seguire le altrui azioni o credenze. Infatti, man mano che le persone arrivano a credere a una determinata cosa, altre “salteranno sul carrozzone” noncuranti delle prove a suo sostegno. È la logica insita nell’argomento ad populum, o appello all’opinione popolare tanto impiegato dai sostenitori delle pseudoscienze, e che prevede si consideri un’affermazione come vera o accettabile poiché tutti, o molti, la ritengono tale. L’affermazione secondo cui «Oggi un concetto del genere [che la vita su altri pianeti possa essere talmente evoluta d’aver dato origine a esseri addirittura più evoluti di noi] lo conosce, e fin troppo bene, anche l’uomo della strada[1]» non è una semplice constatazione sociologica o un’informazione statistica. Nel quadro del discorso complessivo, quell’ormai tutti a cui si riferisce l’espressione «Lo conosce […] anche l’uomo della strada» risulta invece essere impiegato come prova a favore dell’esistenza di forme di vita più evolute della nostra: siccome tutti lo sanno, allora non può che essere vero. L’appello alla popolarità, infatti, sfrutta il valore della popolarità o diffusione di una credenza come prova della sua verità. Tuttavia, come indicava Schopenhauer, «L’universalità di un’opinione […] non costituisce né una prova né un motivo che la rende probabile» e quando si parla di opinione generale in realtà si intende «l’opinione di due o tre persone […] ai quali la pigrizia suggerì di credere subito piuttosto che fare faticosi controlli[2]». Al tempo stesso, però, altrettanto erroneo sarebbe derivare la mancanza di valore di un’opinione o di un prodotto, dalla sua scarsa diffusione.

Questo argomento consta di diverse varianti: l’appello all’opinione della folla, in cui l’oratore, sfruttando le dinamiche di gruppo, ne eccita le emozioni e l’entusiasmo o cerca di indurla all’euforia e all’identificazione invocandone le credenze, i pregiudizi e le passioni, anche se altri sono contrari a queste stesse opinioni: «Siamo tutti italiani e quindi dobbiamo tifare per la nostra nazionale[3]». Un esempio a noi più congeniale è, sinteticamente: siamo tutti figli del cosmo e quindi dobbiamo convincerci a confrontarci con quell’enorme salto di pensiero che è la Rivoluzione Cosmica, ossia che l’universo è popolato da un’infinità di esseri[4]! In questa variante l’appello emozionante al “popolo” o “popolino” svolge la funzione di ottenere l’assenso a una conclusione non sorretta da un valido argomento[5]; l’appello alla deliberazione informata, secondo il quale una determinata proposizione è accettabile poiché un particolare gruppo l’avrebbe considerata tale dopo una discussione razionale; l’appello alla posizione privilegiata, nel quale l’opinione invocata è quella di un gruppo che si trova in una posizione speciale rispetto alla proposizione in causa: «[...] ma il sensitivo ci troverà grande differenza; ei troverà disagiata quella sedia il cui dosso guarda ponente; gradevole invece e sola senza disagio quella su cui egli volta la schiena a nord. Così dicono tutti i sensitivi» scriveva il Barone von Reichenbach nella sua Guida per trovare con facilità le persone sensitive[6].

Alcuni libri di logica considerano questo argomento inerentemente fallace oltre che potenzialmente esplosivo poiché la propaganda attraverso esso può condurre la massa o le nazioni all’isteria, alla delusione o verso la guerra[7]. Tuttavia, sebbene spesso sia molto debole, l’appello all’opinione popolare può essere legittimo e può svolgere dei ruoli importanti nella discussione critica. Infatti, per convincere in modo ragionevole un interlocutore è normale impiegare premesse che questa stessa persona accetta o che potrebbe accettare, anche se alcuni testi logici che trattano l’appello al popolo assumono che appellarsi a premesse che riflettono i valori e le credenze della controparte equivalga a usare argomenti inerentemente fallaci. Inoltre, l’argomento ad populum può essere impiegato per limitare l’eccessiva e controproducente polemicità in una discussione. Secondo la massima di non-litigiosità[8], infatti, affinché una discussione sia fruttuosa non si deve contestare la premessa della controparte, qualora sia incontroversa e si deve contestare solo ciò che è contrario alla posizione difesa, ciò che appare falso o per cui si ha qualche ragione di pensare sia falso, o ciò che potrebbe essere usato per contestare il proprio punto di vista. L'appello all'opinione popolare può anche far slittare l’onere della prova in una situazione in cui una persona non abbia facile accesso alla conoscenza sufficiente per accettare o rigettare una conclusione: seguire il percorso degli altri passeggeri di un treno se non sapessimo da quale porta scendere, potrebbe essere una scelta non irragionevole, nel caso fossimo dei novelli e stranieri viaggiatori. Infine, esso permette di aggiungere una ragione all’insieme delle ragioni che devono essere soppesate per esprimersi in merito a una data conclusione.

Per valutare questo argomento si deve far riferimento al tipo di dialogo o di discussione in cui viene profferito. Appellarsi a quanto “tutti” pensano può essere infatti rilevante come base per accettare una proposta in una negoziazione, specialmente nelle negoziazioni in cui i gruppi coinvolti dipendono dall’opinione pubblica. Diverso è il caso della discussione critica dove l’obiettivo è la risoluzione di un disaccordo. In tale contesto l’appello all’opinione popolare può essere invece rilevante quando viene impiegato come comune punto di partenza per la discussione stessa. Ciò nonostante, esso deve sempre essere valutato assieme a un più ampio corpo di prove poiché, come annotava nei suoi Taccuini lo scrittore inglese Samuel Butler, è sempre possibile che il pubblico compri «[...] le sue opinioni come compra la carne e il latte, in base al principio che far questo è più economico che tenere una mucca. È certo vero; ma sono maggiori le probabilità che il latte sia annacquato». Pertanto, come per ogni argomento, anche per l’appello all’opinione popolare è importante: chiedersi se è rilevante per il tipo di dialogo che stiamo affrontando; identificare il più precisamente possibile le sue premesse e la sua conclusione; identificare la variante d’appello che stiamo valutando; riflettere se le premesse dell’argomento possono essere vere e se siano, o possano essere, supportate adeguatamente da prove; chiedersi se le premesse sostengono in modo plausibile la conclusione.

Seguendo tali indicazioni sarà più semplice “neutralizzare” il suo impiego fallace che consiste nel far slittare una discussione critica verso un diverso tipo di dialogo, nel considerarlo come l’unica prova rilevante a sostegno di una data conclusione o nell’impiegarlo in modo da incalzare l’interlocutore a presentare critiche significative[9] a premesse incontroverse.

Bibliografia

1) Coppetti, M. 1979. UFO. Arma Segreta. Roma: Ed. Mediterranee, p. 48.
2) Schopenhauer, A. 1991. L’arte di ottenere ragione esposta in 38 stratagemmi. Milano: Adelphi, pp. 54-55.
4) Cellina, F. 1998. L’insegnamento cosmico. Roma: Hermes Edizioni, pp. 19-21.
5) Copi, I. 1964. Introduzione alla logica. Bologna: Il Mulino, p. 74.
6) Fusinieri, A., Dal Pozzo di Mombello, E., Reichenbach, K. 1866. La dinamica molecolare. Foligno, p. 113.
7) Nolt, E. J. 1984. Informal Logic. Possible World and Immagination. New York: McGraw Hill, p. 249.
8) Walton, D. 1999. Appeal to Popular Opinion. The Pennsylvania State University Press: University Park, pp. 238-241.
9) Ivi., p. 276.
  • Cattani, A. 2011. 50 discorsi ingannevoli. Padova: Edizioni GB.
  • Walton, D. 1999. Appeal to Popular Opinion. The Pennsylvania State University Press: University Park.

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