Gli esploratori delle terre leggendarie

Eco ci dimostra anche come un sano scetticismo possa andare tranquillamente a braccetto con l'amore per il fantastico. L'importante è essere consapevoli dei rapporti che devono intercorrere tra analisi razionale e uso dell'immaginazione. Per quanto riguarda l'indagine storica, inoltre, è sempre necessario tenere presente che i confini tra scienza e pseudoscienza cambiano nel corso del tempo

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Umberto Eco ©ilcorriere.it
Una delle ultime opere che Umberto Eco ci ha lasciato in eredità è il bellissimo volume dal titolo Storia delle terre e dei luoghi leggendari, uscito nell'ottobre del 2013. Nella prefazione al testo, Eco ci ricorda giustamente che «le terre e i luoghi leggendari sono di vario genere e hanno in comune solo una caratteristica: sia che dipendano da leggende antichissime la cui origine si perde nella notte dei tempi, sia che siano effetto di una invenzione moderna, essi hanno creato dei flussi di credenze». Ciò che allo storico interessa è quindi lo studio di “terre e luoghi che, ora o nel passato, hanno creato chimere, utopie, illusioni perché molta gente ha veramente creduto che esistessero o fossero esistiti da qualche parte[1]».Più che la demolizione della credenza, prove scientifiche alla mano, diventa importante la ricostruzione dei motivi in base ai quali tale credenza ha potuto svilupparsi e mantenersi viva nel corso del tempo. Comprendere la genesi di un problema, ai fini della sua risoluzione, non è meno importante della confutazione scientifica.

Eco ci dimostra anche come un sano scetticismo possa andare tranquillamente a braccetto con l'amore per il fantastico. L'importante è essere consapevoli dei rapporti che devono intercorrere tra analisi razionale e uso dell'immaginazione. Per quanto riguarda l'indagine storica, inoltre, è sempre necessario tenere presente che i confini tra scienza e pseudoscienza cambiano nel corso del tempo. Il passato non va mai giudicato con gli occhi del presente.

Tenendo conto di queste riflessioni, risulta meno sorprendente che alcuni dei più grandi studiosi della storia delle terre leggendarie siano stati personaggi che hanno fornito fondamentali contributi alla sviluppo della fantascienza come genere letterario: Lyon Sprague de Camp e Willy Ley.

Sprague de Camp, nato a New York il 27 novembre 1907, laureato in ingegneria aeronautica, esordì come scrittore nel settembre del 1937 con la storia The Isolinguals, pubblicata sulle pagine di Astounding Stories, la rivista che di lì a poco, sotto la direzione di John W. Campbell, avrebbe dato vita alla golden age della fantascienza americana, cambiando il proprio nome in Astounding Science Fiction. Successivamente de Camp scrisse molte altre opere, sia di narrativa fantastica che fantascientifica, fino a prendere in mano la saga di Conan il Barbaro, il celebre personaggio inventato dal geniale Robert E. Howard: «fui coinvolto nel primo, piccolo “boom” dell'heroic fantasy nel 1951, quando scoprii, nel cassetto di un agente letterario di New York, un mucchio di manoscritti invenduti di Howard. Fra quelle carte c'erano due racconti di Conan mai pubblicati, un racconto scritto originariamente come avventura di Conan, ma uscito poi su una pubblicazione amatoriale col nome dell'eroe cambiato, oltre a vari altri racconti d'avventure di ambientazione moderna o medievale. Presi gli opportuni accordi con gli eredi di Howard, revisionai le storie di Conan e le feci pubblicare. In seguito scrissi quattro avventure moderne e medievali trasformandole in racconti di Conan. Inoltre collaborari con un appassionato svedese, Byörn Nyberg, al romanzo The Return of Conan[2]».

Willy Ley, nato a Berlino il 2 ottobre 1906, era stato uno dei giovani protagonisti della nascita della missilistica tedesca. Dopo l'avvento del nazismo, Ley lasciò la Germania per stabilirsi negli Stati Uniti nel gennaio del 1935. Ley era un appassionato di fantascienza e giunto in America iniziò a collaborare con numerose riviste, sia con racconti, sia – soprattutto – con articoli di divulgazione scientifica, che avrebbero caratterizzato gran parte della sua attività americana, assieme a una serie di libri di successo dedicati al tema dell'esplorazione spaziale. Isaac Asimov ha riconosciuto a Ley il ruolo di pioniere nella diffusione della saggistica divulgativa contenuta nelle riviste di fantascienza. Una saggistica che, spesso e volentieri, affrontava misteri e fatti insoliti, ma sempre con il corretto atteggiamento: «Campbell pubblicò molti degli articoli di Ley, che ne scrisse parecchi anche per le altre riviste di fantascienza. Anzi, è più giusto dire che Ley fu il padre di quel tipo di saggistica che si ritrova oggi nelle riviste di fantascienza. Trattò nei suoi articoli argomenti 'di frontiera', che sfumavano nella fantascienza, ma lo fece sempre partendo da una solida impostazione razionalistica e da una solida preparazione scientifica[3]».A partire dal 1950, Ley avviò una collaborazione con Galaxy Science Fiction, destinata a diventare una delle riviste di fantascienza più influenti del periodo, dando vita alla rubrica “For Your Information”, che lo avrebbe consacrato come uno dei più grandi divulgatori scientifici di tutti i tempi (l'edizione italiana, Galaxy, sarebbe apparsa nel giugno del 1958).

Accomunati dalla passione per la scienza, la storia e il fantastico, nel 1952 De Camp e Ley pubblicarono un lavoro sull'analisi di molti degli argomenti che ancora oggi popolano – con assai minor serietà e professionalità – le pagine delle riviste pseudoscientifiche o delle trasmissioni televisive dedicate al tema dei misteri: Lands Beyond: A Fascinating Expedition Into Unknown Lands. L'obiettivo della loro ricerca era chiaro: «oggi è non solo possibile scrivere la storia dal punto di vista di coloro che compirono le scoperte, ma anche tener conto di ciò che essi si proponevano o speravano di scoprire[4]». La ricostruzione della storia delle terre e dei luoghi leggendari non era perciò meno importante dell'analisi della storia delle scoperte reali.

De Camp e Ley dimostravano di saper distinguere tra finzione e realtà, tra analisi storica e speculazione pseudoscientifica. I due autori, ad esempio, fornivano una precisa, ma al tempo stesso impietosa, descrizione dell'inconsistenza di tutte le teorie formulate sull'esistenza di Atlantide, da quelle teosofiche di Madame Blavatsky e Scott-Elliot, a quella di Ignatius Donnelly, il cui Atlantis: The Antediluvian World non era che «un ammasso di errori di fatto e d'interpretazioni arbitrarie[5]».Dunque, anche se il racconto di Platone non poteva non essere «atto a colpire la fantasia e ad esercitare fascino duraturo», il continente di Atlantide «era destinato a non apparire mai sulle mappe del mondo reale, di qualunque epoca esse fossero[6]».

Questo giudizio è tanto più significativo se si tiene conto dell'impegno dei due autori nell'ambito della letteratura fantasy e fantascientifica. Sprague De Camp sapeva benissimo quanto importante era stato il tema di Atlantide nella costruzione del personaggio di Conan il Barbaro: «La genesi delle storie di Conan si deve ricercare in un gruppo di racconti che Howard scrisse nel 1929 e ambientò all'epoca della favolosa Atlantide. Il protagonista di queste storie era un barbaro atlantideo, di nome Kull, che si trasferisce sul continente, si arruola nella terra civile di Valusia e infine ne diventa re». Quale teatro delle avventure di Conan, invece, Howard «ideò la cosiddetta Era Hyboriana, situata circa dodicimila anni fa, tra lo sprofondamento di Atlantide e l'inizio della storia conosciuta». C'era tuttavia un punto decisivo in tutto questo lavoro creativo che Sprague De Camp riteneva opportuno sottolineare: «Howard mise bene in chiaro che la sua pseudostoria era inventata per esigenze narrative, e non andava considerata come una seria teoria della preistoria umana[7]».

Non stupisce quindi che, nel 1954, Sprague de Camp abbia pubblicato la prima edizione di Lost Continents: The Atlantis Theme in History, Science and Literature, un classico da citare in maniera obbligatoria nelle bibliografie sull'argomento. Ricordando che l'opera, prima di essere edita in volume, uscì a puntate sulla rivista Other Worlds Science Fiction.

Note


1) U. Eco. 2013. Storia delle terre e dei luoghi leggendari, Milano: Bompiani, p. 9.
2) L. Sprague de Camp, L. Carter, B. Nyberg. 1980, Conan il Barbaro, Milano: Mondadori, p. 21.
3) I. Asimov 1984. Guida alla fantascienza, Milano: Mondadori, p. 190.
4) L. Sprague de Camp, W. Ley. 1962. Le terre leggendarie, Milano: Bompiani, p. 9.
5) Ivi, p. 16.
6) Ivi, p. 37.
7) L. Sprague de Camp, L. Carter, B. Nyberg. 1980, Conan il Barbaro, cit., pp. 22-23.
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