Non tutte le opinioni sono valide: logica proposizionale, contraddizione e ragionamento per assurdo

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  • 30-06-2016
  • di Manuele De Conti
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Zenone di Cizio ©Shakko, wikicommons
L'oggetto dei precedenti articoli di questa rubrica è stato il ragionamento sillogistico, un tipo di ragionamento composto da enunciati categorici, ossia enunciati dichiarativi costituiti da soggetto, copula e predicato, combinati fra loro secondo specifiche regole delineate già nel IV sec. a.C. dal filosofo greco Aristotele. L’enunciato «Tutte le pecore sono ruminanti» è un esempio di enunciato categorico; l’insieme degli enunciati «Tutte le pecore sono ruminanti», «Dolly è una pecora» quindi «Dolly è ruminante» è invece un esempio di ragionamento sillogistico dimostrativo che conclude che «Dolly è ruminante» partendo dalle premesse «Tutte le pecore sono ruminanti» e «Dolly è una pecora».

Quello sillogistico, però, non è l’unico sistema per rappresentare, o in base al quale produrre, ragionamenti validi. Un altro utilissimo e interessantissimo sistema per apprendere come ragionare in modo corretto, e per riflettere sulle strutture del ragionamento, è quello della logica proposizionale o enunciativa. Sebbene anche in questo caso Aristotele avesse esposto importanti principi per la logica proposizionale, furono gli aderenti ad un’altra importante scuola filosofica ad approfondirne lo studio: gli stoici (III a.C. – II d.C.), chiamati così perché si adunavano nella Stoà Poikìle, Portico Dipinto o Portico di Peisianatte.

La logica proposizionale, a differenza della logica sillogistica, non riguarda il legame fra i termini di un ragionamento, bensì il rapporto tra le proposizioni. Quindi, la logica proposizionale, anziché focalizzarsi su ragionamenti quali «Tutti gli uomini sono mortali», «Socrate è un uomo» quindi «Socrate è mortale», che formalmente si riduce a «Tutti gli S sono P», «Z è un S» quindi «Z è P», è interessata a ragionamenti quali «O i fantasmi esistono o i fantasmi sono frutto dell’immaginazione», «I fantasmi non esistono» quindi «I fantasmi sono frutto dell’immaginazione». Questo ragionamento, composto da una premessa disgiuntiva – O i fantasmi esistono o i fantasmi sono frutto dell’immaginazione –, dalla negazione di uno dei due enunciati della premessa disgiuntiva – I fantasmi non esistono – e dalla conclusione dell’altro enunciato che compone la premessa disgiuntiva – I fantasmi sono frutto dell’immaginazione – viene formalizzato dalla logica proposizionale nel seguente modo: «P v Q», «non P» quindi «Q».

In questo sistema assumono fondamentale importanza gli operatori logici, ossia quelle parole che permettono di formare enunciati a partire da altri enunciati. Esempi di operatori sono «o», «e», «non», «se...allora» e «a meno che». Ma tralasciamo per ora i più importanti schemi di ragionamento validi che possono formarsi mediante l’utilizzo di tali operatori per concentrarci sulla contraddizione, funzionale a spiegare il ragionamento per riduzione all’assurdo, l’obiettivo pratico di questo articolo.

Per la logica proposizionale una contraddizione è una congiunzione in cui uno dei due enunciati che la compongono è la negazione dell’altro. Esempi di contraddizioni sono «Piove e non piove» oppure «L’agopuntura funziona e non è il caso che l’agopuntura funzioni» oppure ancora «Le bacche di goji sono miracolose e non è il caso che le bacche di goji siano miracolose». In ciascuna di queste congiunzioni il secondo congiunto nega il primo e la loro forma logica comune è la seguente «P ʌ ¬P» dove «ʌ» sta per la congiunzione «e», «¬» sta per la negazione «non» e «P» sta per ciascuno dei due congiunti della contraddizione.

Nella logica proposizionale bivalente, ossia in quella logica che prevede solo due possibili valori di verità per gli enunciati, vero o falso, se dallo sviluppo di un ragionamento deriva una contraddizione, come «P ʌ ¬P» o «L’oroscopo c’azzecca e non è il caso che l’oroscopo c’azzecchi», tale conclusione non può che essere sempre falsa. Proverò a spiegare questo concetto in modo intuitivo, visto che esporre l’impianto teorico alla sua base richiederebbe molto spazio. Assicuro tuttavia che la sua assimilazione non pregiudica la successiva comprensione del ragionamento per riduzione all’assurdo.

Allora, l’operatore logico «e», che in linguaggio formale si traduce in «ʌ», prevede che la congiunzione di due enunciati qualsiasi attraverso di esso sia vera se entrambi gli enunciati congiunti sono veri, e falsa in ogni altro caso. Ad esempio, «Stai leggendo questo articolo e stai leggendo delle parole» è vero se l’enunciato «Stai leggendo questo articolo» è vero e se, nel contempo, anche «Stai leggendo delle parole» è vero. In tutti gli altri casi una congiunzione è logicamente falsa. Sulla base di questa regola logica una contraddizione risulta essere una proposizione sempre falsa. Ad esempio, se l’operatore logico «ʌ», che collega P e ¬P nella contraddizione, prevede che la congiunzione sia falsa ogniqualvolta almeno uno dei due congiunti lo sia, ne consegue che quando l’enunciato P è vero, allora l’enunciato che nega P, ossia ¬P, è falso rendendo in questo modo la congiunzione di P e non P falsa, e quando l’enunciato P è falso, l’enunciato non P, anche se vero, non renderebbe vera la congiunzione «P ʌ ¬P».

Da quanto detto, una contraddizione è quindi un enunciato sempre falso e, certamente, un esito spiacevole e indesiderabile. Ma una contraddizione può svolgere anche una funzione molto importante all’interno della logica bivalente, come nel caso del ragionamento per assurdo. Infatti, se da un enunciato P si può dedurre una contraddizione, allora P non può essere vera e possiamo quindi affermare la sua negazione ¬P. Ad esempio, se assumessimo il seguente enunciato relativistico P «Tutte le opinioni sono valide» potremmo derivare, poiché tutte le opinioni sono valide, anche l’enunciato ¬P «Non tutte le opinioni sono valide». Ma da ciò ne conseguirebbe la contraddizione «P ʌ ¬P» «Tutte le opinioni sono valide e non tutte le opinioni sono valide» legittimandoci quindi a ritenere falso l’enunciato «Tutte le opinioni sono valide» e con esso il relativismo di cui sarebbe espressione.

Il ragionamento per riduzione all’assurdo è un ragionamento importante in molti ambiti del sapere e dell’agire, dalla matematica alla politica, perché utilizzabile non solo con enunciati teorici ma anche con enunciati che indicano processi o pratiche. La sua funzione è di provare che un certo punto di vista è corretto mostrando che l’opposto è errato. In altre parole il ragionamento per riduzione all’assurdo cerca di stabilire un enunciato derivando una “assurdità” dalla sua negazione, implicando così che una tesi deve essere accettata perché il suo rifiuto sarebbe indifendibile. Per riprendere l’esempio precedente per provare la verità dell’enunciato «Non tutte le opinioni sono valide», è necessario assumere l’enunciato opposto «Tutte le opinioni sono valide» e cercare di dedurre da esso una contraddizione. Tale esempio mette in evidenza anche un’altra utilità del ragionamento per assurdo, ossia quella di semplificare la derivazione di conclusioni negative «Non tutte le opinioni sono valide», assumendo la corrispondente proposizione affermativa «Tutte le opinioni sono valide». Per dimostrare l’enunciato ¬P «Non è il caso che il pianeta Nibiru esista» si assume l’enunciato P «Il pianeta Nibiru esiste». Si può assumere ponderatamente anche che se «Il pianeta Nibiru esiste, allora ci sono variazioni delle consuete meccaniche del sistema solare». Ma sappiamo con certezza che «Non ci sono variazioni delle consuete meccaniche del sistema solare». Si rileva pertanto la contraddizione «Ci sono variazioni delle consuete meccaniche del sistema solare e non ci sono variazioni delle consuete meccaniche del sistema solare» che ci legittima a concludere che, quindi, «Non è il caso che il pianeta Nibiru esista».

Riferimenti bibliografici


  • Lemmon, E. J. (2009). Elementi di logica, con gli esercizi risolti. Roma, Bari: Laterza.
  • Groarke, L. A., e Tindale, W. C. (2008). Good Reasoning Matters! Ontario: Oxford University Press.

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