La notte del 14 agosto 1963 due giovani malviventi, Dennis Whitty e Russell Pascoe, s’introdussero in una fattoria isolata della Cornovaglia, dove viveva l’anziano contadino William Garfield Rowe, lo uccisero a sprangate e cominciarono a rovistare dappertutto in cerca delle migliaia di sterline che, secondo i pettegolezzi di paese, l’uomo conservava in casa.
Non trovarono quasi nulla: quattro o cinque banconote di piccolo taglio, alcuni orologi, qualche scatola di fiammiferi. I due arraffarono quel deludente bottino e scapparono, per essere arrestati pochi giorni dopo, processati e condannati a morte; la sentenza fu eseguita l’anno dopo, una delle ultime esecuzioni capitali avvenute in Inghilterra.
Un crimine come, purtroppo, ce ne sono tanti; ma l’interesse di questa storia sta nella straordinaria vita della vittima.
William Garfield Rowe era nato nel 1899 in una modesta famiglia di contadini che viveva in una fattoria isolata della Cornovaglia. Era cresciuto senza quasi mai uscire da quel mondo chiuso, lavorando la terra insieme al padre e ai fratelli, dominato da una madre energica e autoritaria, finché nel 1917 fu chiamato alle armi nella Royal Artillery; partì, ma una settimana dopo era di ritorno alla fattoria: aveva disertato. Fu arrestato qualche tempo dopo, condannato a una breve reclusione in un penitenziario da cui, dieci giorni dopo, riuscì a evadere tornando un’altra volta a casa.
Stavolta, però, se lo avessero ripreso le conseguenze sarebbero state ben più gravi: la Corte Marziale avrebbe potuto condannarlo a morte.
Fu così che mamma Rowe decise di nascondere il figlio. La donna radunò la famiglia e fece giurare al marito e ai figli che mai e per nessun motivo avrebbero rivelato la presenza in casa di William.Quando qualcuno chiedeva notizie, la risposta era sempre la medesima: è morto in combattimento. Quando le autorità si mostravano curiose, la famiglia rispondeva che non ne sapeva nulla.
Passarono gli anni: l’interesse della polizia e della gente svanì ma William continuò a rimanere nell’oscurità, nel silenzio dei familiari. Scoppiò la Seconda guerra mondiale, finì, Rowe ne seguì gli sviluppi dal suo nascondiglio. Nel 1949 morì il vecchio Rowe, lasciando in eredità 5.000 sterline al figlio Stanley, che impiegò la somma per comprare una fattoria ancora più solitaria e isolata: Nanjarrow Farm. Il trasferimento di William avvenne nascondendolo sotto un mucchio di stracci, su di un carro agricolo.
Stanley morì nel 1954, mamma Rowe nel 1956, e proprio in quell’anno la Regina annunciò l’amnistia per tutti i disertori delle due guerre mondiali. William, finalmente, poté presentarsi alla polizia: ottenne nuovi documenti e fu rimandato a casa.
Era finalmente libero, ma i lunghi anni di reclusione avevano lasciato il segno. Continuò a vivere in un’unica stanza, la cucina, e a uscire da casa soltanto alle prime ombre della sera. Continuò anche a non fidarsi di nessuno, banche comprese, così che a un certo punto dovette decidere cosa fare del discreto gruzzolo che aveva ereditato dal padre e dal fratello: decise di cambiare tutto in banconote da cinque sterline e di nasconderle.
Molte erano le voci che correvano sul “vecchio matto”, come i paesani chiamavano William, ma tutte concordavano nell’affermare che la sua casa era piena di soldi (come abbiamo visto, furono tali voci a motivare all’azione Pascoe e Whitty); le autorità non avevano mai dato peso alle chiacchiere ma, dopo il crimine, quando la polizia si mise alla ricerca d’indizi, si scoprì che la diceria popolare poggiava su solide basi. È una storia quasi incredibile. Uno degli investigatori inviati da Scotland Yard trovò in un cassetto un vecchio libro intitolato Come studiare lo spagnolo. Poco dopo trovò due pagine di quaderno scritte, anch’esse, in spagnolo, e contenenti alcune indicazioni per trovare i soldi di William Rowe. In breve: nella sua sfiducia verso tutto e tutti, il vecchio misantropo aveva studiato lo spagnolo, nascosto nei posti più impensabili i suoi soldi e annotato in quella lingua su due fogli l’indicazione dei diversi nascondigli. Si era servito di uno speciale codice perché nessuno, oltre a lui, potesse leggere il documento, e senza dubbio aveva fatto un buon lavoro.
«Avanzare tre passi in avanti dal cancello del porcile, scavare un metro»: queste parole, per esempio, condussero i detective a una cassaforte sepolta e contenente mille sterline.
La polizia inglese non rivelò mai la somma esatta ritrovata, ma si suppose che si trattasse di parecchie migliaia di sterline: il tesoro del fantasma esisteva veramente.
Non trovarono quasi nulla: quattro o cinque banconote di piccolo taglio, alcuni orologi, qualche scatola di fiammiferi. I due arraffarono quel deludente bottino e scapparono, per essere arrestati pochi giorni dopo, processati e condannati a morte; la sentenza fu eseguita l’anno dopo, una delle ultime esecuzioni capitali avvenute in Inghilterra.
Un crimine come, purtroppo, ce ne sono tanti; ma l’interesse di questa storia sta nella straordinaria vita della vittima.
William Garfield Rowe era nato nel 1899 in una modesta famiglia di contadini che viveva in una fattoria isolata della Cornovaglia. Era cresciuto senza quasi mai uscire da quel mondo chiuso, lavorando la terra insieme al padre e ai fratelli, dominato da una madre energica e autoritaria, finché nel 1917 fu chiamato alle armi nella Royal Artillery; partì, ma una settimana dopo era di ritorno alla fattoria: aveva disertato. Fu arrestato qualche tempo dopo, condannato a una breve reclusione in un penitenziario da cui, dieci giorni dopo, riuscì a evadere tornando un’altra volta a casa.
Stavolta, però, se lo avessero ripreso le conseguenze sarebbero state ben più gravi: la Corte Marziale avrebbe potuto condannarlo a morte.
Fu così che mamma Rowe decise di nascondere il figlio. La donna radunò la famiglia e fece giurare al marito e ai figli che mai e per nessun motivo avrebbero rivelato la presenza in casa di William.Quando qualcuno chiedeva notizie, la risposta era sempre la medesima: è morto in combattimento. Quando le autorità si mostravano curiose, la famiglia rispondeva che non ne sapeva nulla.
Passarono gli anni: l’interesse della polizia e della gente svanì ma William continuò a rimanere nell’oscurità, nel silenzio dei familiari. Scoppiò la Seconda guerra mondiale, finì, Rowe ne seguì gli sviluppi dal suo nascondiglio. Nel 1949 morì il vecchio Rowe, lasciando in eredità 5.000 sterline al figlio Stanley, che impiegò la somma per comprare una fattoria ancora più solitaria e isolata: Nanjarrow Farm. Il trasferimento di William avvenne nascondendolo sotto un mucchio di stracci, su di un carro agricolo.
Stanley morì nel 1954, mamma Rowe nel 1956, e proprio in quell’anno la Regina annunciò l’amnistia per tutti i disertori delle due guerre mondiali. William, finalmente, poté presentarsi alla polizia: ottenne nuovi documenti e fu rimandato a casa.
Era finalmente libero, ma i lunghi anni di reclusione avevano lasciato il segno. Continuò a vivere in un’unica stanza, la cucina, e a uscire da casa soltanto alle prime ombre della sera. Continuò anche a non fidarsi di nessuno, banche comprese, così che a un certo punto dovette decidere cosa fare del discreto gruzzolo che aveva ereditato dal padre e dal fratello: decise di cambiare tutto in banconote da cinque sterline e di nasconderle.
Molte erano le voci che correvano sul “vecchio matto”, come i paesani chiamavano William, ma tutte concordavano nell’affermare che la sua casa era piena di soldi (come abbiamo visto, furono tali voci a motivare all’azione Pascoe e Whitty); le autorità non avevano mai dato peso alle chiacchiere ma, dopo il crimine, quando la polizia si mise alla ricerca d’indizi, si scoprì che la diceria popolare poggiava su solide basi. È una storia quasi incredibile. Uno degli investigatori inviati da Scotland Yard trovò in un cassetto un vecchio libro intitolato Come studiare lo spagnolo. Poco dopo trovò due pagine di quaderno scritte, anch’esse, in spagnolo, e contenenti alcune indicazioni per trovare i soldi di William Rowe. In breve: nella sua sfiducia verso tutto e tutti, il vecchio misantropo aveva studiato lo spagnolo, nascosto nei posti più impensabili i suoi soldi e annotato in quella lingua su due fogli l’indicazione dei diversi nascondigli. Si era servito di uno speciale codice perché nessuno, oltre a lui, potesse leggere il documento, e senza dubbio aveva fatto un buon lavoro.
«Avanzare tre passi in avanti dal cancello del porcile, scavare un metro»: queste parole, per esempio, condussero i detective a una cassaforte sepolta e contenente mille sterline.
La polizia inglese non rivelò mai la somma esatta ritrovata, ma si suppose che si trattasse di parecchie migliaia di sterline: il tesoro del fantasma esisteva veramente.