Dobbiamo però sempre ricordare che la nostra mente è spesso vittima di illusioni percettive che possono alimentare credenze di ogni tipo. Decido quindi di compiere una piccola indagine. Munito di macchina fotografica, mi reco anch’io sul posto. Saint-Marcel, come dicevo, è un piccolo villaggio (poco più di 1300 abitanti) famoso in tutta la Valle d’Aosta per la produzione di un rinomato prosciutto. Arrivo al castello e parcheggio l’auto; è una giornata uggiosa d’inizio inverno e nei paraggi non c’è anima viva. Comincio a scrutare le finestre che danno sulla strada di accesso confrontandole con quella pubblicata sul giornale, ma nessuna di esse sembra combaciare con la finestra della foto. Decido allora di ispezionare meglio la zona recandomi nella parte posteriore dell’edificio. Sono presenti alcune impalcature da cantiere, probabilmente perché è in corso qualche timido tentativo di ristrutturazione. Bastano pochi passi e finalmente riesco a trovare la finestra giusta, quella dove la sensitiva ha fotografato il fantasma. Si tratta in realtà di una porta-finestra, con la parte inferiore in legno e quella superiore in vetro. Osservando la foto della sensitiva, preventivamente aperta sullo schermo del mio smartphone, cerco di posizionarmi alla stessa distanza e inizio a scattare alcune foto con la mia reflex. Come immaginavo, il fantasma è ancora lì!
Ovviamente la soluzione è piuttosto semplice: si tratta infatti di pareidolia[2] dovuta allo stato in cui versa il vetro: impolverato e sporco. Certo, bisogna dire che ora la porta-finestra è stata rinforzata tramite l’aggiunta di un pannello di compensato appena dietro al vetro. Questa modifica rende il “fantasma” meno evidente, ma confrontando attentamente la foto appena fatta con quella comparsa sul giornale si notano ancora gli aloni che hanno alimentato l’inganno della mente.
A questo punto è opportuno fare due importanti riflessioni. Primo: io non sono un sensitivo e non ho avuto alcuna «esoterica sensazione». Secondo: o il fantasma del castello è talmente collaborativo da mettersi in bella posa (sempre la stessa) ogni volta che qualcuno si reca sul posto e scatta una foto, oppure quell’immagine è il frutto di una semplice illusione ottica.
Tornato a casa, scrivo alla redazione del giornale esponendo quella che, in un’ottica più razionale, potrebbe essere la probabile soluzione del mystero.
La settimana seguente è uscito un contro-articolo, a firma dello stesso giornalista, con la spiegazione da me fornita in occasione di un incontro avvenuto in redazione ad Aosta.