Una nuova luna per la Terra

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  • 06-05-2021
  • di Albino Carbognani
Che la Luna sia l’unico satellite naturale della Terra è un dato di fatto. In realtà andrebbe aggiunto l’aggettivo “permanente”. In effetti la Terra per un po’ ha acquisito una seconda luna, anche se temporanea: si tratta dell’ex asteroide near-Earth 2020 SO, un oggetto che, per circa 3 mesi, ha orbitato attorno al nostro pianeta. Un evento raro, ma non eccezionale: negli ultimi 30 anni il fenomeno della cattura di piccoli corpi che sono diventati nostri satelliti temporanei si è già verificato più di una volta. In questo articolo vediamo in che cosa consiste questo fenomeno e quale sia la reale natura di 2020 SO.

La storia è maestra di vita, ma nel nostro caso un piccolo excursus storico ci aiuterà a inquadrare meglio il tutto. Era il 6 novembre 1991 quando venne scoperto 1991 VG, un piccolo asteroide near-Earth con un’orbita eliocentrica molto simile a quella della Terra. Un asteroide è considerato un near-Earth quando la minima distanza fra l’orbita dell’asteroide e quella della Terra è pari o inferiore a 0,3 UA, circa 45 milioni di km. Questi asteroidi che, in ultima analisi, provengono dalla fascia principale – collocata nella regione di spazio fra le orbite di Marte e Giove – possono avere una probabilità di collisione con la Terra diversa da zero: per questo motivo sono cercati e studiati con molta attenzione dagli astronomi. Gli asteroidi near-Earth noti sono circa 25.000, con dimensioni che vanno dal metro alla decina di km. Complessivamente, se ne stima una popolazione di diversi milioni, la maggior parte dei quali – specialmente i più piccoli – si muovono su orbite eliocentriche ancora del tutto sconosciute.
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Figura 1 – L’orbita eliocentrica seguita da 2020 SO (in grigio). L’orbita in azzurro è quella della Terra, il puntino giallo al centro è il Sole (JPL Small-Body Database Browser)

Tornando a noi, 1991 VG fu il primo esempio – mai osservato – di asteroide avente una bassa velocità relativa con il nostro pianeta e quindi potenzialmente in grado di essere catturato – temporaneamente – dal campo gravitazionale terrestre. La scoperta diede il via a un dibattito sulla sua origine: poteva essere il primo di una nuova classe di asteroidi near-Earth, un ejecta di qualche cratere lunare scagliato nello spazio, lo stadio di un razzo di qualche missione lunare, oppure uno space debris. Non mancarono ipotesi fantasiose, come quella che considerava 1991 VG una sonda aliena avente per scopo la sorveglianza del pianeta. Ovviamente non fu portato nessun dato a sostegno di questa tesi, che cadde presto nel dimenticatoio.

Dopo averne osservato un secondo flyby vicino alla Terra il 30 maggio 2017 – che ha permesso di conoscere meglio l’orbita – ora sappiamo che per circa un mese, a cavallo fra il 1991 e il 1992, questo piccolo asteroide divenne una seconda luna temporanea della Terra (de la Fuente, 2018). Altri asteroidi noti e dinamicamente simili a 1991 VG sono i near-Earth 2001 GP2, 2008 UA202 e 2014 WA366, anch’essi destinati – prima o poi – a diventare satelliti temporanei terrestri. Questi dati inducono a pensare che la Terra stia orbitando attorno al Sole immersa in una “nube” di piccoli asteroidi – per lo più sconosciuti – con cui condivide l’orbita.

Fra gli eventi più recenti di satelliti temporanei terrestri si può citare l’asteroide 2006 RH120, in orbita polare attorno alla Terra dal luglio 2006 al luglio 2007 e l’asteroide 2020 CD3, satellite circa dal 2016 (la data esatta è incerta) al maggio 2020.

Come si vede, mentre nel 1991 la scoperta di un near-Earth con orbita molto simile a quella terrestre era una cosa inconsueta, oggi conosciamo diversi asteroidi che condividono l’orbita con il nostro pianeta e il conseguente fenomeno delle “lune temporanee” è considerato inusuale, ma non impossibile.
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Figura 2 – La traiettoria geocentrica di 2020 SO che per alcuni mesi è diventato un satellite temporaneo della Terra prima di tornare in orbita eliocentrica. L’anello che circonda la Terra è la fascia dei satelliti geostazionari, oltre è visibile l’orbita della Luna (Crediti: NASA/JPL Caltech).

Il 17 settembre 2020 il telescopio Pan-Starrs 1 scoprì quello che sembrava un nuovo asteroide. Il giorno successivo, dopo le conferme di routine da parte di altri osservatori, l’oggetto fu denominato ufficialmente 2020 SO dal Minor Planet Center. In base alla luminosità misurata al telescopio, le dimensioni stimate andavano dai 4 ai 12 metri di diametro (a seconda del valore di riflettività assunta), quindi questo corpo appariva del tutto simile a un piccolo asteroide, uno fra i milioni che si stimano essere in orbita attorno al Sole. Dal punto di vista orbitale 2020 SO si comporta come un asteroide near-Earth di tipo Apollo, ossia avente l’orbita prevalentemente esterna a quella terrestre.

Quest’ultima è a bassissima eccentricità e quasi giacente sul piano dell’eclittica: in pratica 2020 SO segue un’orbita molto simile a quella della Terra. Come near-Earth ha una particolarità: la velocità relativa alla Terra è davvero molto bassa, dell’ordine di 0,5 km/s. Si tratta di un valore paragonabile alla velocità orbitale della Luna, che vale circa 1 km/s.

A volte un valore così basso per la velocità relativa indica un’origine di tipo terrestre, ossia poteva essere space-junk, come subito sospettato dai ricercatori del Center for Near-Earth Object Studies (CNEOS) del Jet Propulsion Laboratory della NASA.

A metà novembre, 2020 SO era a soli 1,3 milioni di km dalla Terra e si stava avvicinando al nostro pianeta: in effetti si trovava nella sfera di Hill e da lì in poi è diventato, per circa 3 mesi, una seconda luna. La sfera di Hill di un pianeta è quella regione all’interno della quale la forza di gravità del pianeta è superiore a quella del Sole e il moto di un terzo corpo dipenderà in prevalenza dal pianeta, mentre il Sole agirà solo come un corpo perturbatore. In pratica, è la regione all’interno della quale può esistere un satellite del pianeta. Nel caso della Terra il raggio della sfera di Hill vale circa 1,5 milioni di km.

Seguendo la sua traiettoria geocentrica attorno alla Terra, 2020 SO ha effettuato un primo flyby il 1° dicembre 2020 a una distanza nominale di circa 55.000 km, ossia poco all’esterno della fascia dei satelliti geocentrici. Passati circa due mesi, ha fatto un secondo flyby intorno al 2 febbraio 2021, a una distanza nominale di circa 220.000 km. Dopo questo secondo passaggio ravvicinato l’asteroide si è allontanato definitivamente dalla Terra uscendo dalla sfera di Hill.

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Figura 3 – Un esemplare del secondo stadio del razzo Atlas-Centaur usato per inviare il Surveyor 2 verso la Luna. In base alle osservazioni astrometriche e spettroscopiche, 2020 SO ha questo aspetto (Crediti: NASA).
Pur arrivando molto vicino al nostro pianeta, 2020 SO è stato assolutamente invisibile a occhio nudo perché, anche alla minima distanza dalla Terra, brillava come un astro di magnitudine apparente +14,3. Quindi per poterlo osservare visualmente si è reso necessario l’uso di telescopi da almeno 25-30 cm di apertura.

Per verificare l’ipotesi della natura di space-junk di 2020 SO, gli astronomi del Pan-STARRS – insieme a colleghi di tutto il mondo – hanno iniziato a fare osservazioni astrometriche, ossia a prendere misure della posizione in cielo di quest’oggetto. Dall’analisi delle posizioni astrometriche raccolte fino a metà novembre 2020 è risultato che non solo 2020 SO era soggetto alla forza di gravità sia del Sole sia della Terra, ma che era anche sensibile alla pressione esercitata dalla radiazione solare (Carbognani, 2020a).

In pratica, le osservazioni di posizione fatte con i telescopi al suolo (fra cui il “G. D. Cassini” di Loiano dell’Inaf-Oas di Bologna) hanno messo in evidenza una piccola discrepanza fra le posizioni attese sulla sfera celeste – tenendo conto della sola forza di gravità – e quelle realmente misurate. La discrepanza rientrava nelle tolleranze solo aggiungendo una forza di tipo non-gravitazionale, come la pressione della radiazione solare. Questo indica un rapporto superficie/massa molto elevato, compatibile con un razzo vuoto all’interno. Date le dimensioni di alcuni metri, l’ipotesi più probabile per spiegare questa caratteristica era che si trattasse proprio di un relitto delle missioni lunari. Il maggiore indiziato era il secondo stadio del razzo Atlas-Centaur che fu lanciato il 20 settembre 1966 per portare la sonda Surveyor 2 sulla superficie lunare. La missione non ebbe esito positivo e del secondo stadio non si seppe più nulla (presumibilmente entrò in orbita eliocentrica).

Approfittando del primo passaggio al perigeo, avvenuto il 1° dicembre 2020 a circa 55mila km dalla Terra, due team di astronomi hanno potuto analizzare con gli spettroscopi – in modo indipendente – la radiazione solare riflessa da 2020 SO e i risultati sono coerenti con quello che ci si aspetta da una superficie metallica esposta per anni nello spazio. Il primo team era guidato da Vishnu Reddy, professore associato presso il Lunar and Planetary Laboratory dell’Università dell’Arizona, che ha eseguito osservazioni spettroscopiche utilizzando l’IRTF (Infrared Telescope Facility) della NASA, posto sul monte Maunakea (Hawaii). L’IRTF è un telescopio da 3,2 metri di diametro ottimizzato per le osservazioni nella regione infrarossa dello spettro. Data la poca luminosità dell’oggetto, sono state fatte osservazioni anche con LBT, il Large Binocular Telescope. Inizialmente, i dati sullo spettro di 2020 SO sono stati confrontati con quelli dell’acciaio inossidabile 301, il materiale con cui sono stati realizzati i booster Centaur negli anni ’60, ma non c’era una corrispondenza perfetta. Reddy e il suo team hanno insistito, rendendosi conto che la discrepanza nei dati dello spettro poteva essere dovuta al fatto che l’acciaio del razzo era stato esposto alle dure condizioni dello spazio (bombardamento continuo da parte dei raggi cosmici e della radiazione Uv, X e gamma solare) per 54 anni di seguito. Per questo motivo, hanno ripreso lo spettro di un razzo Centaur D, lanciato nel 1971 e ancora in orbita geocentrica. Confrontando questo spettro con quello di 2020 SO gli astronomi ne hanno constatato la perfetta sovrapposizione, concludendo così che 2020 SO è un razzo Centaur invecchiato dall’esposizione spaziale (un po’ come succede anche alla superficie degli asteroidi).

Il secondo team, guidato da Benjamin Weiner, ha osservato 2020 SO dal MMT Observatory, usando lo spettrografo Binospec applicato al telescopio da 6,5 metri di diametro dell’osservatorio (l’ex Multiple Mirror Telescope). Le osservazioni spettroscopiche sono state fatte il 16, 20 e 21 novembre 2020 prendendo come confronto anche lo spettro dell’asteroide di tipo S (15) Eunomia. Fra i due spettri c’è una differenza nella parte rossa, ossia 2020 SO è più rosso di Eunomia. Questo ha portato a confrontare lo spettro di 2020 SO con quello di 2010 KQ, un ex asteroide near-Earth che si sospetta fortemente essere il razzo di una missione spaziale sovietica degli anni '70 non ancora ben identificata perché l’orbita è poco conosciuta (Miles, 2011). Lo spettro di questi due oggetti risulta identico e questo ha convinto gli astronomi del MMT che 2020 SO è davvero lo stadio di un razzo. Il 3 dicembre Weiner e colleghi hanno pubblicato un Astronomer Telegram che illustra, sinteticamente, i risultati ottenuti (la news della NASA sui risultati di Reddy è del 2 dicembre). Come si vede, in modo indipendente, due gruppi di astronomi sono giunti alle stesse conclusioni (Carbognani, 2020b).

Ci sono già dei precedenti di oggetti near-Earth inizialmente scambiati per asteroidi e poi rivelatisi space-junk. A parte il già citato caso di 2010 KQ, c’è anche il terzo stadio del Saturn V che portò la missione Apollo 12 sulla Luna, scoperto il 3 settembre 2002 e inizialmente scambiato per un asteroide (Webster, 2002).
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Figura 4 – Lo space-junk 2020 SO – indicato dalla freccia rossa – ripreso fra la notte del 7 e 8 novembre 2020, quando era a circa 1,5 milioni di km dalla Terra, con il telescopio “G.D. Cassini” della stazione di Loiano dell’INAF-OAS. Le strisce sono le stelle di fondo, il puntino è l’asteroide con una magnitudine apparente di +19,8 (A. Carbognani/INAF-OAS).

Riferimenti bibliografici

  • A. Carbognani, A volte ritornano: avremo per luna un razzo anni ’60, Media INAF, 13 novembre 2020a. https://bit.ly/2OWPq0o
  • A. Carbognani, C’è la conferma: 2020 SO è un vecchio razzo, Media INAF, 4 dicembre 2020b. https://bit.ly/3uQwRKu
  • C. de la Fuente Marcos, R. de la Fuente Marcos, Dynamical evolution of near-Earth asteroid 1991 VG, MNRAS 473, 2939–2948 (2018).
  • R. Miles, The unusual case of 'asteroid’ 2010 KQ: A newly-discovered artificial object +orbiting the Sun, Journal of the British Astronomical Association 121, 6 (2011).
  • G. Webster, Lab confirms Earth orbit of Apollo rocket stage, Universe JPL, September 27, 2002.
  • B. Weiner et al., Astronomer Telegram, disponibile all’url: https://bit.ly/32hbZ2N

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