La leggenda dei paleoastronauti tra pseudoscienza e fiction

  • In Articoli
  • 06-04-2023
  • di Sofia Lincos
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Almanacco della fantarcheologia
a cura di Fabio Camilletti
Odoya, Città di Castello, 2022
pp. 304, euro 22,00


Il volume consiste in una raccolta di nove saggi piuttosto diversi tra loro per taglio e stile, alcuni dei quali davvero interessanti, sul tema dell’archeologia misteriosa. Il filo conduttore dei diversi capitoli è dato dalla figura di Peter Kolosimo (1922-1984), giornalista, scrittore di misteri vari, autore di libri di paleoastronautica (l’idea, cioè, che gli alieni ci abbiano visitati in un lontano passato).

Si parte con due saggi che si occupano dei precursori dell’opera di Kolosimo. Il primo, firmato da Giulia Iannuzzo, è un interessante compendio sul concetto di “rovina” e sul suo uso nella letteratura d’anticipazione tra 1700 e 1900. Il secondo, di Marco Malvestio, analizza invece la vita e le idee di Luigi Rapuzzi, uno dei pochi scrittori italiani pubblicati da Urania, e autore di due romanzi di fantascienza dagli indubbi risvolti fantarcheologici.

Si passa poi a una sezione biografica su Kolosimo, con due saggi firmati da Roberto Labanti e Marco Ciardi (che ne analizzano infanzia e giovinezza, tra il 1922 e il 1966) e da Edoardo Russo (che si focalizza invece sugli anni torinesi dello scrittore e sui suoi rapporti con alcuni esponenti della “Torino magica”). Molto interessante il primo, che permette di far chiarezza sulle tante versioni date da Kolosimo sulle sue origini, l’arruolamento nell’esercito tedesco e la fuga dall’allora Jugoslavia comunista, distinguendo tra affermazioni supportate da documenti e ciò che probabilmente è la sua personale, multiforme costruzione del personaggio. In questa sezione, stupisce un po’ che manchi un capitolo dedicato proprio alle opere di Kolosimo e alle sue tesi; probabilmente la conoscenza dei libri di questo autore è stata data un po’ per scontata, vista la grande popolarità che conobbe a suo tempo, ma questo potrebbe non valere per i lettori più giovani.

Paolo Fiorino firma invece due pezzi che hanno a che fare soprattutto con la fantarcheologia torinese: il primo riguarda il mito del monte Musinè come “montagna degli alieni”, ma anche luogo di graffiti, coppelle e massi erratici, molti dei quali frutto di interpretazioni forzate o veri e propri falsi; il secondo riguarda invece la leggenda di Rama, presunta città megalitica che sarebbe sorta nel 10.000 a.C. in val Susa, per poi scomparire in un diluvio. In entrambi i casi l’autore fa un buon lavoro nel ricostruire l’ambiente in cui sono nate queste credenze, i personaggi che vi ruotavano intorno e la mancanza di riscontri scientifici - anche se il linguaggio allusivo e ricco di riferimenti personali rende a volte difficile seguire il filo del discorso ed estrarne la portata generale.

Si passa poi al saggio di Stefano Bigliardi, forse il più riuscito dell’intera raccolta. Pur partendo da una domanda specifica (il rapporto con la religione di alcuni autori di fantarcheologia), il capitolo riesce a delineare per sommi capi le differenze nel pensiero di scrittori come Peter Kolosimo, Robert Charroux, Jean Sendy, Erich von Däniken e Mauro Biglino. Bigliardi riesce a mettere in evidenza le derive più oscure della paleoastronautica, come le sue contaminazioni con razzismo, antisemitismo e cospirazionismo. Completa il tutto una bella rassegna delle ragioni per cui l’archeologia misteriosa è una pseudoscienza, e su come finisca per essere più dogmatica della teologia, interpretando in senso letterale e iperrealistico libri sacri e rappresentazioni artistiche del passato.

La parte sugli epigoni di Kolosimo è firmata da Roberto Batisti, che analizza le teorie di Felice Vinci, secondo il quale isole e città citate nei poemi omerici farebbero in realtà riferimento a luoghi del Baltico (a partire dalla stessa Troia, identificata nel villaggio finlandese di Toija). Una buona attenzione è riservata ai problemi delle teorie di Vinci, che sfrutta paralleli linguistici ed etimologie basate su assonanze, ma senza seguire i metodi degli studiosi.

Delude il capitolo finale affidato a Paola Papetti. Il pezzo - che avrebbe forse dovuto tirare le fila dell’Almanacco - scade in derive irrazionalistiche e in adesioni acritiche a teorie “di confine”. Diverse pagine sono dedicate all’asteroide 'Oumuamua e alle congetture dell’astrofisico Avi Loeb, secondo cui questo corpo celeste potrebbe essere una sonda aliena (le idee di Loeb non sono accettate dalla stragrande maggioranza della comunità scientifica). I libri di Kolosimo sono presentati come una nuova forma di fantascienza, che farebbe da contraltare a una scienza arida e priva di interesse (Kolosimo viene definito «un divulgatore della visione, del sogno di un Universo molto più interessante di quello che la scienza ci propone fin qui»). Per poi arrivare a dire che «l’archeologia misteriosa solletica la stessa parte del cervello delle storie belle, ben scritte e interessanti come appunto quelle di Tolkien, Lovecraft, Dick o Dumas». Per fortuna, il lettore, messo sul chi va là dai saggi precedenti, difficilmente cadrà nell’inganno.
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