Come si esaminano delle facoltà paranormali che non sono mai state accertate in precedenza da nessuno? All’epoca del mio apprendistato con James Randi, egli mi spiegò che bisogna attenersi alle regole dell’approccio scientifico e cercare di semplificare al massimo gli esperimenti per evitare di avere troppe variabili da controllare. Inoltre, occorre ideare test capaci di escludere ogni possibile spiegazione di tipo normale.
Per esempio, in occasione di un programma televisivo ci capitò di esaminare i presunti poteri paranormali di tale Barbara Martin, un’esperta di “lettura dell’aura”, che sosteneva di poter vedere un alone di luce colorata intorno alle persone. L’idea che esista una sorta di campo o radiazione luminosa invisibile che circonderebbe il corpo umano è molto diffusa tra chi ritiene plausibile l’esistenza di “energie” magiche, mai documentate dalla scienza. Nemmeno l’aura, infatti, è mai stata registrata da alcuno strumento scientifico.
Le fotografie di mani, foglie o persone circondate da aloni o luminosità, come quelle ottenute con la tecnica Kirlian, sono in realtà dovute al fatto che secondo questa tecnica una scarica elettrica viene fatta passare attraverso la pellicola e l’alone che rimane impresso è dovuto ai gas diffusi nell’aria attorno all’oggetto fotografato, ionizzati dal campo elettrico. A seconda della natura dei gas presenti in quel momento, l’alone potrà assumere una colorazione gialla (se prevale l’ossigeno), blu (l’azoto), arancione (il neon) o rosso (gli idrocarburi). Qualunque cosa venga fotografata, non solo di natura biologica, mostrerà un alone colorato, che si tratti di una scarpa, di una chiave inglese o di un bottone.
E, dunque, come si misura qualcosa che non si vede e non si può individuare con nessuno strumento scientifico? «È semplice», mi disse Randi: «Noi non dobbiamo determinare se esiste l’aura, ma dobbiamo capire se la signora Martin vede davvero qualcosa che le sue speciali facoltà le consentono di riconoscere oppure se è solo suggestione». A chiunque, infatti, può capitare di vedere aloni o luminosità intorno a persone o oggetti, ma si tratta più che altro di effetti ottici.
L’esperimento escogitato da Randi era particolarmente ingegnoso. Poiché Barbara Martin sosteneva che l’aura si estendeva a circa dieci centimetri dalla sommità della testa, fu chiesto ad alcune persone della stessa altezza di nascondersi dietro dieci pannelli di legno alti quanto loro. In tal modo, le persone sarebbero rimaste nascoste dai pannelli, ma Martin avrebbe potuto vedere l’eventuale aura spuntare sopra di essi. Mentre lei era in un’altra stanza, fu estratto a sorte quante persone si sarebbero nascoste e dietro a quali pannelli. Una volta rientrata, la donna avrebbe dovuto osservare i pannelli, vedere da dove spuntava l’aura e, quindi, indicare dietro a quali si trovavano le persone “proprietarie” di quell’aura. Avendo per ogni pannello una probabilità su due di indovinare anche solo per caso, perché l’esperimento avesse valore statistico Martin avrebbe dovuto indovinare se una persona si nascondeva o meno dietro ciascun pannello almeno otto volte su dieci.
Barbara Martin rientrò, si concentrò e, lentamente, disse che vedeva un’aura spuntare dietro ogni pannello: in altre parole, secondo lei dietro ai dieci pannelli c’erano dieci persone. Fu dunque chiesto ai presenti di mostrarsi e si vide che c’erano solo quattro persone: un risultato, quindi, inferiore a quello che avrebbe ottenuto tirando a indovinare.
«È molto facile sbagliarsi e credere che qualcosa sia paranormale quando, in realtà, potrebbero esserci spiegazioni più semplici», mi spiegò Randi: «La signora Martin era sicuramente in buona fede. Per qualche motivo era convinta di poter vedere aloni intorno alle persone e, sulla base di ciò che vedeva, descriveva il carattere di queste persone e, talvolta, faceva anche diagnosi di malattie. E, indovina un po’, spesso ci azzeccava». «Come è possibile?», gli domandai. «Perché l’essere umano è portato a trovare significati in tutto ciò che è vago e indefinito. Chi va da un veggente, un astrologo o anche un 'lettore dell’aura’, per farsi descrivere la sua situazione e magari farsi predire il futuro, tende a cercare un significato nelle parole che ascolta, adattandole alla propria situazione».
È un fenomeno che è stato descritto dallo psicologo americano Bertram Forer e di cui si è parlato spesso anche in questa rivista. Forer acquistò alcune riviste di astrologia, selezionò alcune frasi dagli oroscopi e le combinò, formando un’unica descrizione del carattere, identica nel contenuto per uomini e donne. Forer consegnò il testo ai suoi studenti, raccontando che si trattava di una descrizione del loro carattere, molto specifica, realizzata sulla base dei loro dati di nascita; 16 studenti su 39 affermarono che il brano descriveva in maniera perfetta il loro carattere; gli altri lo giudicarono “quasi perfetto”; il punteggio più basso fu assegnato da cinque studenti che lo definirono solo “buono”.
«Dunque», concluse Randi, «sarebbe stato abbastanza inutile mettere alla prova la capacità della Martin di fare descrizioni generiche e vaghe leggendo “l’aura” delle persone che aveva davanti. Sicuramente in molti si sarebbero riconosciuti, non perché Martin poteva davvero osservare per via paranormale il loro animo, ma per questa tendenza che abbiamo tutti a trovare significati. Ecco perché il nostro esperimento doveva concentrarsi su qualcosa di più facilmente misurabile: indovinare se una persona c’è o non c’è dietro uno schermo non si presta a discussioni, o c’è o non c’è, e lo possono vedere tutti».
Un altro esempio in cui ho visto applicare questa logica fu realizzato per mettere alla prova persone che vantavano facoltà “psicometriche”. Nel mondo del paranormale, con il termine psicometria si indica una presunta forma di conoscenza paranormale relativa a un determinato oggetto, che si manifesterebbe attraverso il contatto con l’oggetto stesso. In una tipica “dimostrazione psicometrica” un sensitivo si fa consegnare un oggetto e descrive le sensazioni o visioni che gli ispira. Anche in questo caso, le dichiarazioni fornite dai sensitivi non si discostano dalle descrizioni vaghe e approssimative tipiche di cartomanti e chiromanti di cui Forer si era occupato nel suo esperimento. Oltre a ciò, bisogna ricordare che se il profilo non corrisponde affatto al proprietario dell’oggetto il sensitivo può dire che forse le sue visioni si riferiscono a un precedente proprietario o, addirittura, a chi ha realizzato l’oggetto. Come si fa quindi a verificare se il sensitivo ha realmente facoltà paranormali?
In occasione di un successivo test in California, con la sensitiva americana Sharon McLaren-Straz, l’idea di Randi, fu, ancora una volta, molto diretta e semplice: poiché la psicometrista afferma di poter “sentire” la storia del proprietario di un oggetto, questo significa che se si troverà di fronte due oggetti appartenenti alla stessa persona, fornirà in entrambi i casi la stessa, identica descrizione. Semplificando ulteriormente il test, si potrebbe considerare l’esperimento riuscito se il sensitivo fosse in grado di accoppiare due oggetti appartenenti alla stessa persona mescolati ad altri oggetti: chiavi di casa, orologi, anelli, portafogli... Oggetti che le persone tendono a portare sempre con sé e che, dunque, ci si aspetta siano impregnati di qualunque cosa i sensitivi sostengono di percepire.
Così, armato di vassoio, e all’insaputa della sensitiva, feci un giro tra i presenti per raccogliere gli oggetti di cui sopra, controllando che non presentassero iniziali, stemmi o altri segni che avrebbero permesso di identificarli come appartenenti alla medesima persona. Feci poi particolare attenzione a non toccare gli oggetti, per evitare di “contaminarli” con le mie... vibrazioni, e li misi in una sacca di velluto. Quindi Sharon McLaren-Straz fu invitata a rientrare nella stanza, le fu consegnata la sacca di velluto con gli oggetti e iniziò a estrarli uno alla volta. Li depose su un tavolo e cominciò ad abbinare ogni orologio e ogni anello con il mazzo di chiavi o il portafogli che, secondo lei, appartenevano alla stessa persona; terminati gli accoppiamenti, si chiese ai legittimi proprietari se erano corretti. Per il calcolo delle probabilità, su dieci persone ci si può aspettare che il soggetto indovini per puro caso in media cinque accoppiamenti. Ovviamente, questo tipo di prove assume rilevanza solo se il soggetto ottiene risultati superiori al puro caso in un numero molto alto di prove. In altre parole, non significa granché se in un esperimento di psicometria un soggetto indovina per una o due volte sette accoppiamenti anziché i cinque casuali; solamente se tale media viene mantenuta su almeno 15 prove il risultato diventa interessante. Inoltre, nel ripetere una prova di psicometria di questo tipo, è necessario impiegare ogni volta dieci persone diverse che forniscano due nuovi oggetti ciascuna.
Il risultato del nostro test? Sharon McLaren-Straz riuscì a realizzare solo due abbinamenti corretti. Nulla di paranormale nemmeno qui.
Estratto e adattato dal libro di Massimo Polidoro "Geniale. 13 lezioni sull’arte di vivere e pensare" (Feltrinelli, 2022)
Per esempio, in occasione di un programma televisivo ci capitò di esaminare i presunti poteri paranormali di tale Barbara Martin, un’esperta di “lettura dell’aura”, che sosteneva di poter vedere un alone di luce colorata intorno alle persone. L’idea che esista una sorta di campo o radiazione luminosa invisibile che circonderebbe il corpo umano è molto diffusa tra chi ritiene plausibile l’esistenza di “energie” magiche, mai documentate dalla scienza. Nemmeno l’aura, infatti, è mai stata registrata da alcuno strumento scientifico.
Le fotografie di mani, foglie o persone circondate da aloni o luminosità, come quelle ottenute con la tecnica Kirlian, sono in realtà dovute al fatto che secondo questa tecnica una scarica elettrica viene fatta passare attraverso la pellicola e l’alone che rimane impresso è dovuto ai gas diffusi nell’aria attorno all’oggetto fotografato, ionizzati dal campo elettrico. A seconda della natura dei gas presenti in quel momento, l’alone potrà assumere una colorazione gialla (se prevale l’ossigeno), blu (l’azoto), arancione (il neon) o rosso (gli idrocarburi). Qualunque cosa venga fotografata, non solo di natura biologica, mostrerà un alone colorato, che si tratti di una scarpa, di una chiave inglese o di un bottone.
E, dunque, come si misura qualcosa che non si vede e non si può individuare con nessuno strumento scientifico? «È semplice», mi disse Randi: «Noi non dobbiamo determinare se esiste l’aura, ma dobbiamo capire se la signora Martin vede davvero qualcosa che le sue speciali facoltà le consentono di riconoscere oppure se è solo suggestione». A chiunque, infatti, può capitare di vedere aloni o luminosità intorno a persone o oggetti, ma si tratta più che altro di effetti ottici.
L’esperimento escogitato da Randi era particolarmente ingegnoso. Poiché Barbara Martin sosteneva che l’aura si estendeva a circa dieci centimetri dalla sommità della testa, fu chiesto ad alcune persone della stessa altezza di nascondersi dietro dieci pannelli di legno alti quanto loro. In tal modo, le persone sarebbero rimaste nascoste dai pannelli, ma Martin avrebbe potuto vedere l’eventuale aura spuntare sopra di essi. Mentre lei era in un’altra stanza, fu estratto a sorte quante persone si sarebbero nascoste e dietro a quali pannelli. Una volta rientrata, la donna avrebbe dovuto osservare i pannelli, vedere da dove spuntava l’aura e, quindi, indicare dietro a quali si trovavano le persone “proprietarie” di quell’aura. Avendo per ogni pannello una probabilità su due di indovinare anche solo per caso, perché l’esperimento avesse valore statistico Martin avrebbe dovuto indovinare se una persona si nascondeva o meno dietro ciascun pannello almeno otto volte su dieci.
Barbara Martin rientrò, si concentrò e, lentamente, disse che vedeva un’aura spuntare dietro ogni pannello: in altre parole, secondo lei dietro ai dieci pannelli c’erano dieci persone. Fu dunque chiesto ai presenti di mostrarsi e si vide che c’erano solo quattro persone: un risultato, quindi, inferiore a quello che avrebbe ottenuto tirando a indovinare.
«È molto facile sbagliarsi e credere che qualcosa sia paranormale quando, in realtà, potrebbero esserci spiegazioni più semplici», mi spiegò Randi: «La signora Martin era sicuramente in buona fede. Per qualche motivo era convinta di poter vedere aloni intorno alle persone e, sulla base di ciò che vedeva, descriveva il carattere di queste persone e, talvolta, faceva anche diagnosi di malattie. E, indovina un po’, spesso ci azzeccava». «Come è possibile?», gli domandai. «Perché l’essere umano è portato a trovare significati in tutto ciò che è vago e indefinito. Chi va da un veggente, un astrologo o anche un 'lettore dell’aura’, per farsi descrivere la sua situazione e magari farsi predire il futuro, tende a cercare un significato nelle parole che ascolta, adattandole alla propria situazione».
È un fenomeno che è stato descritto dallo psicologo americano Bertram Forer e di cui si è parlato spesso anche in questa rivista. Forer acquistò alcune riviste di astrologia, selezionò alcune frasi dagli oroscopi e le combinò, formando un’unica descrizione del carattere, identica nel contenuto per uomini e donne. Forer consegnò il testo ai suoi studenti, raccontando che si trattava di una descrizione del loro carattere, molto specifica, realizzata sulla base dei loro dati di nascita; 16 studenti su 39 affermarono che il brano descriveva in maniera perfetta il loro carattere; gli altri lo giudicarono “quasi perfetto”; il punteggio più basso fu assegnato da cinque studenti che lo definirono solo “buono”.
«Dunque», concluse Randi, «sarebbe stato abbastanza inutile mettere alla prova la capacità della Martin di fare descrizioni generiche e vaghe leggendo “l’aura” delle persone che aveva davanti. Sicuramente in molti si sarebbero riconosciuti, non perché Martin poteva davvero osservare per via paranormale il loro animo, ma per questa tendenza che abbiamo tutti a trovare significati. Ecco perché il nostro esperimento doveva concentrarsi su qualcosa di più facilmente misurabile: indovinare se una persona c’è o non c’è dietro uno schermo non si presta a discussioni, o c’è o non c’è, e lo possono vedere tutti».
Un altro esempio in cui ho visto applicare questa logica fu realizzato per mettere alla prova persone che vantavano facoltà “psicometriche”. Nel mondo del paranormale, con il termine psicometria si indica una presunta forma di conoscenza paranormale relativa a un determinato oggetto, che si manifesterebbe attraverso il contatto con l’oggetto stesso. In una tipica “dimostrazione psicometrica” un sensitivo si fa consegnare un oggetto e descrive le sensazioni o visioni che gli ispira. Anche in questo caso, le dichiarazioni fornite dai sensitivi non si discostano dalle descrizioni vaghe e approssimative tipiche di cartomanti e chiromanti di cui Forer si era occupato nel suo esperimento. Oltre a ciò, bisogna ricordare che se il profilo non corrisponde affatto al proprietario dell’oggetto il sensitivo può dire che forse le sue visioni si riferiscono a un precedente proprietario o, addirittura, a chi ha realizzato l’oggetto. Come si fa quindi a verificare se il sensitivo ha realmente facoltà paranormali?
In occasione di un successivo test in California, con la sensitiva americana Sharon McLaren-Straz, l’idea di Randi, fu, ancora una volta, molto diretta e semplice: poiché la psicometrista afferma di poter “sentire” la storia del proprietario di un oggetto, questo significa che se si troverà di fronte due oggetti appartenenti alla stessa persona, fornirà in entrambi i casi la stessa, identica descrizione. Semplificando ulteriormente il test, si potrebbe considerare l’esperimento riuscito se il sensitivo fosse in grado di accoppiare due oggetti appartenenti alla stessa persona mescolati ad altri oggetti: chiavi di casa, orologi, anelli, portafogli... Oggetti che le persone tendono a portare sempre con sé e che, dunque, ci si aspetta siano impregnati di qualunque cosa i sensitivi sostengono di percepire.
Così, armato di vassoio, e all’insaputa della sensitiva, feci un giro tra i presenti per raccogliere gli oggetti di cui sopra, controllando che non presentassero iniziali, stemmi o altri segni che avrebbero permesso di identificarli come appartenenti alla medesima persona. Feci poi particolare attenzione a non toccare gli oggetti, per evitare di “contaminarli” con le mie... vibrazioni, e li misi in una sacca di velluto. Quindi Sharon McLaren-Straz fu invitata a rientrare nella stanza, le fu consegnata la sacca di velluto con gli oggetti e iniziò a estrarli uno alla volta. Li depose su un tavolo e cominciò ad abbinare ogni orologio e ogni anello con il mazzo di chiavi o il portafogli che, secondo lei, appartenevano alla stessa persona; terminati gli accoppiamenti, si chiese ai legittimi proprietari se erano corretti. Per il calcolo delle probabilità, su dieci persone ci si può aspettare che il soggetto indovini per puro caso in media cinque accoppiamenti. Ovviamente, questo tipo di prove assume rilevanza solo se il soggetto ottiene risultati superiori al puro caso in un numero molto alto di prove. In altre parole, non significa granché se in un esperimento di psicometria un soggetto indovina per una o due volte sette accoppiamenti anziché i cinque casuali; solamente se tale media viene mantenuta su almeno 15 prove il risultato diventa interessante. Inoltre, nel ripetere una prova di psicometria di questo tipo, è necessario impiegare ogni volta dieci persone diverse che forniscano due nuovi oggetti ciascuna.
Il risultato del nostro test? Sharon McLaren-Straz riuscì a realizzare solo due abbinamenti corretti. Nulla di paranormale nemmeno qui.
Estratto e adattato dal libro di Massimo Polidoro "Geniale. 13 lezioni sull’arte di vivere e pensare" (Feltrinelli, 2022)