Gli studiosi di antichità bibliche sanno da tempo che buona parte degli eventi descritti nell’Antico Testamento come fatti dell’Israele antico probabilmente non ha fondamento storico, oppure è narrata in modo tale da rendere impossibile stabilire se corrispondono a realtà. Non molti, per esempio, oggi sostengono con fiducia che vi sia stata una deportazione generale degli ebrei in Babilonia dopo la caduta di Gerusalemme, nel 587 a. C. È molto più probabile, invece, che soltanto un’élite sia stata costretta a trasferirsi nell’odierno Iraq, dove maturò dolorose riflessioni sull’accaduto e mise mano alla formazione del canone biblico.
È su questo sfondo che vanno inquadrate ricerche come quella pubblicata di recente su PLOS ONE[1] da un gruppo di archeologi delle maggiori università israeliane. I metodi elaborati da questi studiosi, in particolare, appaiono promettenti perché consentono di capire come e perché dei materiali antichi sono stati esposti al fuoco.
È quanto è avvenuto sul sito di Tel Zafit, non lontano da Hebron, identificato con la città filistea di Gat. Il Secondo Libro dei Re racconta che Gat sarebbe stata attaccata e presa da re Azaele, un sovrano arameo, che poi avrebbe aggredito Gerusalemme. Storia attendibile o racconto meramente teologico? La risposta dei ricercatori è che, almeno in questo caso, il brano trova riscontro nell’evidenza disponibile grazie appunto alla nuova tecnica di ricerca impiegata a Tel Zafit, che ha permesso di stabilire che i mattoni di fango utilizzati nelle costruzioni erano bruciati in un incendio e alle temperature tipiche di una devastazione bellica.
Il metodo si basa sulla misurazione del campo magnetico terrestre, “conservato” nei mattoni bruciati e poi raffreddati. Di norma i materiali ferromagnetici dei mattoni cotti al Sole rivelano un segnale magnetico debole e non uniforme. Nelle bruciature a temperature da incendio, invece, i mattoni presentano un segnale intenso, allineato con il campo terrestre com’era nel luogo specifico in cui si trovavano e in quel momento storico. Le misurazioni magnetometriche hanno confermato che i mattoni, raffreddandosi, hanno conservato un campo magnetico forte e uniforme: un risultato coerente con l’ipotesi dell’evento bellico e dei conseguenti incendi appiccati dagli assalitori.
La seconda fase della procedura è servita a confermare il primo risultato. Stavolta la tecnica impiegata è stata quella della smagnetizzazione termica. In più fasi di riscaldamento progressivo, il campo magnetico dei mattoni è stato via via “cancellato”. A ogni fase era misurato il segnale magnetico residuo, fino a giungere alla totale cancellazione del campo. La temperatura alla quale il segnale si “sganciava” dai minerali di cui sono composti i mattoni era più o meno quella alla quale in origine era avvenuto l’”aggancio” del campo magnetico. Alla fine, la temperatura a cui il campo risultava cancellato del tutto era la stessa (piuttosto bassa) alla quale i mattoni erano stati bruciati. Il risultato ottenuto nella prima fase è stato così validato: la presenza dei campi dipendeva da un fatto violento, e la conclusione è stata quindi che è molto probabile che Gat sia stata davvero incendiata da re Azaele intorno all’830 a. C.
Il consenso scientifico, sia sul piano archeologico, sia della filologia del testo biblico, è che una larga proporzione degli accadimenti presentati dai redattori biblici antico-testamentari sia il frutto di interpretazioni teologiche delle vicende umane. Il concetto di aderenza ai fatti non era nelle intenzioni di quegli autori; cercare di smentirli non può condurre da nessuna parte. Ma è proprio alla luce di queste considerazioni che sono da accogliere con attenzione casi come quello dei resti della città di Gat, per la quale metodi d’indagine recenti conducono in un’altra direzione: a volte, i testi biblici fanno riferimento a fatti remoti e di portata modesta, che però oggi sono controllabili e suscettibili di conferma.
È su questo sfondo che vanno inquadrate ricerche come quella pubblicata di recente su PLOS ONE[1] da un gruppo di archeologi delle maggiori università israeliane. I metodi elaborati da questi studiosi, in particolare, appaiono promettenti perché consentono di capire come e perché dei materiali antichi sono stati esposti al fuoco.
È quanto è avvenuto sul sito di Tel Zafit, non lontano da Hebron, identificato con la città filistea di Gat. Il Secondo Libro dei Re racconta che Gat sarebbe stata attaccata e presa da re Azaele, un sovrano arameo, che poi avrebbe aggredito Gerusalemme. Storia attendibile o racconto meramente teologico? La risposta dei ricercatori è che, almeno in questo caso, il brano trova riscontro nell’evidenza disponibile grazie appunto alla nuova tecnica di ricerca impiegata a Tel Zafit, che ha permesso di stabilire che i mattoni di fango utilizzati nelle costruzioni erano bruciati in un incendio e alle temperature tipiche di una devastazione bellica.
Il metodo si basa sulla misurazione del campo magnetico terrestre, “conservato” nei mattoni bruciati e poi raffreddati. Di norma i materiali ferromagnetici dei mattoni cotti al Sole rivelano un segnale magnetico debole e non uniforme. Nelle bruciature a temperature da incendio, invece, i mattoni presentano un segnale intenso, allineato con il campo terrestre com’era nel luogo specifico in cui si trovavano e in quel momento storico. Le misurazioni magnetometriche hanno confermato che i mattoni, raffreddandosi, hanno conservato un campo magnetico forte e uniforme: un risultato coerente con l’ipotesi dell’evento bellico e dei conseguenti incendi appiccati dagli assalitori.
La seconda fase della procedura è servita a confermare il primo risultato. Stavolta la tecnica impiegata è stata quella della smagnetizzazione termica. In più fasi di riscaldamento progressivo, il campo magnetico dei mattoni è stato via via “cancellato”. A ogni fase era misurato il segnale magnetico residuo, fino a giungere alla totale cancellazione del campo. La temperatura alla quale il segnale si “sganciava” dai minerali di cui sono composti i mattoni era più o meno quella alla quale in origine era avvenuto l’”aggancio” del campo magnetico. Alla fine, la temperatura a cui il campo risultava cancellato del tutto era la stessa (piuttosto bassa) alla quale i mattoni erano stati bruciati. Il risultato ottenuto nella prima fase è stato così validato: la presenza dei campi dipendeva da un fatto violento, e la conclusione è stata quindi che è molto probabile che Gat sia stata davvero incendiata da re Azaele intorno all’830 a. C.
Il consenso scientifico, sia sul piano archeologico, sia della filologia del testo biblico, è che una larga proporzione degli accadimenti presentati dai redattori biblici antico-testamentari sia il frutto di interpretazioni teologiche delle vicende umane. Il concetto di aderenza ai fatti non era nelle intenzioni di quegli autori; cercare di smentirli non può condurre da nessuna parte. Ma è proprio alla luce di queste considerazioni che sono da accogliere con attenzione casi come quello dei resti della città di Gat, per la quale metodi d’indagine recenti conducono in un’altra direzione: a volte, i testi biblici fanno riferimento a fatti remoti e di portata modesta, che però oggi sono controllabili e suscettibili di conferma.
Note
1) Vaknin,Y., Shaar, R., Lipschits, O., Behar, A. E., Maeir, A. E., Ben-Yosef, E., 2023. “Tel Zafit: A tool for detecting burnt clay and estimating its firing temperature”, in PLOS ONE, vol. 18, n. 10