Come sopravvivere all'invasione degli esseri umani

  • In Articoli
  • 20-06-2024
  • di Claudia Bordese
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La vendetta delle orche e altre storie di resistenza animale
di Roberto Inchingolo
Codice Edizioni,
Torino, 2024pp. 204, euro 17,00


«O capitano! Mio capitano!» Nell’indimenticabile Attimo fuggente, un brillante e non convenzionale maestro cerca di insegnare ai suoi studenti a guardare la vita e i suoi accadimenti da un punto di vista differente. È ciò a cui guida i lettori Roberto Inchingolo nel notevole La vendetta delle orche, un libro che stimola ad assumere la prospettiva degli animali nell’esame della nostra fragile convivenza.

Scalzati dal piedistallo di privilegiati da cui da sempre osserviamo e giudichiamo i nostri cugini animali, il saggio di Inchingolo ci ricorda che non esistono solo due categorie – gli animali e l’uomo – ma milioni di specie differenti, e che noi siamo semplicemente una di queste, senza dubbio la più invasiva e manipolatrice dell’Antropocene, ma di certo non l’unica protagonista. Il sottotitolo acuto e calzante — e altre storie di resistenza animale — lungi dal voler assumere una connotazione politica sottolinea la situazione di conflitto tra le nostre specie, «l’atto di sopravvivere in diretta opposizione a noi esseri umani».

Racconti curiosi, rigorosi e al contempo ironici, accompagnano il lettore alla scoperta di animali finalmente protagonisti delle loro vite, e non più meri comprimari della nostra. Scopriamo così che non solo sono in grado di sopravvivere alla nostra invasiva presenza, ma anche di contrastarla e, perché no, averne la meglio.

Ritenere i predatori apicali i nostri killer più spietati, senza realizzare che cadono molti più esseri umani per mano di microscopici parassiti o di pacifici erbivori, o sottovalutare la silenziosa presenza delle decine di specie animali con cui condividiamo le nostre città, è parte dell’umana arroganza di cui questo libro ci spoglia: perché scopriamo che un cigno può ucciderci, che un’elefantessa può ricordare un torto subito, che un maiale può fare del suo allevatore un pasto, che anche la nostra specie è fragilmente destinata a estinguersi.

Pagina dopo pagina, torniamo a essere un animale tra tanti. Il nuovo punto di vista con cui Inchingolo ci porta a osservare la natura, pone noi sapiens nel ruolo di clandestini, indesiderati occupanti, inadeguati invasori, e senza bisogno di ricorrere a un vacuo animalismo.

Le pagine dedicate alle specie immolate nella sperimentazione animale in campo medico e farmaceutico ci ricordano come non sia ancora possibile rinunciare al loro impiego, ma che la ricerca, oltre a progredire grazie a questo, avanza anche per renderlo un giorno inutile. E il capitolo sulla caccia ci racconta di una pratica antica quanto l’uomo, che da fonte di sussistenza si è tramutata in status symbol e mero svago, a breve impallinata a morte da inutilità e coscienza ecologica.

Tra i meriti del saggio di Inchingolo c’è anche quello di sollecitare la nostra attenzione sull’abuso del termine "animale". Troppo spesso il riferimento è infatti ai soliti noti — cani, gatti e altri animali d’affezione — prodotti della nostra selezione, ubiquitari in Internet e nelle nostre vite, ma certo non rappresentativi della totalità della vita animale selvaggia. Le lotte per una maggiore tutela etica e giuridica degli animali sono sovente rivolte a proteggere unicamente i nostri animali da compagnia o da reddito, e non gli anonimi ma preziosi elementi delle reti alimentari selvatiche, su cui dovremmo invece concentrare la nostra attenzione perché è la vita selvatica quella che ci sopravvivrà.

Last but not least, nell’era della disinformazione e delle fake news è un piacere leggere un libro che per ogni dato citato riporta in calce la fonte, che sia una pubblicazioni scientifica, un’indagine statistica, un articolo di giornale o un sito Internet, e che onora ogni animale con il suo nome di specie.

La vendetta delle orche diventa così anche una preziosa raccolta di informazioni, che ci sostengono e rassicurano mentre leggiamo della sopravvivenza dei lupi a Chernobyl, dell’apprendimento da parte dei capodogli di tattiche di resistenza attiva alla caccia, dell’indomita vita animale che riesce a germogliare anche sui rifiuti in mezzo al mare.
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