Tolleranza religiosa e negazionismo scientifico

  • In Articoli
  • 16-09-2024
  • di Giuseppe Stilo
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© PeterHermesFurian/iStock
Le condizioni sociologiche e cognitive che conducono al negazionismo scientifico sono state oggetto di numerose ricerche. Circa il rapporto con la religiosità, in particolare, molti studiosi ritengono che una maggiore fede religiosa si accompagni a una tendenza più marcata a nutrire convinzioni antiscientifiche.

Un lavoro condotto da sociologi di due università americane ha messo invece alla prova un’ipotesi diversa. Secondo gli autori dell’articolo[1], la posizione antiscientifica sarebbe legata anche al livello più o meno alto di tolleranza religiosa, vale a dire all’accettazione serena oppure al rifiuto della presenza nella società di fedi diverse dalla propria. A sua volta, il grado di tolleranza o intolleranza dipenderebbe dalla possibilità concreta di interazione con persone di altre religioni.

Quest’ultimo è il punto cruciale della ricerca: i fattori geografici sarebbero infatti determinanti poiché l’uniformità religiosa del luogo in cui si vive e l’isolamento rispetto a comunità in cui ci sono altre confessioni comportano spesso la convinzione che la propria fede sia l’unica giusta. A questo consegue l’idea che la propria fede possa non soltanto controbattere le altre, ma anche sfidare con successo le affermazioni della scienza e ignorare le indicazioni che ne derivano (si pensi alle misure contro il COVID-19).

La tolleranza religiosa, dunque, secondo questo modello, è una funzione dell’esperienza sociale: se non incontra persone di altre fedi è più difficile che una persona religiosa sia altamente tollerante. Non solo: le regioni geografiche ad alta uniformità religiosa sono anche quelle che possono generare più spesso fenomeni settari, quelli in cui si reclama il monopolio totale sulla verità.

Per testare queste ipotesi, gli autori hanno progettato sette esperimenti. In due di essi è stato valutato il legame fra la diversità religiosa locale, l’adesione alle misure anti COVID e l’interesse per le scienze, misurato anche secondo i punteggi conseguiti nelle prove PISA delle varie zone. Un altro test ha esaminato il rapporto fra diversità, intolleranza e negazionismo scientifico, un quarto ha considerato queste variabili in termini di esperienza psicologica individuale e un altro ancora ha paragonato il contesto cristiano-occidentale con ambiti asiatici induisti e musulmani. Altri due test, infine, si sono concentrati su una misura sperimentale dell’effetto dell’intolleranza religiosa sul negazionismo scientifico e sul rapporto fra non credenti, l’adesione alle misure anti-COVID e la tolleranza religiosa.

Anche se con delle sfumature, la conclusione complessiva dello studio è che una bassa differenziazione religiosa conduce a una bassa tolleranza verso altre fedi, che a sua volta è predittiva di convinzioni e comportamenti antiscientifici. Inoltre, sia pure senza forzare troppo i risultati, è possibile dire che in buona parte delle persone l’intensità della fede religiosa non comporta di per sé il salto verso l’universo delle idee antiscientifiche. Tuttavia, non è sempre così. Se, per esempio, si è convinti che un versetto del Nuovo Testamento (in uno dei test è stato usato a questo scopo il Vangelo di Giovanni, cap. 14, v. 6: «Io sono la via, la verità, la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me») vada interpretato come chiave esclusiva per negare ogni validità alla religione altrui, allora le cose cambiano, e intensità della fede e intolleranza si saldano.

In sostanza, secondo i risultati della ricerca, essere tolleranti verso convinzioni religiose diverse dalla propria non è solo un modo per prevenire il rischio di conflitti a sfondo religioso e accrescere la cooperazione fra parti diverse della società: è plausibile che una maggior tolleranza religiosa conduca anche a una maggior fiducia nell’approccio scientifico alla realtà.

Note

1) Ding, Y., Venkataramani Johar, G., Morris, M. W., 2024. “When the one true faith trumps all: Low religious diversity, religious intolerance, and science denial”, in PNAS Nexus, vol. 3, n. 4
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