Nell'attuale evoluzione culturale è insita una contraddizione che appare difficile da superare: com'è possibile abbattere antiche barriere e impedire, al tempo stesso, che i vasi comunichino tra loro?
Lo aveva tentato a suo tempo il dottor Albert Schweitzer, sollevando molte polemiche. Mi diceva un console americano nel Gabon che Schweitzer rifiutò i macchinari che gli venivano offerti per edificare il suo nuovo ospedale affermando che la costruzione doveva avvenire in modo tradizionale, cioè a forza di braccia. Lo stesso ospedale doveva riflettere la tradizione africana, con il cortile in cui i parenti preparavano il cibo per i malati, le capre che si muovevano in libertà, ecc. Il dottor Schweitzer temeva, giustamente, gli effetti di una rivoluzione tecnologica in una società impreparata a riceverla: essa avrebbe finito per provocare un grave trauma nella cultura tradizionale. Ma, d'altra parte, è possibile impedire la costruzione di un ospedale moderno con la mensa, gli ascensori, le apparecchiature elettroniche? L'esempio dell'ospedale vale naturalmente per ogni altra cosa, dalla lavatrice alla cucina a gas, dall'automobile alla radio: un ingranaggio che finisce inevitabilmente per creare ovunque stili di vita simili, stritolando le antiche identità culturali.
La macchina del tempo
Questo processo va accelerando sempre più, e probabilmente nei prossimi anni vedremo scomparire le ultime testimonianze del mondo così come è stato per centinaia di secoli: oggi, noi siamo gli ultimi spettatori di una situazione irripetibile, che permette (ma forse ancora per poco) di viaggiare nel tempo. È tuttora possibile, infatti, trovarsi in un altro secolo nel giro di qualche ora: con un aereo si può, per esempio, atterrare nell'età della pietra, visitando alcune tribù primitive che ignorano l'invenzione della ruota, oppure viaggiare in pieno Medioevo e recarsi (come mi è capitato) in uno sperduto sultanato del Sud Arabia dove il Sultano vive in un palazzo nel mezzo di un deserto roccioso, con le mogli rinchiuse nell'harem, i prigionieri incatenati nel sotterraneo e i sudditi che si inginocchiano ai suoi piedi. Oppure, muovendosi ancora a bordi di questa incredibile "macchina del tempo", ci si può fermare in un secolo a scelta e assistere alla vita di un villaggio agricolo feudale o alle prime lotte operaie dell'Ottocento. Queste situazioni locali stanno trasformandosi di anno in anno a velocità esponenziale. È ormai inevitabile che tutte queste società convergano rapidamente verso il nostro secolo, il che comporta traumi irreversibili per la loro cultura e per le loro tradizioni. D'altronde, sarebbe possibile pietrificare queste società, impedendo la diffusione della tecnologia, come tentava di fare il dottor Schweitzer? Ciò significherebbe rinchiuderle in "riserve" e osservarle con il cannocchiale, così come fanno le guardie forestali con gli stambecchi.
Una civiltà mondiale massificata?
È ormai chiaro che le culture locali finiranno per soccombere alla demolizione sistematica delle barriere oggi in corso. Si va insomma verso una civiltà mondiale dove il rischio di massificazione è altissimo. Passando nel tritacarne della tecnologia, le antiche culture verranno macinate lasciando ben poco dietro di sé: un berretto o un costume tipico, o alcune tradizioni che, col passare del tempo, assomiglieranno sempre più a baffi posticci applicati su un viso completamente cambiato. Al di là di una certa soglia non è più possibile salvaguardare una cultura, ma soltanto il folklore (che sarà bene comunque cercare di custodire sempre più gelosamente per evitare l'integrazione totale). Ma come rispondere allora all'esigenza di diversità che è essenziale per mantenere e sviluppare la ricchezza naturale umana?
La risposta probabilmente va cercata in un differente tipo di ecosistema culturale. In passato prevaleva una struttura a "isole" (ognuno viveva separatamente e la diversità culturale era rappresentata dall'esistenza dell'arcipelago, dove a volte avvenivano fecondi incontri); oggi che le isole si sono saldate insieme è necessario sviluppare una struttura a rete: è necessario che ogni uomo sia in grado di costruire la propria diversità utilizzando il maggior flusso di informazioni e materiali provenienti da ogni parte del mondo. Se la lotta contro la massificazione non può avvenire a livello della società, deve avvenire a livello degli individui: occorre che a ciascuno venga offerto il ventaglio più ampio di possibilità per costruirsi una personalità originale, in grado di compensare la "spersonalizzazione" della società. Questo consentirebbe il rifiorire di nuove ‘tribù' culturali in sostituzione di quelle annegate nell'immenso "budino" del progresso; tribù di persone che, per affinità di interessi e idee, formino piccole comunità culturali originali, con strutture non più a "isola" ma a "rete".