Scienza e paranormale: i confini da non superare

Ogni uomo può aver bisogno di consolazioni, ma non può scambiare l’irrazionale con il razionale. Il problema è proprio quello di separare ciò che si sa da ciò che si crede

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©aussiegall/Flickr
C'è compatibilità tra scienza e paranormale? Cioè, c'è modo di conciliarle, lasciando comunque all'uomo delle piccole e grandi consolazioni, che possono aiutarlo a vivere, mentre la scienza continua per la sua strada? Questa è una domanda che mi sembra legittima e ragionevole e la risposta può essere "sì". Ma a una condizione: che ognuno di questi due settori operi nel suo campo. Il problema è che la parapsicologia tende invece a presentarsi come una nuova scienza, riproponendo, con un abito nuovo, tutte le vecchie credenze del passato. Naturalmente l'atteggiamento di ogni scienziato è quello di rimanere aperto a ogni possibilità, però il suo dovere è anche quello di verificare se le affermazioni che vengono fatte (e che sovvertono tutte le leggi conosciute) si basano su osservazioni attendibili, su prove dimostrabili. Se queste prove non ci sono (e l'onere della prova sta sempre in chi afferma), non gli si può chiedere di dichiarare che il paranormale esiste come fatto scientifico. Detto questo, è ovvio che molte persone possono trovare una consolazione andando dalla chiromante, e che forse sarebbe crudele privarle di questo conforto: ma è importante che ciò non esca da un certo ambito, altrimenti nasce subito una forte incompatibilità.

Qualche esempio. Nessuno di noi penserebbe mai di appostarsi all'uscita della tenda del veggente che appare nel film Miracolo a Milano per dire ai clienti (che escono sollevati e pieni di speranze) che non devono credere a tali predizioni, che la chiaroveggenza non esiste, e che si tratta di un'illusione. D'altra parte nessuno di noi penserebbe mai di utilizzare i veggenti o i tarocchi per preparare un programma di governo. Analogamente sarebbe assurdo recarsi presso qualche sperduta tribù primitiva e spiegare agli abitanti del villaggio che lo stregone-guaritore utilizza solo un effetto placebo, e che i rituali curativi che impiega (o magari la cosiddetta chirurgia a mani nude) sono solo illusioni. D'altra parte nessuno di noi penserebbe di introdurre queste tecniche nelle nostre sale chirurgiche o di inviare laggiù dei malati con un ponte aereo. È quindi una questione di contesto. Certe cose che sono innocue (anzi persino consigliabili) in un contesto diventano nocive o assurde in un altro. Credo che sia proprio questo il problema. Altrimenti si arriverebbe a proporre, seriamente, al ministero delle Comunicazioni di installare un'antenna gigante al Fucino per parlare direttamente con i defunti, o alle compagnie aeree di creare un CPS (Centro Sogni Premonitori) per la prevenzione dei disastri aerei, o al ministero della difesa di addestrare speciali unità per l'intercettazione mentale e il dirottamento di missili in volo (o la disorganizzazione del nemico facendo avanzare o arretrare le lancette degli orologi...). E si potrebbe magari anche proporre al consiglio dei ministri di coordinare tutto questo attraverso periodiche sedute col bicchierino...

Scherzi a parte, tutto ciò mostra che esiste un'incompatibilità nel voler trasferire certe cose da un contesto all'altro. Ogni uomo può aver bisogno di consolazioni, ma non può scambiarle per realtà scientifiche, confondendo l'irrazionale con il razionale. Il problema, oggi, è proprio quello di separare ciò che si sa da ciò che si crede. Attualmente per quanto riguarda la credenza nei fenomeni paranormali, la tendenza è quella di voler trasformare ciò che si crede in ciò che si sa, considerando verità scientifiche delle cose che invece appartengono a un'altra dimensione. E gli scienziati con cui ho avuto modo di parlare di questo ritengono appunto che al di là della semplice disputa sulle metodologie, sui controlli sulla ripetibilità di questi fenomeni, c'è un aspetto più generale e più preoccupante sollevato dalla credenza nel paranormale: cioè la diffusione di una mentalità irrazionale, spesso antiscientifica, con lo sviluppo di un modo di pensare che è contrario al corretto modo di studiare i problemi e di prendere le decisioni.
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