Lacrimazioni miracolose alla prova del DNA

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Madonnina Civitavecchia ©2bp.blogspot.org
Il 2 febbraio 1995, a Civitavecchia (RM), nel giardino della famiglia Gregori, accade qualcosa che possiamo definire per lo meno insolito, se non miracoloso: la piccola Jessica, di 6 anni, si accorge che la statuina della Madonna, custodita in una piccola nicchia in pietra nel loro giardino, sta lacrimando sangue. Il padre Fabio corre a chiamare il parroco della chiesa di sant’Agostino, don Pablo Martin. Era stato proprio don Pablo, l’estate precedente, a portare loro la statuina della Madonna di Medjugorje da un pellegrinaggio fatto in Erzegovina.

«Vidi subito due rivoli. - scrisse successivamente il prete - [...] Man mano che scendevano, seguendo il percorso naturale del viso, diventavano due strisce di colore rosso cupo, formando ogni tanto l’ingrossamento di una goccia; il tutto in proporzione alla grandezza della statua, cioè un rivolo di un millimetro di spessore». La statua, infatti, è piccola ed esile, alta 43 cm, con un basamento di 5. Il sacerdote continua: «Il rivolo iniziale, sulla guancia sinistra, appariva notevolmente deviato in contrasto con la legge di gravità; non era disceso in verticale. In una persona viva, questa traccia avrebbe significato che il rivolo sulla guancia destra e quello sulla sinistra, oltre a essere avvenuti in momenti diversi, avrebbero trovato la testa spostata, cioè in posizione diversa. Ciò mi fece pensare che, se fosse stata opera di un artista, avrebbe potuto contravvenire distrattamente alla legge di gravità in favore dell’arte; se invece fosse stata opera di un falsario, mediante un contagocce, sarebbe stato impossibile, prima di tutto perché la statuetta era solidamente cementata e non la si poteva mettere inclinata per fare scorrere quel liquido con quel percorso, e poi, se fosse stata levata (e successivamente cementata e in gran fretta), il percorso del “sangue” in una guancia sarebbe stato, anche in questo caso, il medesimo percorso sull’altra[1]». Don Pablo, tuttavia, specifica anche di non aver visto le lacrime scorrere.

Il giorno dopo, mentre il prete è a casa dei Gregori, la statua lacrima nuovamente, nonostante dal giorno precedente la nicchia fosse stata transennata per evitare che i numerosi curiosi accorsi ci si avvicinassero troppo. Neanche questa volta, però, il prete vede scendere le lacrime, mentre altri tra i presenti affermeranno di sì. In totale le lacrimazioni furono tredici, e migliaia le persone che si recarono a vederle. Di queste, però, solo una quarantina testimonierà alla Commissione d’inchiesta diocesana di aver visto le lacrime scorrere. È interessante notare, confrontando le foto fatte nei vari giorni, che dopo la seconda lacrimazione, avvenuta nel pomeriggio del 3, non si notano cambiamenti nella conformazione delle macchie, sebbene la maggior parte delle lacrimazioni dichiarate dai testimoni sia avvenuta dopo.

Il 6 febbraio la statua viene consegnata al vescovo e in seguito alla magistratura. I professori Angelo Fiori e Giancarlo Umani Ronchi del Policlinico Gemelli studiano la statua ed escludono la presenza di marchingegni al suo interno. Nel referto scrivono, inoltre, che il sangue trovato appartiene a un uomo. In tutto il periodo in cui viene esaminata, non avvengono ulteriori lacrimazioni. Il Gip incaricato del caso, Massimo Michelozzi, chiede quindi a Fabio Gregori e ai suoi parenti stretti di sesso maschile, alcuni dei quali sono vicini di casa, di sottoporsi a un prelievo coattivo di sangue, così da confrontarlo con quello presente nel sangue rinvenuto sulla statua, ma questi rifiutano, presentando ricorso fino alla Corte Costituzionale, che alla fine sancisce che non possono essere costretti a subire un prelievo di materiale biologico. La famiglia dichiara che si sottoporrà all’esame solo nel caso in cui sia la Chiesa a chiederglielo e il loro avvocato giustifica il loro rifiuto affermando che «i consulenti della Criminalpol avevano isolato solo 5 polimorfismi comuni al 95% della popolazione mondiale[2]». In realtà le cose non stanno esattamente così, infatti il capo della sezione Indagini biologiche della Criminalpol, dottor Spinella, ribatte: «Nei nostri laboratori siamo andati oltre il DNA nucleare individuato dai professori Umani Ronchi e Fiori, e abbiamo determinato quello mitocondriale[3]». La probabilità di sbagliare, in questo caso, sarebbe stata di 1/50000.

Il 7 giugno 2000 la procura archivia il caso non potendo procedere ulteriormente.

Ma cosa ne pensa la Chiesa? La prima Commissione d’inchiesta diocesana fu costituita nell’aprile 1995. Dopo circa 7 mesi, la maggioranza votò a favore del miracolo. Nello specifico sette membri espressero parere "affermativo o non contrario”, tre "sospensivo o dubitativo” e solo uno “contrario”[4]. Il Vaticano, però, rigettò tale giudizio. Una seconda commissione, riunitasi nel 2000, dichiarò che non c’erano segni evidenti di soprannaturalità («non constat de supernaturalitate»). In seguito fu dichiarato che la prima Commissione diocesana «era stata costituita frettolosamente dal vescovo[5]».

Sebbene tra le più famose, la madonnina di Civitavecchia non è stata la prima statuina piangente. Uno dei primi casi si era verificato l’anno precedente, il 22 maggio 1994, ad Assemini (CA). Dopo un paio di settimane dalla lacrimazione, mentre centinaia di persone si recavano in pellegrinaggio a casa dei signori Ilot, proprietari della statua, la Procura di Cagliari decise di indagare.

Non vennero trovati meccanismi all’interno della statuina, così fu chiesto ai coniugi Ilot di sottoporsi al test del DNA. Rifiutarono. Ci sono voluti circa 7 anni di trattative prima che accettassero e il risultato non lascia dubbi: il sangue sulla statua è quello della signora Ilot. Nonostante le prove schiaccianti, la signora Ilot ha continuato a sostenere a gran voce che si trattasse di un miracolo. Del resto, dichiarava il loro avvocato, «è ovvio che il sangue non poteva essere della statuina. Ed è altrettanto scontato che se la Madonna vuole manifestarsi in qualche modo può usare le lacrime o il sangue della persona a lei più vicina».

Se nel caso della Madonnina di Civitavecchia si può ipotizzare la frode umana e in quello di Assemini questa è certa, lo stesso non si può dire della statuina della Madonna di Fatima che il 27 giugno 2002 cominciò a versare lacrime a Brunssum, in Olanda. Centinaia di pellegrini andarono a osservarla. Il laboratorio dell’ospedale di Heerlen analizzò il presunto sangue rivelando che si trattava della resina con cui era stato attaccato l’occhio, che, col calore estivo, si era sciolta. Dei pigmenti scuri che coloravano l’occhio avevano conferito al liquido un colorito rossastro simile a quello del sangue. Un caso analogo si era già verificato a Grangecon, in Irlanda, nel 1994.

Le icone cristiane che hanno versato lacrime sono innumerevoli. In molti casi la frode è altamente probabile, in altri sono state trovate spiegazioni naturali. Nel 2001, però, anche una statua raffigurante un personaggio non religioso ha iniziato a lacrimare. L’episodio è avvenuto a Deume, in Olanda, dove un imitatore professionista di Elvis Presley, convinto tra l’altro di essere in contatto medianico giornaliero col suo idolo e di essere da lui posseduto ogni qual volta lo imitava sul palcoscenico, ha dichiarato che la statua di Elvis che aveva in casa piangeva «lacrime di gioia». Sarà stato interpretato come miracolo anche questo?

Per approfondire:
Pseudomisticismo e "lacrime" della Madonnina di Civitavecchia: indagine critica, di Marco Corvaglia

Note

1) Lacrime di sangue (con prefazione di V. Messori), SEI, 2005, p. 48
2) R. Caniato, La Madonna si fa la strada, cit., p. 95
3) R. Caniato, La Madonna si fa la strada, cit., p. 87
4) R. Caniato, La Madonna si fa la strada, cit., pp. 198-199
5) R. Caniato, La Madonna si fa la strada, cit., p. 211

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