Definire un criterio generale per stabilire se il risultato di uno studio scientifico sia statisticamente significativo non è per niente banale. Che si tratti della valutazione di efficacia di un nuovo farmaco, della relazione tra percentuale di gas serra nell’atmosfera e temperatura globale della Terra o magari del successo in determinate discipline degli appartenenti ai vari segni zodiacali, la questione è molto delicata.
Su Query ci siamo occupati spesso di come questo problema venga affrontato nella letteratura scientifica e di come il criterio più diffuso per misurare la significatività statistica sia l’uso del cosiddetto “p-value” (in italiano, “valore p”)[1].
Il punto di partenza è che la correlazione statistica tra una variabile x e un effetto y non implica necessariamente una relazione di causalità tra x e y. Se, per esempio, in uno studio clinico il gruppo che riceve il princip[...]
Su Query ci siamo occupati spesso di come questo problema venga affrontato nella letteratura scientifica e di come il criterio più diffuso per misurare la significatività statistica sia l’uso del cosiddetto “p-value” (in italiano, “valore p”)[1].
Il punto di partenza è che la correlazione statistica tra una variabile x e un effetto y non implica necessariamente una relazione di causalità tra x e y. Se, per esempio, in uno studio clinico il gruppo che riceve il princip[...]
L'articolo completo, come alcuni di quelli pubblicati sugli ultimi 4 numeri di Query, è disponibile solo per gli abbonati. Se vuoi leggerlo per intero, puoi abbonarti a Query
Se invece sei già abbonato, effettua il login.
Tutti gli altri articoli possono essere consultati qui . Grazie.
Tutti gli altri articoli possono essere consultati qui . Grazie.