La nascita dell’Inquisizione

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©Johann Heinrich Füssli, Le tre streghe, 1783
L’Inquisizione è un tribunale ecclesiastico istituito per la prima volta nel 1184 con lo scopo di ricercare e giudicare gli “eretici”. Prevedeva pene spirituali e fisiche, fino alla condanna a morte sul rogo per l’eretico che non ritrattava o per il recidivo. A partire dal Duecento, i tribunali si diffusero in tutta Europa, retti da inquisitori permanenti nominati dal papa. Allo stesso tempo, l’Inquisizione allargò le sue competenze e iniziò a occuparsi anche di tutti i comportamenti in qualche modo “irregolari”: dalla bestemmia alla bigamia alla stregoneria. Dalla fine del Duecento, però questa istituzione declinò e a lungo non fu più efficace.

L’Inquisizione in Spagna, Portogallo e Italia


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©Il sabba sul Blocksberg, incisione dalla Blockes-Berges
Le cose cambiarono alla fine del Quattrocento, nella penisola iberica, dove l’istituzione assunse un carattere particolare. In Spagna e in Portogallo l’Inquisizione, per concessione pontificia, dipendeva direttamente dalle rispettive corone. Per questo l’Inquisizione spagnola (1478) e quella portoghese (1492) furono in sostanza dei “tribunali di Stato”. Nate allo scopo di sorvegliare ebrei e arabi convertiti, sospettati di non aver mai abbandonato le loro religioni, acquisirono presto competenze subito molto più vaste: si estendevano a qualsiasi fenomeno in odore di eresia (comprese magia e stregoneria) o di dissidenza di pensiero o politica. Sia in Spagna che in Portogallo l’abolizione dei tribunali dell’Inquisizione avvenne nei primi decenni dell’Ottocento.
L’Inquisizione Romana (o Congregazione del Sant’Uffizio) nacque a metà Cinquecento nel contesto della Controriforma cattolica, cioè quell’insieme di misure che la Chiesa di Roma prese per far fronte alla diffusione della Riforma protestante. Era uno dei “ministeri” del governo pontificio e come tale sotto il diretto controllo del papa. Il Sant’Uffizio si configurava allo stesso tempo come un organo religioso e una polizia dei costumi: non solo controllava gli eretici, censurava i libri “pericolosi” e ne bloccava la circolazione, ma perseguitava i bestemmiatori, i “giudaizzanti”, i “sodomiti”, chi ricorreva alla divinazione e chi praticasse la stregoneria. Questo carattere fu particolarmente accentuato nel Seicento quando, scomparse le eresie “dotte” che avevano ancora caratterizzato lo scorcio del Cinquecento (sulla scia delle discussioni teologiche dei riformatori), l’Inquisizione diventò principalmente un attento controllore della cultura delle classi popolari, nelle sue forme quotidiane e nella scelta delle espressioni devote. Si assistette, allo stesso tempo, a un addolcimento delle pene: l’Inquisizione assunse gradualmente un ragionamento “missionario” di evangelizzazione, che prevedeva di essere indulgenti con i colpevoli di stregoneria, di distruggere i testi superstiziosi e sostituirli con libri conformi alla dottrina cristiana. In questo modo finì per incidere profondamente e in modo duraturo nella cultura, nei costumi e in quello che diversi storici hanno definito il “carattere degli italiani”.
L’importanza del Sant’Uffizio cominciò a diminuire dal Settecento. Fu abolito formalmente nel 1965 (nell’ambito delle riforme del Concilio Vaticano II), sostituito dalla Congregazione per la dottrina della fede, incaricata di stabilire l’accettabilità delle proposizioni in materia di dottrina.

Inquisizione e streghe


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©Hans Baldung detto Grien, Due streghe, 1523
Nata come strumento per imporre una uniforme ortodossia nel mondo cattolico, l’Inquisizione Romana cominciò presto a occuparsi con particolare attenzione della superstizione popolare e di conseguenza di pratiche magiche e stregoneria, materia che fino ad allora era stata di competenza dei vescovi e delle giurisdizioni locali. Si può dire che insieme a un controllo più organizzato e sistematico, il Sant’Uffizio introdusse anche alcune procedure che limitavano l’arbitrio tipico in questi casi; il processo inquisitoriale romano prevedeva il diritto degli imputati di avere un avvocato e di ricorrere in appello; una sola testimonianza non era considerata una prova; i testimoni avevano l’obbligo del giuramento; il ricorso alla tortura era regolamentato. Non mancarono i conflitti di giurisdizione, e in certi casi l’intervento del Sant’Uffizio poté impedire che un processo per stregoneria svolto dalle autorità locali degenerasse in esecuzioni a catena. Proprio l’Inquisizione contribuì a costruire, verso la fine del Cinquecento, una definizione omogenea di “stregoneria”, distinta da superstizioni considerate “minori”. Si trattava da un lato di un’operazione intellettuale: si sviluppò una disciplina detta “demonologia”, che procedeva per discussioni erudite intorno alla realtà del sabba e del volo notturno diabolico, e finì per creare un modello di stregoneria demoniaca cristiana che probabilmente sintetizzava diversi culti e credenze “precristiane” ancora diffuse in Europa a livello popolare. C’era poi un “lato pratico”, quello che si svolgeva nel corso dei processi per stregoneria: definito il modello, l’inquisitore (allo stesso tempo accusatore e giudice) cercava di far quadrare i conti; con domande trabocchetto e la violenza della tortura faceva dire alla vittima quel che già si aspettava di sentire.
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