L’effetto Mandela visivo: immagini e false memorie

  • In Articoli
  • 21-12-2022
  • di Giuseppe Stilo
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Il fenomeno delle false memorie condivise prende il nome da un ricordo sbagliato sulla morte di Nelson Mandela @Ashim D’Silva on Unsplash
Con l’espressione “effetto Mandela” si intendono quei falsi ricordi relativi a personaggi o eventi famosi che sono condivisi da più persone, anche del tutto ignote l’una all’altra.

Il fenomeno, che deve il suo nome al falso ricordo collettivo della morte in carcere del leader sudafricano, è ormai ampiamente discusso anche nella letteratura scientifica. Due psicologi della University of Chicago, D. Prasad e W. A. Bainbridge, hanno cercato per la prima volta conferme rigorose a un caso più specifico di effetto Mandela, quello visivo, o VME (Visual Mandela Effect). Si tratta della situazione in cui molte persone condividono lo stesso ricordo di particolari inesistenti di immagini famose che già conoscevano (per esempio loghi commerciali, come quello della Fruit of the Loom, o icone della cultura pop, come l’omino del Monopoli). In altri termini, alcuni ricorderebbero – in modo indipendente – dettagli falsi in stimoli visivi a loro familiari.

Il fenomeno è dimostrabile in modo rigoroso? E, se sì, quali sono le sue caratteristiche? Per scoprirlo, i due studiosi hanno condotto una serie di quattro esperimenti su gruppi di volontari e ne hanno pubblicato i risultati sulla rivista Psychological Science[1].

Il primo esperimento, che ha coinvolto i partecipanti in un compito di riconoscimento delle immagini, ha dimostrato che un certo numero di soggetti aveva davvero falsi ricordi visivi di immagini e personaggi popolari. Ma non è tutto: le immagini, giuste o sbagliate che fossero, sono risultate costanti e coerenti fra persone diverse e separate fra loro. Più precisamente, i ricordi dei soggetti hanno dimostrato una forte coerenza non solo quando la rievocazione dello stimolo era corretta, ma anche quando non lo era. In altri termini, certe persone ricordano male le immagini in modo analogo ad altre persone, modificando o aggiungendo dettagli nello stesso modo in cui lo fanno altri individui.

L’esistenza del VME è dunque stata confermata e, soprattutto, è emerso che si tratta di un fenomeno comune a parecchie persone. Ma quali sono le sue cause e come funziona esattamente? Le risposte sono arrivate dagli altri tre esperimenti.

Anzitutto, è probabile che il VME non abbia origine da una sola causa. La spiegazione finora avanzata – ma mai testata – era quella classica della teoria dello schema di F. C. Bartlett: le persone ricorderebbero male i dettagli se quei dettagli sono ciò che si aspettano dall’immagine. Gli esperimenti di Prasad e Bainbridge hanno ridotto di molto la portata di questo modello tradizionale: esso può giocare un ruolo nel VME quando lo stimolo visivo è percepito soltanto in parte, ma non di più. È invece emerso un ruolo della confusione dei ricordi: il soggetto sovrappone al ricordo di ciò che ha visto un altro ricordo, quello di uno stimolo precedente. Insomma, al momento della rievocazione alcuni scambierebbero un certo ricordo per un altro.

Un ulteriore risultato che ha sorpreso i ricercatori è che il VME può verificarsi in maniera potente anche nella memoria a brevissimo termine: i partecipanti agli esperimenti commettevano errori di rievocazione, in modo indipendente l’uno dall’altro, assegnando gli stessi particolari sbagliati a immagini che avevano visto pochi istanti prima.

Questi sviluppi della psicologia cognitiva e della percezione appaiono particolarmente promettenti per le loro possibili ricadute nello studio delle esperienze visive di presunti fenomeni anomali, in primo luogo quelle dei cosiddetti UFO.

Note

1) Prasad, D., Bainbridge, W. A. “The Visual Mandela Effect as Evidence for Shared and Specific False Memories Across People”. In Psychological Science, 11 ottobre 2022.

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