L’inatteso ritorno del cosiddetto “effetto Mozart”

Come un nome affascinante e alcuni studi poco accurati hanno contribuito alla persistenza di un mito della psicologia pop

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Statua di Mozart a Salisburgo. @ Dirk von Mallinckrodt/iStock
Di tanto in tanto, vale la pena di tornare a occuparsi di vecchie idee prive di fondamento che pensavamo morte e sepolte, perché, come gli zombie, a volte escono dalle loro tombe e avanzano barcollando verso il futuro. Così, quando mi sono imbattuto in una recente citazione di Mozart in uno studio psicologico, quello che ho scoperto non mi ha sorpreso del tutto.

I precedenti


Nel 1993, tre psicologi della University of California a Irvine pubblicarono su Nature, una delle più prestigiose riviste scientifiche del mondo, uno studio che dimostrava che gli studenti universitari che ascoltavano dieci minuti della Sonata in Re maggiore per due pianoforti K. 448 di Mozart ottenevano risultati significativamente migliori in un test di ragionamento spaziale rispetto a quelli che ascoltavano un nastro di rilassamento oppure il silenzio. Poiché il ragionamento spaziale è una componente del quoziente di intelligenza (QI), gli autori avevano calcolato che il miglioramento delle prestazioni equivaleva a un miglioramento di otto-nove punti del QI spaziale.

Lo studio su Mozart arrivò rapidamente sui media e la situazione finì fuori controllo. In un caso estremo di esagerazione giornalistica, furono pubblicati moltissimi articoli che suggerivano che l’ascolto di Mozart potesse rendere i bambini più intelligenti. Il musicista Don Campbell scrisse un libro di successo intitolato The Mozart Effect: Tapping the Power of Music to Heal the Body, Strengthen the Mind, and Unlock the Creative Spirit e il CD Mozart Effect vendette migliaia di copie. Nel 1998, il governatore della Georgia Zell Miller si spinse fino ad aggiungere 105.000 dollari al bilancio statale affinché ogni neonato del suo Stato potesse ricevere gratuitamente una cassetta di musica di Mozart.

Tutto ciò avvenne malgrado alcuni fatti evidenti: i partecipanti allo studio originale non erano lattanti ma studenti universitari, e gli autori ammettevano che l’effetto osservato era temporaneo, della durata di 10 o 15 minuti. A peggiorare le cose, una serie di tentativi di replicare l’effetto originale non ebbe successo e le meta-analisi che riassumevano i risultati di vari studi sull’effetto Mozart trovarono che l’effetto stimato era limitato al ragionamento spaziale ed era molto più piccolo di quanto suggerito inizialmente. Per esempio, Christopher F. Chabris, dell’Università di Harvard, scoprì che «questo miglioramento è essenzialmente limitato a un singolo compito, è grande un quarto di quello originariamente riportato per una classe più ampia di abilità cognitive, non è statisticamente significativo ed è più piccolo della variazione media delle prestazioni di una singola persona al test del QI». Puff! Niente più effetto Mozart.

Alla luce di questa conclusione della storia, i ricercatori Scott O. Lilienfeld e Barry L. Beyerstein, insieme ai coautori Steven Jay Lynn e John Ruscio, hanno classificato l’effetto Mozart come un mito nel loro libro 50 Great Myths of Popular Psychology: Shattering Widespread Misconceptions about Human Behavior, e la maggior parte di noi ha pensato che la questione fosse chiusa.

Il risveglio dello zombie


Il recente riferimento a Mozart che mi ha riportato sull’argomento è stato un fatto abbastanza banale. Un messaggio sul sito web Retraction Watch segnalava che l’editore Springer Nature aveva rimosso la parola “Mozart” dal titolo, dall’abstract e dal terzo paragrafo di un articolo pubblicato sulla rivista peer reviewed ad accesso aperto Pediatric Research. L’articolo, che ora era intitolato “Music for Pain Relief of Minor Procedures in Term Neonates”, sosteneva che la musica può aiutare a ridurre il dolore provato dai neonati sottoposti a un’analisi del sangue con puntura del tallone. Le modifiche successive alla pubblicazione, che hanno rimosso la parola Mozart dall’articolo, sono state rese necessarie dalla scoperta tardiva che gli autori non hanno potuto verificare che la musica del video di YouTube usato nello studio, “Bedtime Mozart”, contenesse effettivamente composizioni di Wolfgang Amadeus. Si tratta di un fatto piuttosto banale, ma potrebbe essere una prova del fascino inebriante del nome Mozart. Ci tornerò sopra più avanti.

Il mio riesame dell’effetto Mozart però ha rivelato qualcosa di molto più sostanziale di un ambiguo video su YouTube. Cercando nella letteratura, ho scoperto che la magia di Mozart continuava a essere studiata in contesti diversi dall’intelligenza. In particolare, c’è stata un’esplosione di studi che sostengono che l’ascolto del medesimo brano di Mozart – la Sonata K. 448 – riduce gli effetti dell’epilessia. La natura stranamente specifica di questa affermazione è stata supportata da uno studio che sembrava dimostrare che l’ascolto della Sinfonia n. 94 di Haydn in realtà esacerbava l’epilessia anziché attenuarla. Inoltre, una meta-analisi del 2020 degli studi sugli effetti dell’ascolto della sonata di Mozart aveva riscontrato una riduzione significativa delle scariche epilettiformi interictali – una forma d’onda osservata durante le crisi nei pazienti con epilessia – misurate tramite elettroencefalogramma. Gli autori ne concludevano che la musicoterapia «dovrebbe essere considerata come un approccio complementare e non invasivo per il trattamento dell’epilessia e delle scariche epilettiformi». Ma la storia non finisce qui.

Nel marzo 2023, due ricercatori dell’Università di Vienna hanno pubblicato su Scientific Reports una nuova meta-analisi sull’effetto Mozart e l’epilessia. Scientific Reports è una rivista peer reviewed ad accesso aperto che richiede agli autori di pagare una somma per l’elaborazione del manoscritto prima della pubblicazione. Anche se dovremmo essere un po’ scettici verso le pubblicazioni su riviste ad accesso aperto, questo articolo in particolare presenta alcuni punti di forza che mi danno maggiore fiducia nei risultati. In particolare, la ricerca era stata pre-registrata, vale a dire che gli autori della meta-analisi di Vienna avevano dichiarato pubblicamente le loro intenzioni e i metodi che intendevano utilizzare prima di raccogliere i dati. Qualsiasi modifica apportata durante il percorso è stata riportata online e tutti i dati sono stati pubblicati su un sito web in modo che chiunque potesse esaminarli o analizzarli nuovamente. è questa adesione ai nuovi e più rigorosi standard dell’iniziativa open science a rendermi più fiducioso sulla validità dei risultati di questa ricerca.

Oberleiter e Pietschnig hanno stabilito una serie di condizioni perché uno studio potesse essere incluso nella loro meta-analisi; sono quindi stati esclusi i lavori in cui non era stato usato un gruppo di controllo da confrontare con il gruppo dell’effetto Mozart e quelli in cui non erano stati usati metodi di misurazione empirici e/o non erano stati forniti dati statistici sufficienti per consentire la rianalisi dei dati originali. Quando i dati grezzi di un particolare studio sull’effetto Mozart non erano disponibili, Oberleiter e Pietschnig hanno scritto agli autori nel tentativo di ottenere i dati originali. L’analisi finale ha quindi compreso otto studi con un totale di 207 partecipanti e i risultati emersi non sono stati positivi per l’effetto Mozart.

Dopo aver condotto molti test molto approfonditi sui dati degli otto studi sopravvissuti, gli autori hanno quindi concluso che «nel complesso, la nostra meta-analisi mostra che non esiste alcun riscontro significativo a favore di un effetto benefico dell’ascolto della sonata KV448 di Mozart su qualsiasi condizione rilevante dal punto di vista medico, per non parlare di un effetto Mozart specifico per l’epilessia. Un’autorevolezza priva di fondamento, ricerche poco accurate e un reporting non trasparente sembrano essere i principali fattori alla base del mito dell’effetto Mozart».

La citazione del «reporting non trasparente» si riferisce al fatto che, anche dopo aver scritto agli autori, Oberleiter e Pietschnig non sono riusciti a ottenere i dati grezzi della maggior parte degli studi che mostravano un effetto positivo della musica di Mozart. Non hanno formulato ipotesi sulla qualità di quegli studi, ma senza i dati originali era impossibile verificare i risultati pubblicati. La mancanza di dati è risultata particolarmente sorprendente perché la maggior parte degli studi era stata pubblicata dopo il 2010, in un momento in cui gli standard del movimento open science – tra cui la pratica di rendere disponibili pubblicamente i dati grezzi o, almeno, di fornirli su richiesta – erano ampiamente conosciuti.

La vera magia di Mozart


In un articolo un po’ satirico a proposito del video che mi ha fatto iniziare questo viaggio, Hinnerk Feldwisch-Drentrup ha identificato su Frankfurter Allgemeine Zeitung il vero effetto Mozart: «l’uso del suo nome aumenta l’attenzione dei media». Come quelli di Einstein o Beethoven, anche il nome di Mozart è sinonimo di genio. Non sorprende che l’azienda Baby Einstein, con la sua collezione di programmi educativi per neonati e bambini, abbia il nome che ha. Per quanto io ami la musica di Gustav Mahler, “effetto Mahler” o “Baby Mahler” non avrebbe lo stesso impatto. Rimando il discorso su Baby Einstein e i suoi programmi educativi a un’altra occasione, ma è bene ricordare che nel 2006 il movimento Campaign for a Commercial-Free Childhood (Campagna per un’infanzia libera dalla pubblicità) ha presentato un reclamo contro la Baby Einstein alla Federal Trade Commission sostenendo che l’azienda aveva fatto affermazioni false nella sua pubblicità. A seguito di un’indagine, la FTC ha chiuso il caso solo dopo che Baby Einstein ha rimosso una serie di testimonianze e altre affermazioni pubblicitarie dal proprio sito web. La correlazione non implica un nesso di causalità, ma sembra che l’uso di nomi sinonimo di genio nelle ricerche o nel marketing sia correlato alla diffusione di affermazioni non dimostrate. Caveat emptor.

L’originale di questo articolo è stato pubblicato su Skeptical Inquirer, Volume 48, n. 1, 2023. Traduzione ed editing a cura della redazione di Query. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati

Bibliografia

  • Anbalagan, S., Velasquez, J. H., Staufert Gutierrez D., et al., 2023. “Music for pain relief of minor procedures in term neonates”, in Pediatric Research (29 agosto)
  • Chabris, C.F., Steele, K.M. ,Dalla Bella, S., et al. (varie lettere), 1999. “Prelude or requiem for the ’Mozart Effect’?” [5] , in Nature, vol. 400
  • Maguire, M. J., 2022. “Wired for sound: The effect of sound on the epileptic brain”, in Seizure, n. 102
  • Oberleiter, S., Pietschnig J., 2023. “Unfounded authority, underpowered studies, and non-transparent reporting perpetuate the Mozart Effect myth: A multiverse meta-analysis”, in Scientific Reports vol. 13, n. 1
  • Rauscher, F., H., Shaw G. L., Ky, C., N., 1993. “Music and spatial task performance”, in Nature, vol. 365
  • Sesso, G., Sicca, F., 2020. “Safe and sound: Meta-analyzing the Mozart Effect on epilepsy” in Clinical Neurophysiology, n. 131

STUART VYSE è psicologo e autore di Believing in Magic: The Psychology of Superstition, con cui ha vinto il William James Book Award dell’American Psychological Association. In qualità di esperto di comportamenti irrazionali, è spesso citato dalla stampa e ha partecipato a varie trasmissioni televisive
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