La meraviglia del tutto. Conversazione con Massimo Polidoro
di Piero Angela
Mondadori, Milano, 2023
pp. 540, euro 22,00
L’ultimo libro di Piero Angela è molto diverso da quelli che aveva pubblicato finora; qui temi tipici della divulgazione scientifica sono attraversati da un filo rosso particolare, personale e quasi intimo. Si può definire un libro filosofico o addirittura spirituale?
Se non intendiamo "spirituale" in senso religioso direi di sì, senz’altro. Quando mi chiamò proponendomi di lavorare al libro, le intenzioni di Piero erano chiarissime. «Vorrei fare questo libro per quando non ci sarò più, per raccontare per una volta quello che penso io. Dopo aver fatto da tramite tra il mondo della scienza e il pubblico, vorrei raccontare che idea mi sono fatto io di tante cose, non solo su tematiche scientifiche ma anche semplicemente sulla vita». In questo senso è un libro filosofico, me lo disse apertamente e il concetto si ritrova già nell’introduzione. Poi a lui piaceva moltissimo l’idea del dialogo, riprendendola dalle conversazioni filosofiche degli antichi, una forma che aveva già usato in alcuni dei suoi libri più vecchi. E quindi anche in questo senso è un libro filosofico, nella sua definizione più classica, quella di amore per la conoscenza.
Allora probabilmente non è un caso se, per la prima volta, a un certo punto Piero Angela sceglie di parlare anche di religione.
Ogni tanto tra noi ne parlavamo. Diceva che era un tema che attraversava la storia dell’umanità, ma che lui non se ne era mai occupato per scelta, ed era anche stato criticato per questo. Tuttavia, quando abbiamo cominciato a ragionare su questo libro è diventato chiaro che se vuoi parlare di quello che pensi, dell’umanità e così via, a un certo punto bisogna parlare della religione. Ovviamente non con l’obiettivo di smontare o prendere in giro, per carità, ma dal suo punto di vista, quindi contrapponendo l’approccio religioso a quello razionalista, con i suoi pro e i suoi contro.
Negli ultimi capitoli, si trovano però le sue risposte individuali a un tema apparentemente appannaggio della religione, quello della fine che si avvicina.
Una cosa che lui diceva, e lo ripeteva spesso negli ultimi tempi, è che trovava conforto nelle parole di Leonardo: «Così come una giornata ben spesa dà un lieto dormire, una vita bene usata dà un lieto morire». Piero diceva: «Ho avuto tanta fortuna, tantissime soddisfazioni, dal lavoro, dalla famiglia, dai figli che oltre a essere riusciti tanto bene mi hanno anche dato dei nipoti, ho avuto tanti riconoscimenti, cosa posso desiderare di più? Certo, mi dispiace non poter stare più con le persone a cui voglio bene, non poter fare più le cose che mi piacciono, ma fa parte della vita».
Diresti che è il libro di un uomo fortunato?
Sì, un uomo fortunato senz’altro; parlava sempre del suo più caro amico, Gigi Marsico, che gli cambiò la vita prendendolo in RAI mentre lui voleva fare il jazzista. Ma soprattutto un uomo che è stato capace non solo di impiegare bene questa fortuna ma anche di aprire una strada che non esisteva. Capace di vedere che bisognava svecchiare il Paese, dargli una cultura scientifica che mancava, far sì che la scienza non fosse più vista come qualcosa di meccanico ma come parte integrante della cultura con la C maiuscola. Quindi sì, Piero è stato fortunato, ma bisogna ricordare anche che non ha mai voluto deviare dalla strada che aveva imboccato. Tutte le volte che gli hanno offerto, per esempio, di dirigere il telegiornale o di fare il direttore di rete - a un certo punto gli hanno anche proposto, raccogliendo le firme, di diventare senatore a vita - lui ha subito bloccato tutto, rifiutato tutto. «Non è la mia strada» diceva, «non lo so fare, non mi interessa».
Tra le tantissime cose fatte da Piero Angela c’è stata anche la fondazione del CICAP, avvenuta tra l’altro proprio 35 anni fa, in un mondo ben diverso da oggi.
Quando ebbe l’intuizione di creare il CICAP il paranormale era presente costantemente in televisione e se ne parlava in una maniera che per fortuna oggi fa sorridere. Poi le cose sono cambiate, non solo in quel mondo lì, ma anche nella società. Ma non è che quel tipo di pensiero magico o dietrologico sia sparito. Anzi si è amplificato, si è trasformato, ed è diventato spesso anche più difficile da smontare; per questo, il CICAP a un certo punto ha cambiato nome, sostituendo la P di “paranormale” con quella di “pseudoscienze” proprio per sottolineare che non ci occupavamo più solo di quello. Ma poi, con l’esplodere dei social le cose si sono complicate ulteriormente. Sono comparse le teorie del complotto, le fake news, come sono chiamate impropriamente, ma contemporaneamente si è vista anche la nascita di diverse realtà, diverse professionalità, che hanno iniziato a fare quello che prima faceva solo il CICAP. Prima c’eravamo solo noi a fare da contraltare a quel mondo, ma a un certo punto, quando si è capito che era un problema sociale, anche altri hanno cominciato a fare il lavoro di fact checking, di verifica delle notizie, di smentita delle bufale. Questo è senz’altro positivo, ma al tempo stesso ha reso più incerto il ruolo del CICAP. Perciò adesso stiamo lavorando proprio su questo: ridefinire lo spazio e l’impegno che il CICAP può avere oggi, in una società che è così diversa da prima.
Piero Angela si era fatto un’idea di quale potrebbe essere il ruolo del CICAP oggi e magari nel futuro prossimo?
Lui seguiva sempre con attenzione le attività del CICAP, mi chiedeva come andavano le cose. Mi diceva anche lui che la realtà era cambiata, ma aggiungeva anche di stare attenti ai meccanismi con cui si fanno le cose. Quando è nato il CICAP, per lui era un vantaggio il fatto che non fossimo tanti: bastava essere un gruppo di persone capaci, ma soprattutto con le idee chiare, che poi coinvolgono altri. Un comitato, insomma, e si è deciso di chiamarlo Comitato proprio per questo motivo, perché poi più ti allarghi e più diventa difficile gestire tutto. E aveva ragione, perché poi siamo diventati molto grandi da quel punto di vista ed è diventato molto complesso; molte delle nostre risorse, soprattutto mentali ma anche economiche, alla fine servono a far funzionare la macchina più che ad avere un ruolo nella società e a fare quello che facevamo. È su questo che stiamo ragionando oggi.
Su un piano personale, che cosa ha rappresentato per te lavorare a questo libro?
Dopo che Piero mi ha detto della sua idea, del succo di quello che voleva che uscisse, cioè questo suo senso di meraviglia, di ottimismo, abbiamo cominciato a parlare. All’inizio più che altro al telefono, perché nel frattempo era arrivato il COVID. Poi a giugno ci siamo rivisti, sempre a Roma, nella cucina di casa sua, dove c’erano il tavolo e le poltrone e dove lui stava più comodo. E abbiamo continuato a parlare. Cioè, io soprattutto ascoltavo e facevo domande, e lui parlava. Parlava a ruota libera, iniziava magari parlando di buchi neri o supernove e poi arrivava a parlare della RAI, della scuola o della sua famiglia. Queste conversazioni io un po’ le scrivevo e altre volte le registravo, e alla fine ho raccolto una quantità di materiale notevole perché siamo andati avanti dal 2020 ai primi mesi del 2022: ore e ore e ore di conversazioni su tutto. Lui ovviamente non è intervenuto sulla scrittura del libro, iniziata dopo la sua morte, ma io avevo ben chiaro come voleva che fosse, come dovevo dargli la forma che si può leggere adesso. Quindi ho cominciato a ricostruire questo puzzle fatto di diecimila pezzi sparpagliati, uno qui, uno lì; a volte sono dovuto andare a ripescare conversazioni più vecchie, e ho riletto tutti i suoi libri, per essere sicuro di non aver frainteso qualcosa. E facendo tutto questo mi ha sorpreso riscoprire quanto fosse lucido. Piero aveva le idee chiarissime decenni fa su tantissimi argomenti, per esempio le trasformazioni climatiche: della crisi che attraversiamo adesso lui parlava già moltissimi anni fa. Per me questa è stata la conferma della sua capacità di essere un intellettuale: non solamente uno che ti parla di scienza ma una persona che ha una visione di insieme. Piero aveva avuto la possibilità di andare veramente a fondo su alcuni argomenti anziché fare un mordi e fuggi tra più cose, dedicandosi, per esempio, un anno soltanto ai viaggi nello spazio, l’anno dopo soltanto allo sviluppo dei bambini, poi al cervello, poi l'economia, l'atmosfera, la vita nel cosmo e così via. Ogni anno andando a fondo, parlando con tutti gli esperti, leggendo i libri e le ricerche scientifiche principali. Ecco, quando fai tutto questo, dopo un po’ inizi ad avere una visione dall’alto, a vedere come tutte queste cose apparentemente sparpagliate in realtà sono tutte collegate tra loro, e lui vedeva bene questi collegamenti. E, soprattutto, come emerge chiaramente anche in questo libro, sapeva farli vedere bene agli altri.
MASSIMO POLIDORO è il segretario nazionale del CICAP. Il suo ultimo libro è La meraviglia del tutto (Mondadori) scritto con Piero Angela, ed è in TV a Noos con Alberto Angela per parlare di bufale e disinformazione.