L’opera, che dal punto di vista visivo richiama l’idea del cubo di Rubik attraverso sei proiezioni anamorfiche nel grano, è stata progettata interamente da me e realizzata con il permesso del proprietario del campo durante la notte tra il 16 e il 17 giugno insieme a un team di altri 23 amici. La sua dimensione era tale da poter essere contenuta all’interno di un ipotetico quadrato con un lato lungo oltre 100 metri.
Come lo scorso anno, anche questa volta all’interno dell’opera ho inserito volutamente dei messaggi da decodificare per una nuova caccia al tesoro con premio finale; chi volesse partecipare può reperire le informazioni necessarie tramite la mia pagina Facebook[1] oppure può richiedere le istruzioni via email[2].

Fantasticare su forme impresse nel grano come se si guardassero delle nuvole nel cielo può sembrare un gioco innocuo, ma qualcuno si è spinto al punto da non accontentarsi di interpretare le forme dei cerchi o di cercare messaggi alieni nascosti nei codici binari al loro interno.
La nuova frontiera consiste nell’osservare l’opera attraverso le fotografie disponibili sforzandosi di individuare in maniera spregiudicata ulteriori forme, usando tutti gli elementi del paesaggio circostante, come ad esempio i profili degli altri campi intorno, corsi d’acqua, alberi, cespugli, la colorazione dell’erba e così via. Ed ecco che, seguendo il profilo di alcuni campi intorno a un cerchio nel grano, può venire alla mente la forma di un’imbarcazione offshore di cui il cerchio stesso costituirebbe l’elica del motore e tanto basta per dedurre che l’alieno Quetzalcoatl[4] della popolazione degli Anunnaki si sta dirigendo sulla Terra. Oppure si può scorgere il profilo di un agnellino con una marchiatura circolare sull’orecchio, il cerchio nel grano appunto, e questo sarebbe il segno evidente di un riferimento evangelico. In un altro caso ancora ci sarebbe addirittura Superman chiaramente in volo con il suo mantello svolazzante e gli esempi potrebbero continuare.
Potremmo interpretare questo approccio come una nuova versione patologica di pareidolia, di certo più avanzata rispetto a quella classica: una pareidolia 2.0, appunto. Dal punto di vista etimologico la parola pareidolia deriva dal prefisso greco παρά (parà, vicino) unito alla parola εἴδωλον (èidolon, immagine). Con questo termine ci si riferisce normalmente a quel processo della nostra mente attraverso il quale tendiamo a ricondurre a oggetti e forme note stimoli visivi dalla forma e disposizione casuale. Una spiegazione molto interessante per questa tendenza implicita della nostra mente ne vede l’origine in una capacità umana via via affinatasi e tramandata attraverso la selezione naturale.

La tendenza umana di ricondurre uno o più stimoli casuali a qualcosa di noto si ritrova anche nella percezione acustica. La disciplina della psicofonia, ben nota e analizzata in maniera molto approfondita dal CICAP nel corso degli anni, vorrebbe ricondurre degli stimoli sonori il più delle volte casuali a voci o suoni provenienti dall’aldilà. Tutto ciò ha in comune con la pareidolia 2.0 la volontà di soddisfare il bisogno di entrare in sintonia con qualcuno o qualcosa che non è materialmente con noi ma che lascerebbe volutamente delle tracce da decodificare e interpretare per dare un senso in grado di rassicurarci e confortarci nelle nostre credenze.
Tornando invece al mio cubo di Rubik di Cascina Geronima/Virle 2018, lì di messaggi intenzionalmente codificati da me all’interno ce ne sono tre e qui approfitto per ringraziare il fantastico team di circlemaker che mi ha aiutato nella realizzazione: Antonio Ghidoni, Rodolfo Rolando, Stefano Bardelli, Ennio Legrottaglie, Federico Lino, Monica Mautino, Davide Bellettini, Roberto Camisana, Matteo Carancini, Vanni De Luca, dilens_dilenzia, Matteo Gentini, Paolo Marelli, Graziella Morace, Piersilvio Oglio, Lorenzo Paletti, Matteo Pierini, Francesco Sblendorio, Rosita Sormani, Annalisa Tuccia, Carlo Ungarelli, Max Vellucci, Alberto Zaffaroni.
In chiusura non posso purtroppo esimermi dal citare la recente scomparsa dell’uomo che alla fine degli anni ‘70 insieme al suo amico Dave ha cominciato a creare i primi cerchi inventando l’arte del circlemaking, il mitico Doug Bower (25 giugno 1924 - 21 luglio 2018) a cui siamo debitori non solo noi circlemaker che continuiamo a creare opere magiche nell’oscurità della notte, ma anche tutti coloro che ne fruiscono successivamente con la luce del giorno.