L’impatto nullo degli integratori sulla mortalità

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© PeterHermesFurian/iStock
Il mercato degli integratori alimentari o multivitaminici è da sempre molto popolare e florido. Secondo le indagini, gli italiani che ne fanno uso sono circa 30 milioni, con un giro economico che supera i quattro miliardi di euro, quasi metà degli adulti del Regno Unito assume multivitaminici o integratori alimentari una volta alla settimana o più, per un mercato interno di oltre mezzo miliardo di sterline all’anno, mentre negli Stati Uniti ne fa uso un terzo degli adulti nella speranza di prevenire le malattie.

Ma nonostante la popolarità di questi prodotti, molti ricercatori già da tempo ne hanno messo in dubbio i benefici per la salute nella popolazione generale, affermando che gli integratori in determinate circostanze possono essere dannosi. In questo contesto si inserisce il lavoro di Erikka Loftfield e colleghi del National Cancer Institute del Maryland pubblicato di recente su “JAMA Network Open”, in cui sono stati analizzati i dati di tre importanti studi prospettici diversificati geograficamente sulla salute negli Stati Uniti[1]. Avviati negli anni ’90, gli studi hanno raccolto dettagli sull’uso quotidiano di integratori multivitaminici in circa 400.000 adulti sani seguiti per più di vent'anni, con particolare attenzione sulla mortalità complessiva e quella per le malattie cardiovascolari e il cancro. Un campione così numeroso ha consentito di verificare lo studio per una serie di fattori confondenti quali dieta, scolarizzazione, origine etnica o altri, come il fatto che chi fa uso di multivitaminici potrebbe avere stili di vita mediamente più sani ed equilibrati.

Ebbene, al netto di tutti i fattori confondenti considerati, i risultati della ricerca sono stati inequivocabili: non si sono trovate evidenze che i multivitaminici assunti giornalmente riducessero il rischio di morte, e anzi, è stato invece rilevato un rischio di mortalità più elevato del 4% tra gli utilizzatori nei primi anni di follow-up. In quest’ultimo caso, però, il maggior rischio di morte potrebbe riflettere la tendenza delle persone a iniziare ad assumere multivitaminici quando sviluppano una malattia grave. In aggiunta a quanto detto, non sono nemmeno state riscontrate differenze nella mortalità per cancro, malattie cerebrovascolari o malattie cardiache.

Neal Barnard, professore di medicina alla George Washington University e coautore di un articolo di commento pubblicato insieme allo studio[2], ha spiegato che i supplementi vitaminici possono essere utili in casi specifici di deficit, così come per esempio, storicamente, i marinai venivano salvati dallo scorbuto grazie alla vitamina C. «I multivitaminici fanno promesse sproporzionate e non forniscono risultati soddisfacenti. Il punto principale è che non aiutano», ha detto Barnard. Invece di assumere multivitaminici, si dovrebbero mangiare cibi che forniscano, per quanto possibile, un’ampia gamma di micronutrienti, macronutrienti e fibre, limitando i grassi saturi e quelli che aumentano il colesterolo.

Dovremmo cercare di ricordarlo la prossima volta che qualcuno ci proporrà di assumere degli integratori. Solo un medico o uno specialista della nutrizione potrà consigliarcelo, e solo nei casi in cui siano manifesti determinati deficit.

Note

1) Lotfield, E., et al., 2024. “Multivitamin Use and Mortality Risk in 3 Prospective US Cohorts”, in Jama Network Open, 26 luglio
2) Barnard, N.D., et al., 2024, “The Limited Value of Multivitamin Supplements”, ibidem
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