Questioni di metodo

La storia della scienza può contribuire a rendere più chiari gli effettivi valori alla base della nascita della scienza moderna e dunque il motivo per cui è meglio fidarsi delle dimostrazioni degli scienziati che non di quelle dei maghi. Se non possiamo convincere un fanatico con la logica, proviamoci con la storia

Il 14 gennaio 2012 è scomparso Paolo Rossi Monti, uno dei più importanti e famosi storici della filosofia e della scienza italiani, conosciuto anche a livello internazionale per i suoi studi sulla nascita della scienza moderna in Europa. Rossi si è occupato a lungo del rapporto fra scienza, magia e pseudoscienza. Uno dei suoi lavori più noti, tradotto in tutto il mondo, si intitola, non a caso, Francesco Bacone: dalla magia alla scienza (1957) Un classico, di cui consiglio vivamente la lettura, soprattutto nell’ultima edizione aggiornata[1]. Per aprire questa nuova rubrica, credo che valga la pena ricordare alcune delle conclusioni a cui è giunto Rossi nel corso della sua lunga carriera. Indicazioni di metodo che spesso ricorreranno nelle sue pagine e che sono indispensabili per comprendere come debba essere affrontato in maniera corretta il rapporto scienza-magia-pseudoscienza. Proviamo a riassumerle per punti, utilizzando le parole dell’autore:

1) “Strane e ingiustificate credenze, superstizioni, teorie stravaganti e non provate accompagnano da sempre il cammino degli esseri umani sulla Terra. Non sono affatto scomparse dopo che si è affacciata alla storia - fra la metà del Cinquecento e la metà del Seicento - quella complicata e stratificata realtà alla quale attribuiamo il nome di scienza moderna. Per un breve periodo della storia europea alcuni filosofi e alcuni scienziati (poi qualificati come illuministi e positivisti) pensarono che la crescita e il progresso della scienza, soprattutto la diffusione del sapere scientifico e un modo di pensare scientifico, avrebbero fatto sparire dalla storia i miti, le superstizioni, le teorie incontrollate, le infondate convinzioni che occupavano e occupano arbitrariamente la testa di innumerevoli uomini e donne[2]”. Le ragioni di questa constatazione (con la cui evidenza i membri del CICAP si devono confrontare tutti i giorni), sono chiarite nel punto successivo:

2) “la credenza nel valore delle verità scientifiche, come era ben chiaro a Max Weber, non deriva dalla natura, ma è lo specifico prodotto di determinate culture[3]”. In sostanza, per sviluppare la razionalità non basta semplicemente promuovere e diffondere l’istruzione scientifica, ma è necessario trasmettere i valori che stanno alla base della scienza. Solo così facendo abbiamo la speranza di educare le persone a distinguere chiaramente fra scienza e magia. Infatti, come sappiamo, per quanto possano essere chiare e precise, le dimostrazioni scientifiche non riusciranno mai a convincere chi non è disposto a credere nella loro verità: “perché non si convincono i fanatici con la logica” come ha giustamente scritto H. Wilhelmy, storico della civiltà Maya, occupandosi delle “accozzaglie archeologiche di Däniken[4]”. D’altra parte Francis Bacon aveva già affermato: “L’uomo crede più facilmente vero ciò che preferisce vero” e respinge “le cose difficili perché è impaziente nella ricerca[5]”. Come si vede, a distanza di quattro secoli, questo giudizio resta ancora estremamente attuale.
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"L'atmosphere" dipinto di Camille Flemmarion

Ma se non possiamo usare la logica, allora cosa dobbiamo fare? Probabilmente nei confronti dei fanatici, purtroppo, possiamo fare ben poco. Ciò non significa che il CICAP non debba continuare a fare quello che ha sempre fatto finora, e in maniera egregia: indagare ogni fenomeno scientificamente, contribuendo a risolvere (falsi) misteri e a smascherare (veri) imbrogli. Tuttavia, per risolvere il problema, bisogna andare oltre la difficile, e per certi versi impossibile, cura della malattia, concentrando gli sforzi anche sulla sua prevenzione. E per prevenire bisogna ben educare, educare ai valori della scienza. Naturalmente il discorso è lungo e complesso: avremo modo di tornarci sopra. Sicuramente la conoscenza della storia, e della storia della scienza in particolare, può offrire un valido aiuto a questa opera di prevenzione, risultando un efficace strumento per contrastare, sia sul piano dell'indagine che della divulgazione, le affermazioni delle pseudoscienze e, più in generale, un modo di pensare ‘magico’.
In primo luogo, la storia può fornire un supporto strettamente tecnico, ad esempio mettendo in evidenza la scarsa attendibilità delle informazioni storiche contenute nei testi pseudoscientifici. Informazioni che, utilizzate in maniera distorta per convalidare una particolare tesi, determinano la costruzione di una vera e propria ‘parastoria’, una storia che può sembrare reale agli occhi del non specialista, ma che alla fine non trova riscontro nei documenti né nell’effettivo contesto storico (attenzione, però: anche i testi scientifici, come vedremo, non sono per niente immuni da questo difetto).
Ma, soprattutto, la storia della scienza può contribuire a rendere più chiari gli effettivi valori alla base della nascita della scienza moderna (e dunque il motivo per cui è meglio fidarsi delle dimostrazioni degli scienziati che non di quelle dei maghi). Valori che sono il frutto di una conquista, di battaglie che hanno visto combattere sullo stesso fronte i protagonisti della nascita della scienza (e della filosofia) moderna: il rifiuto del principio di autorità, la diffusione di un sapere pubblico, controllabile e verificabile da tutti, il ruolo della comunità scientifica, la separazione degli ambiti di competenze fra i vari tipi di sapere (scienza, religione, letteratura, ecc.). Com’è noto, Galileo, Cartesio, Bacone, e molti altri insieme a loro, non evitarono di confrontarsi con gli elementi tipici della cultura rinascimentale, come la magia, l’astrologia o le pratiche alchimistiche (tutte tematiche variamente confluite nelle loro teorie e nelle loro opere), ma si trovarono pressoché concordi nel denunciare i rischi presenti nella valorizzazione dell’immagine di un sapere segreto, intuitivo, occulto, profetico, riservato soltanto ad eletti e iniziati, ed i pericoli insiti nell’utilizzazione di linguaggi ambigui ed oscuri, costruiti talvolta intenzionalmente per ostacolare la comprensione e proteggere l’accesso alla conoscenza. Non era l’idea dell’intervento sulla natura, delle operazioni in laboratorio, della manipolazione delle sostanze a fare la differenza, ad esempio, fra i sostenitori della scienza moderna e gli alchimisti. La diversità stava nel diverso modo di concepire la conoscenza, riservata soltanto agli eletti e agli iniziati per gli alchimisti, accessibile a tutti per gli scienziati, perché universale e fondata sul principio dell’uguaglianza delle intelligenze. Questi furono i valori che contraddistinsero l'avvento della scienza moderna.
Far capire, partendo dall’insegnamento scolastico (un tema al quale dedicheremo un certo spazio), che la scienza moderna è nata per affermare principi che hanno a che fare con la libertà di pensiero e la democrazia, non con il dogmatismo e l’autoritarismo, potrebbe essere di aiuto nello sviluppo di una corretta valutazione dei rapporti tra scienza e magia. Sottolineare questo, naturalmente, non significa in alcun modo negare o nascondere che il sapere scientifico è soggetto al pericolo di condizionamenti politici, culturali ed economici. Al contrario, è salutare mettere in evidenza la fragilità della scienza e i rischi ai quali è quotidianamente sottoposta. Infatti, è importante tenere sempre a mente che i valori su cui si fonda la scienza, così come sono stati conquistati, possono essere anche perduti. Tuttavia, è necessario insistere sul fatto che, nonostante tutti i suoi limiti e le sue fragilità, non è stata ancora trovata una forma di sapere, alternativa alla scienza, che garantistica per tutti le stesse possibilità di accesso alla conoscenza e alla comprensione della realtà. E che sia suscettibile di controllo, nel caso di errori o di frodi.
Se non possiamo convincere un fanatico con la logica, proviamoci allora con la storia.

Note


1) P. Rossi, Francesco Bacone: dalla magia alla scienza, Bologna, Il Mulino, 2004
2) P. Rossi, Introduzione, in Forse Queneau. Enciclopedia delle scienze anomale, a cura di P. Albani e P. della Bella, Bologna, Zanichelli, 1999, p. 3
3) P. Rossi – V. Ferrone, Lo scienziato nell’età moderna, Roma-Bari, Laterza, 1994, p. XX
4) H. Wilhelmy, La civiltà dei Maya (1981), Roma-Bari, Laterza, 1990, p. 455
5) F. Bacon, Instauratio magna (1620); trad. it. La grande instaurazione, in Scritti filosofici, a cura di P. Rossi, Torino, UTET, 1975, p. 565
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