Di spie, di cospirazioni e di epidemie

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  • 28-11-2014
  • di Roberto Labanti
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Il quotidiano indipendente Daily Observer è pubblicato a Monrovia, capitale della Liberia. Lo scorso 9 settembre ha reso disponibile sul proprio sito web un intervento in forma di lettera indirizzata ai “cittadini del mondo”, a firma di un vecchio collaboratore del periodico, il fitopatologo di origini liberiane Cyril E. Broderick sr., professore associato alla statunitense Delaware State University. Nella lettera, in cui chiedeva un intervento internazionale per contenere la diffusione dell’epidemia di Ebola, il docente liberiano affermava di ritenere che il virus sia un organismo geneticamente modificato, sviluppato negli Stati Uniti, a Fort Detrick, e che la malattia sia stata diffusa in Africa occidentale per permettere la sperimentazione sull’uomo di nuovi vaccini[1].
L’epidemia della malattia da virus Ebola (in questo caso il virus particolare è EBOV, Ebola virus, un tempo noto come Zaire ebolavirus) che oggi interessa la Liberia è la più grave mai avvenuta da quando è stata descritta per la prima volta nel 1976: pare avere avuto origine nella Repubblica di Guinea nel dicembre 2013, probabilmente in seguito al contatto accidentale con un pipistrello della famiglia dei Pteropodidi, sospettati di essere il serbatoio naturale del filovirus. Da qui si è diffusa in altri due paesi dell’Africa occidentale, la Sierra Leone e, appunto, la Liberia che con la Guinea confinano.
Nel preparare la sua lettera, Broderick non ha avuto alcuna difficoltà a mettere insieme una serie di fonti in grado di sostenere le sue accuse: si tratta di materiale agevolmente reperibile su siti dedicati alle cospirazioni. Come altri prima di lui, non si è probabilmente neppure accorto di stare riprendendo almeno due temi leggendari che, nelle forme più vicine a quelle da lui utilizzate, circolano da diversi anni, anche grazie all’interessato intervento di manipolatori (non di virus, ma di idee). Si tratta del tema del virus creato in laboratorio e di quello del vaccino dannoso somministrato alle popolazioni del Terzo mondo per esperimenti o per danneggiarle.
Dobbiamo tornare a poco più di trent’anni fa, quando stava esplodendo l’epidemia dell’AIDS (altra malattia citata da Broderick). Tutto ebbe inizio nel 1983, quando su un piccolo quotidiano indiano, Patriot, fu pubblicata una lettera di un anonimo antropologo statunitense: vi si affermava che il virus causa della sindrome di immunodeficienza acquisita era stato sviluppato nei laboratori di Fort Detrick in Maryland, già sede del programma di armi biologiche statunitensi fra il 1943 e il 1969, anno in cui gli Stati Uniti avevano aderito al protocollo di Ginevra che metteva al bando armi chimiche e biologiche. Dopo due anni di oscurità dovuti alla natura della pubblicazione, nel 1985 l’accusa fu ripresa dal ben più visibile settimanale russo Literaturnaya Gazeta: da lì, negli anni successivi, rimbalzò sui media occidentali e, soprattutto, su quelli del cosiddetto Terzo mondo. Si scoprirà poi che si era trattato di una operazione di disinformazione volta ad influenzare l’opinione pubblica internazionale in chiave anti-americana, sviluppata dal sovietico Komitet gosudarstvennoj bezopasnosti (Comitato per la sicurezza dello stato, meglio noto con la sigla KGB) con il supporto dei colleghi dell’Hauptverwaltung Aufklärung (Direzione principale dell’intelligence, HvA), il servizio segreto esterno della Repubblica Democratica Tedesca. Quando, per le mutate condizioni geo-politiche, sovietici e tedeschi orientali cessarono di sostenerla attivamente, la teoria cospirativa continuerà a vivere di vita propria, soprattutto fra le minoranze e nell’Africa sub-sahariana, dove i due servizi avevano speso le maggiori energie. Già nel 1991 Cesare Bermani poteva scrivere che «si è ormai creato in tutta una parte del mondo - in particolare nello Zaire e in altri paesi dell’Africa centrale assai colpiti dall’[AIDS] - un solido senso comune, altrettanto paranoico di quello creatosi nei paesi occidentali: il virus è stato inviato in Africa dagli Stati Uniti allo scopo di ridurre il tasso di natività[2]». Per Thomas Boghardt, uno storico militare che ha ricostruito la vicenda in un articolo su Studies in Intelligence, «[e]quipaggiati con una comprensione intuitiva della mente umana, gli specialisti in disinformazione» di Mosca e Berlino «utilizzarono le tecniche che stimolano lo sviluppo e la diffusione di rumors e teorie cospirative - creazione di semplicistici capri espiatori, ripetizione infinita e l’ingegnosa miscelazione di bugie, mezze verità e fatti innegabili. Una volta depositata nel subconscio globale, la teoria cospirativa sull’AIDS è divenuta essa stessa una pandemia. [...] [L’]intelligence del blocco sovietico ha creato un mostro che è sopravvissuto ai suoi creatori[3]». Oggi, attraverso i consueti meccanismi di evoluzione delle leggende contemporanee, Ebola si è affiancato all’Aids.
C’è poi la questione del vaccino “dannoso”. E, anche in questo caso, ci troviamo di fronte a rumors che erano già diffusi da anni in Africa occidentale. Nel 2003, infatti, nel nord della Nigeria, dirigenti politici e religiosi invitarono al boicottaggio della campagna di vaccinazione infantile anti-poliomielite perché il vaccino somministrato era ritenuto contaminato con ormoni anti-fertilità, HIV e sostanze cancerogene per colpire i bambini musulmani. Secondo il sociologo nigeriano Ayodele Samuel Jegede, dell’Università di Ibadan, che ha studiato il caso «[i]l boicottaggio del vaccino in Nigeria fu influenzato da una complessa iterazione di fattori [...] fra i quali mancanza di fiducia nella medicina moderna, motivi politici e religiosi [...] e un teoricamente genuino, anche se fuori luogo ed inefficace, tentativo da parte della leadership locale di proteggere la propria gente». Qualche anno dopo lo stesso tipo di voci fu diffuso dai talebani in Pakistan settentrionale e in Afghanistan, con il corollario di attacchi armati nei confronti di alcuni funzionari impegnati nelle campagne di vaccinazione[4]. Proprio in quest’ultima area la questione si è ulteriormente complicata, a causa di un dissennato progetto della Central Intelligence Agency (CIA) abbandonato, fra le critiche, solo nel 2013: l’uso di false campagne di vaccinazione per azioni di sorveglianza. La più nota di queste operazioni clandestine, che ha portato all’uccisione di Osama Bin Laden in Pakistan nel 2011, ha però irritato il Bayna al-Khidmāti Mukhābarāt, il servizio segreto pakistano, che non ha gradito l’attività non concertata di un servizio straniero sul proprio territorio: prima ha arrestato i contatti locali della CIA, poi ha fatto giungere alla stampa informazioni sull’azione di copertura, che nelle intenzioni di Langley, sarebbe dovuta rimanere segreta proprio per non alimentare voci. Dopo quanto accaduto, è aumentata la sfiducia nei confronti delle campagne di vaccinazione e il rischio per i vaccinatori (ora additati come spie), con fortissime ripercussioni sulla sanità pubblica.
Broderick è comunque un’esponente dell’élite intellettuale liberiana, docente negli Stati Uniti e il quotidiano su cui ha scritto è un quotidiano della capitale. Qual è invece la diffusione di temi del genere altrove, fra le diverse culture di un vasto territorio? Dall’inizio della crisi, le cronache riportano una serie di incidenti che hanno coinvolto operatori e strutture sanitarie: l’episodio più tragico è avvenuto a metà settembre nella cittadina di Womey, in Guinea, vicino al confine con la Liberia, dove un gruppo di funzionari governativi, operatori sanitari e dipendenti di una radio giunti sul luogo per informare la popolazione degli accorgimenti da prendere per evitare la diffusione dell’infezione sono stati aggrediti dalla popolazione. Otto di loro, che si erano nascosti in zona, sono poi stati rinvenuti cadaveri dall’autorità giudiziaria nella latrina della locale scuola elementare. Tali forme di resistenza sono forse da attribuire alla diffusione di voci simili a quelle che abbiamo esaminato più sopra? È difficile dirlo, dalle notizie frammentarie disponibili. Forse sarà possibile meglio comprendere la situazione quando gli antropologi che attualmente sono sul campo per facilitare i contatti avranno modo di tornare, alla fine dell’emergenza, alla scrivania. Nel mentre, secondo James Fairhead, dell'University of Sussex, «dietro alla maggior parte degli episodi più violenti ci sono probabilmente retroscena legati a precedenti incontri problematici» oppure al desiderio di tagliare le comunicazioni con l’esterno, per evitare che la malattia sia portata da fuori. Certamente, già nei primi mesi dell’epidemia, circolavano voci come quelle raccolte nei remoti villaggi della prefettura di Guékédou in Guinea, che richiamano una diverso leggenda, quella dei “furti d’organo”: «pensavano che una volta morto, il paziente [di un centro di trattamento] venisse privato di organi e sangue[5]».
Le false voci, comunque, sembrano avere effetto sulla risposta internazionale a quella che è un’emergenza sanitaria globale. Diverse organizzazioni non governative, allo stremo, hanno richiesto agli Stati non direttamente coinvolti di inviare sul posto personale civile e militare per gestire la logistica, il trasporto aereo, la costruzione di ospedali da campo (e la messa in opera di navi ospedali), la cura e l’assistenza dei malati. Richiesta spesso accolta con ritrosia, per diverse ragioni. Per quel che qui ci interessa, come ha spiegato in un suo intervento Laurie Garrett, Senior Fellow for Global Health di un’organizzazione privata spesso protagonista essa stessa di teorie cospirazioniste, il Council on Foreign Relations, una di queste è il fatto che «la presenza di personale militare straniero in uniforme rischia di alimentare» proprio quel genere di narrazioni che abbiamo incontrato. Un fattore che i governi, in particolare quello statunitense, sono costretti a valutare, per non mettere in pericolo il proprio personale. Ma nel mentre, di Ebola si continua a morire[6].

Note


2) Bermani, C. 1991. Il bambino è servito. Leggende metropolitane in Italia. Edizioni Dedalo, Bari, p. 353; si veda anche Nattrass, N. 2013. Understanding the origins and prevalence of AIDS conspiracy beliefs in the United States and South Africa. “Sociology of Health and Illness” (31) 1, pp. 113-129, doi: 10.1111/j.1467-9566.2012.01480
3) Boghardt, T. 2009. Operation INFEKTION: Soviet Bloc Intelligence and Its AIDS Disinformation Campaign. “Studies in Intelligence” (53) 4, pp. 1-24, disponibile all’url http://tinyurl.com/254pkuj
4) Sul boicottaggio in Nigeria si veda Jegede A. S. 2007. What Led to the Nigerian Boycott of the Polio Vaccination Campaign? “PLoS Med” (4) 3, p. e73, doi:10.1371/journal.pmed.0040073, disponibile all’url http://tinyurl.com/pfu3e3x . Su quello in Pakistan e Afghanistan si veda invece Warraich, H. J. 2009. Religious opposition to polio vaccination. “Emerging Infectious Diseases” (15) 6, disponibile all’url http://tinyurl.com/kjrc89r
5) Fairhead, J. 2014. The significance of death, funerals and the after-life in Ebola-hit Sierra Leone, Guinea and Liberia: Anthropological insights into infection and social resistance. Draft disponibile all’url http://tinyurl.com/mcut9um
6) Garrett, L. September 5, 2014. We Could Have Stopped This. Disponibile all’url http://tinyurl.com/l7wnk5u
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