L'Enigma Van Meegeren

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  • 21-11-2019
  • di Paola Dassori
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Tutti (o quasi) ricordano la beffa delle false teste di Modigliani, ripescate dal Fosso Reale di Livorno nel 1984 e attribuite al grande pittore, mentre erano state in realtà scolpite per scherzo da alcuni ragazzi livornesi.

Un caso simile, ma con tutt’altre implicazioni, accadde nei Paesi Bassi tra gli anni ’30 e ’40 ad opera di un pittore e mercante d’arte: Han Van Meegeren.

Van Meegeren, nato nel 1889, era un pittore abbastanza conosciuto nel suo Paese, criticato però per la sua tendenza ad ispirarsi troppo ai grandi maestri della pittura olandese del ‘600. Gli esperti lo definivano più un bravo copista che un artista originale, e fu per reazione a queste critiche che, nel 1932, il pittore iniziò a studiare il modo di mettere a frutto questa sua abilità creando quadri che si potessero scambiare con quelli dei maestri.

Studiando le vite e la tecnica dei grandi pittori, decise che il suo modello sarebbe stato Jan Vermeer, sommo pittore olandese vissuto nel ‘600, che da pochi anni era stato riscoperto dai critici dopo secoli di oblio, e del quale si conosceva solamente una trentina di opere. Van Meegeren acquistò delle tele antiche di poco valore e studiò la composizione dei colori, utilizzando pigmenti come il lapislazzuli, il bianco di piombo, l’indaco e il cinabro, mescolandoli con tecniche antiche; si costruì pennelli con peli di tasso come quelli utilizzati da Vermeer, inoltre formulò una vernice a base di bakelite (resina fenolica) che induriva la superficie del dipinto facendolo apparire vecchio di centinaia di anni. Dopo aver ultimato il lavoro, metteva la tela in un forno a 100° per un certo tempo, quindi la arrotolava su di un cilindro per creare le screpolature, infine applicava una soluzione di inchiostro di china diluito che le anneriva.

Ci vollero cinque anni per arrivare, finalmente, ad un dipinto che somigliasse perfettamente ad un’opera di Vermeer: la Cena in Emmaus, che Van Meegeren diede a un suo amico chiedendogli di sottoporla all’esame del famoso critico inglese Abraham Bredius, il quale dopo averla attentamente studiata la proclamò solennemente autentica.

Era il 1937: la notizia si diffuse nel mondo artistico sbalordendo tutti gli esperti, dato che a quanto si sapeva Vermeer non aveva mai dipinto opere di carattere religioso. Non si trattava soltanto della scoperta di un nuovo quadro, ma addirittura di un nuovo filone dell’opera del grande pittore. Questo indica quanto Van Meegeren avesse studiato attentamente il suo piano, non limitandosi all’imitazione del maestro, ma creando opere di un genere mai affrontato, e quando, nel corso degli anni seguenti, “scoprì” altri cinque Vermeer sempre di ispirazione sacra, si trovò favorito dall’attesa che aveva saputo creare.

Intanto era scoppiata la seconda guerra mondiale, l’Olanda era stata invasa dai tedeschi. Nel 1942 Van Meegeren, tramite un suo agente, vendette uno dei suoi quadri, intitolato Cristo e l’Adultera al banchiere nazista Alois Miedl, il quale a sua volta lo cedette a Hermann Göring per la favolosa somma di un milione e sessantacinquemila guilders, pari a sette milioni di dollari odierni. Il quadro, nascosto da Göring insieme a molti altri, fu ritrovato dagli alleati nel 1945, e interrogando Miedl si risalì a Van Meegeren, che venne arrestato e incarcerato con l’accusa gravissima di collaborazionismo, per la quale rischiava la pena di morte.

Il processo avvenne nel 1947 e fu pieno di colpi di scena. Appena iniziato, Van Meegeren interruppe la lettura dell’atto di accusa obiettando: «Io non sono un collaborazionista e tanto meno un traditore. Io non ho venduto a Göring nulla che non mi appartenesse. Il “Cristo e l’Adultera” non era di Vermeer, ma era stato dipinto da me. Non sono pazzo e ve ne posso dare la dimostrazione: il quadro è falso, come falsi sono tutti quei quadri che sono stati acquistati e giudicati come dei Vermeer autentici».

Nell’aula del tribunale si passava dallo stupore all’incredulità: Van Meegeren fu trattato da pazzo e megalomane. L’accusa lo indicò come un pittore fallito che pur di richiamare attenzione intorno a sé non esitava a farsi considerare un falsario; inoltre, ammettendo le falsificazioni, faceva cadere la gravissima accusa che pesava su di lui.

Se ciò che il pittore diceva era vero, come potevano essersi ingannati così tanto i periti?

Il tribunale, a questo punto, fu costretto a chiedere all’imputato di provare che i quadri erano veramente falsi: lui domandò due mesi di tempo e dipinse un Gesù tra i dottori. Il tribunale accettò la prova e lo assolse dall’accusa di collaborazionismo, condannandolo solamente a un anno di reclusione per falso.

Han Van Meegeren morì per un attacco cardiaco il 30 dicembre 1947, quando la veridicità delle sue affermazioni era ancora dibattuta: molti ritenevano che avesse mentito per evitare la pena di morte, e che in realtà i falsi Vermeer (due dei quali erano stati acquistati nientemeno che dal governo olandese e destinati agli importanti musei Boymans e Rijksmuseum) fossero autentici.

Si dovette aspettare il 1967, quando un team di esperti della Carnegie Mellon University di Pittsburgh condusse su diversi quadri delle analisi accurate, stabilendo che parecchi tra di essi erano stati dipinti utilizzando materiali del ventesimo secolo. In particolare, fu preso in esame il bianco di piombo: quello usato da Vermeer era estratto da miniere olandesi e conteneva tracce di argento e antimonio, mentre il materiale comperato da Van Meegeren, proveniente dagli USA e dall’Australia, oltre ad essere sottoposto a processi di raffinazione più moderni che eliminavano quegli elementi, presentava un diverso stadio di decadimento degli isotopi del piombo.

Nel 2011, infine, uno studio inglese rinvenne su di uno dei suoi dipinti la presenza di bakelite, resina fenolica scoperta soltanto nel 1909.

Stranamente Van Meegeren fu più apprezzato che deprecato dall’opinione pubblica olandese per i suoi falsi, soprattutto per l’inganno verso Hermann Göring, e rimane ancora oggi considerato uno dei truffatori più ingegnosi e prolifici del ventesimo secolo.
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