Come tutto è cominciato...

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Piero Angela, Steno Ferluga, Adalberto Piazzoli, Massimo Polidoro e Lorenzo Montali al primo Convegno del CICAP, a Padova nel 1991.
Un giorno, ero ancora un adolescente, entrai in libreria per la mia abituale ricerca di testi sul paranormale, argomento che mi appassionava, e mi trovai tra le mani un libro di un giornalista che stimavo molto, Piero Angela. Con mia sorpresa il libro, che si intitolava Viaggio nel mondo del paranormale, parlava di parapsicologia e prometteva di esaminare tutti i più importanti fenomeni paranormali, compresi quelli di Uri Geller, che all’epoca consideravo un autentico fenomeno.

La cosa che mi fece decidere di investire i miei risparmi in quel libro, piuttosto che in un testo sulle profezie di Nostradamus, fu il fatto che in quarta di copertina si spiegava che la preoccupazione di Angela era stata quella di “non farsi prendere in giro”. «Non è partendo da errori, suggestioni o imbrogli» lessi «che è possibile muoversi alla ricerca di nuove dimensioni o alla ricerca di nuove teorie scientifiche. Questa indagine sulla parapsicologia intende fornire un materiale prezioso a tutti coloro che si interessano ai fenomeni paranormali e che desiderano documentarsi seriamente sulle ricerche in corso nel mondo, senza cercare semplicemente un’evasione nel magico. Questo, infatti, non è un libro per chi vuol credere, ma per chi vuol capire».

Perfetto! Esattamente quello che cercavo.

E fu effettivamente così. Quel libro mi aprì davvero un nuovo mondo: per la prima volta mi fece ragionare nel modo giusto su certi argomenti, capii tante cose che prima mi sembravano inspiegabili e, soprattutto, scoprii che non bisogna credere a qualcosa o dubitarne solo sulla base dell’istinto o della dichiarazione di una qualche autorità, ma che prima di tutto bisogna valutare tutte le prove e che bisogna farlo in maniera critica, cioè senza lasciarsi suggestionare o con il desiderio di credere a ciò che vorremmo fosse vero.

Persi un mito, Uri Geller, ma trovai un nuovo eroe: James Randi. Angela aveva dedicato numerose pagine a raccontare le indagini e le scoperte di questo straordinario personaggio, quasi un moderno Houdini. Quest’uomo non era un millantatore, ma era veramente un tipo sensazionale: dopo una carriera come illusionista specializzato in evasioni e fughe proprio come Houdini, si era dedicato come lui a sbugiardare i ciarlatani del paranormale. Ecco, mi dissi, l’illusionismo, che già mi appassionava tanto, è un’arte bellissima e continuerò a studiarla, ma quello che voglio fare veramente è essere come Houdini e come Randi. Voglio conoscere tutti i segreti e gli imbrogli dei ciarlatani per poterli poi smascherare e, chissà mai che lungo la strada, prima o poi, non mi imbatta in qualche fenomeno veramente inspiegabile.

Erano sogni di un ragazzino di provincia e probabilmente, se li avessi considerati anch’io come tali, lo sarebbero rimasti per davvero. Invece ci credevo e volevo fare tutto il possibile perché si realizzassero. Nel libro di Angela avevo trovato un indirizzo, era quello dello CSICOP, il Comitato americano per l’indagine scientifica del presunto paranormale. Mi iscrissi immediatamente e mi abbonai alla rivista del Comitato, The Skeptical Inquirer.

Randi era stato uno dei fondatori dello CSICOP così gli scrissi a quell’indirizzo, manifestandogli tutta la mia ammirazione e chiedendogli delle informazioni su Uri Geller (di cui ancora mi eludeva il misterioso trucco del piegamento dei cucchiaini). Non che mi aspettassi veramente una risposta, figuriamoci: una celebrità americana che risponde alla lettera di uno sconosciuto ragazzino italiano! Però, se non si prova non si saprà mai quello che può succedere. Già che c’ero, qualche giorno dopo scrissi anche a Piero Angela presso la RAI, volevo complimentarmi per il suo libro e chiedergli che cosa ne pensava dell’idea di creare anche in Italia un comitato come lo CSICOP americano.

Era estate e me ne andai in ferie con i miei, dimenticandomi delle lettere. Quando tornai ebbi la più bella sorpresa che potessi immaginare, c’erano due buste che mi aspettavano: una da parte di James Randi, l’altra da Piero Angela.

Entrambi mi facevano i complimenti per il mio interesse precoce per questi argomenti e per il mio spirito critico ed entrambi accennavano a qualcosa di molto interessante: sì, c’era la concreta possibilità di creare un Comitato di scettici anche in Italia. Angela ci aveva provato una decina d’anni prima, quando aveva realizzato la sua fortunata serie sulla parapsicologia, ma non era riuscito a concretizzare i buoni propositi di tutti gli studiosi e scienziati che avevano aderito all’idea. Ora ci voleva riprovare e stava organizzando un incontro a Torino con tutti gli abbonati italiani allo Skeptical Inquirer, per vedere se ne sarebbe potuto nascere qualcosa di buono. Randi mi scriveva che sarebbe venuto in Italia proprio per aiutare Angela, di cui era amico, a fondare questo comitato e che non vedeva l’ora di incontrarmi. Infatti, aggiunse, aveva recuperato qualche libro su Geller che mi voleva portare in quell’occasione.

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James Randi e Massimo Polidoro a Roma nel 1988.
Non ci potevo credere: un attimo prima ero un sognatore e poco dopo queste persone che ammiravo così tanto si rivolgevano a me come se fossi uno di loro.

Aspettai con trepidazione il giorno dell’incontro, che si tenne nell’ottobre del 1988 in un ristorante di Torino, in via Nizza. Angela mi riconobbe subito appena entrai nel ristorante, forse perché ero il più giovane presente. Emozionatissimo lo ascoltai mentre mi spiegava le sue idee sul futuro comitato degli scettici. Poi, mi disse che Randi non sarebbe potuto venire perché aveva subito un’operazione in ospedale: niente di grave, ma per qualche tempo non poteva muoversi. Mi rincuorò, però, dicendomi che sarebbe sicuramente arrivato nel giro di un mese per un nuovo incontro.

Quel giorno a Torino si posero le basi per la futura nascita del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), nome che Angela aveva pensato per la sua assonanza con “check-up” (controllo). In quell’occasione conobbi anche Lorenzo Montali che, su incarico di Angela, era stato negli Stati Uniti presso lo CSICOP per capire come realizzare qualcosa di simile anche in Italia. Aveva la mia stessa età, anche se sembrava più grande, diventammo subito amici e, vista la breve distanza che ci separava, presi a raggiungerlo ogni mattina a Milano per lavorare alla nascita e all’organizzazione del CICAP.

Finalmente, giunse anche il giorno della visita di Randi in Italia. Mi portai appresso una copia del suo libro, The Truth about Uri Geller, che speravo di riuscire a farmi autografare, e una copia delle lettere che mi aveva scritto: giusto per fargli capire chi ero. Non ce ne fu bisogno: appena mi avvicinai per presentarmi Angela mi introdusse e Randi mi strinse la mano con un gran sorriso. Prese dalla sua valigetta dei libri che mi aveva portato e ci mettemmo a chiacchierare di sedute spiritiche e delle illusioni di David Copperfield.

Le mie aspettative non erano state deluse: Randi era dinamite! Pieno di storie affascinanti e trucchi magici che realizzava all’improvviso in maniera strabiliante, sembrava uscito da un romanzo d’avventure!

Al termine della riunione mi resi conto che la possibilità di parlare ancora con quella miniera di aneddoti e di sorprese stava rapidamente svanendo e presto l’avrei dovuto salutare. Il giorno dopo doveva essere a Roma con Angela per partecipare ad alcune trasmissioni televisive e poi sarebbe tornato negli Stati Uniti. Chissà quando avrei potuto rivederlo.

Come si dice: la fortuna aiuta gli audaci e fu proprio così. Mi feci coraggio e timidamente dissi a Randi che mi sarebbe piaciuto molto accompagnarli a Roma l’indomani. Sia Randi che Angela furono felici dell’idea e subito mi invitarono a unirmi a loro.

Ero sbalordito: il mattino dopo ero su un aereo per Roma, seduto in mezzo a Piero Angela e a James Randi. Era la prima volta che salivo su un aereo.

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La sera in cui Piero Angela propose a Massimo di trasferirsi negli Stati Uniti per diventare l'apprendista di Randi.
Trascorsi tre giorni bellissimi: li accompagnai agli studi della RAI, vidi come si realizzavano le trasmissioni TV, feci da complice a Randi per una particolare illusione, lo accompagnai a cena da un suo amico... Silvan (ed ebbi così l’occasione di conoscere un altro eroe della mia infanzia), gli feci centinaia di domande ricevendo sempre risposte esaurienti e competenti... L’ultima sera andammo a casa di Angela, dove la moglie preparò una cena a cui prese parte anche Roberto Vacca. Quando gli ospiti se ne furono andati e rimanemmo soli, Angela e Randi si allontanarono per qualche minuto, mentre io restai in compagnia di Alberto che mi mostrò la sua bellissima collezione di reperti fossili.

Dopo una mezz’oretta, Angela mi chiamò e mi disse: «Sai, ho chiesto a Randi di osservarti durante questi giorni; mi sembri un ragazzo in gamba e volevo capire se può valere la pena occuparsi di te e aiutarti. Randi mi ha detto queste testuali parole: “È eccezionale! Capisce al volo e risolve cose complicate, là dove gli altri solitamente falliscono”». Ora mi spiegavo tutti quegli enigmi e quei rompicapo che Randi mi aveva proposto in quei giorni. «La nostra proposta è questa» continuò Angela «vorresti andare negli Stati Uniti con Randi, per essere suo allievo e imparare tutto quello che c’è da sapere nell’indagine dei fenomeni paranormali? Oh, naturalmente riceverai una borsa di studio da parte mia che ti permetterà di coprire le tue spese di viaggio e il tuo soggiorno in America… Guarda che non si tratta di un regalo, ma di un investimento. Sono convinto, infatti, che i soldi che si guadagnano non vadano investiti solamente in banca ma anche sulle persone che lo meritano e che hanno le potenzialità per fare qualcosa di importante. Allora accetti?»

Era come se fosse spuntato fuori il genio della lampada e mi avesse chiesto: «Ti piacerebbe se i tuoi sogni diventassero realtà?»

Non credo sia difficile immaginare quale fu la mia risposta…

Tratto da Indagatori dell’Occulto, a cura di M. Polidoro e L.Garlaschelli – Edizioni Avverbi, 1998.

Le prime iniziative nazionali


Nel 1991, a Padova, si tiene il primo Convegno nazionale del CICAP. Non sapevamo bene che cosa aspettarci, il nostro unico precedente organizzativo di questo tipo era una giornata di conferenze tenutasi un paio d’anni prima a Cormons (provincia di Gorizia). Quella volta si presentarono più di mille persone, ma era la primissima uscita del CICAP e l’ingresso era libero.

A Padova, si trattava invece di organizzare un incontro aperto solo ai partecipanti che potevano pagare una quota di iscrizione: necessità dettata dal fatto che scoprimmo immediatamente quanto era costoso organizzare un incontro del genere.

Ricordo che l’intero convegno fu organizzato soprattutto grazie agli sforzi dell’amico Luca Rodaro, allora studente come me a Padova, che si diede moltissimo da fare tra permessi del Comune, richieste al Teatro di Padova e ricerca di uno sponsor locale che ci aiutasse a coprire una parte dei costi (e riuscì anche a trovarlo in uno studio dentistico della città).

Fu un episodio molto istruttivo per noi, che ci avrebbe aiutato a impostare tutti i convegni successivi. Imparammo, per esempio, come gestire i momenti delle domande del pubblico: in quell’occasione, infatti, parteciparono al Convegno anche alcuni “paranormalisti” (tra i quali un “rappresentante degli extraterrestri”) che, al momento delle domande, si impossessarono del microfono improvvisando veri e propri comizi per accusare il presunto scientismo dei nuovi inquisitori. Noi, ovviamente.

Imparammo anche a chiedere un abstract degli interventi ai relatori che non conoscevamo di persona. Accadde infatti che invitammo l’eminente astrofisico Nicolò Dalla Porta che però, invece di parlarci di scienza, iniziò a tessere le lodi degli angeli e del santone Sai Baba, da lui considerato un autentico santo.

Imparammo anche come trattare con i giornalisti e qual era l’importanza dei comunicati stampa, che non andavano mandati a conclusione delle giornate, ma all’inizio della mattina, in modo che la notizia potesse uscire sul giornale in lavorazione per il giorno seguente.

Riuscimmo anche a preparare gli Atti del Convegno, con addirittura la trascrizione letterale dei dibattiti con il pubblico, ma per una serie di disguidi e problemi tecnici ed economici non riuscimmo a mandare in stampa quel volume in tempo utile. Resta un inedito che, forse, presto pubblicheremo online sul sito del CICAP.

Già l’anno successivo, quando si trattò di organizzare il nostro secondo convegno, eravamo più “scafati”. Al punto che accettammo, con un pizzico di incoscienza, di unire al nostro Convegno anche l’Euroskeptics, il Convegno delle associazioni scettiche europee. Intervennero dunque relatori da tutto il mondo, compresi James Randi e Paul Kurtz dall’America e l’indiano Basava Premanand, obbligandoci a scoprire la necessità dei traduttori simultanei.

Per nostra fortuna, ci diede una mano lo scomparso prestigiatore Victor Balli, che aveva ottimi agganci all’hotel Billia di Saint Vincent, dove ci fu possibile organizzare un convegno di livello davvero alto. Ancora oggi, mi capita di parlare con qualche amico americano che intervenne allora e che ricorda ancora il trattamento d’alta qualità, mai visto in altri convegni europei del genere.

Forse per la difficile accessibilità di Saint Vincent, e per il mese scelto (luglio), però, la partecipazione del pubblico si rivelò inferiore al previsto: circa 250 persone, a fronte delle quasi 500 che erano intervenute a Padova.

Inoltre, allora eravamo ancora convinti (e lo saremmo stati per altri due anni) che era necessario organizzare un convegno ogni anno. Quando più avanti ci saremmo resi conto che la cosa ci costava uno sforzo troppo grande e ci distraeva da altre attività, decidemmo di farne un appuntamento biennale.

E tra le attività cui prestavamo sempre più attenzione c’erano le indagini e le sperimentazioni. Fu proprio una verifica sul sangue di S. Gennaro, un lavoro che dimostrò come fosse possibile ottenere una sostanza simile a quella del “sangue” del santo con mezzi del tutto naturali, che - pubblicata sulla rivista Nature - diede al CICAP la sua prima esposizione a livello mondiale. Tutti i giornali parlarono della “replica” del sangue di S. Gennaro ottenuta in laboratorio, portandoci molta attenzione ma anche tante polemiche da parte di chi aveva interpretato quel lavoro come un attacco alla fede o a S. Gennaro.

Così non era, ovviamente. L’intento era stato quello di capire se davvero non c’era niente in natura che si comportava come la sostanza nell’ampolla di Napoli (affermazione fino ad allora sempre ripetuta e mai contestata da nessuno) o se invece era possibile una spiegazione alternativa. Non avevamo dimostrato che il sangue di S. Gennaro era un falso, quindi, ma che sostanze simili esistono ed esistevano già ai tempi in cui comparve per la prima volta quella celebre reliquia.

Quelle polemiche, però, ci servirono per capire ancora meglio come comunicare il nostro lavoro al pubblico. L’immagine che il pubblico aveva di noi, alimentata da certi servizi sbrigativi e superficiali di TV e giornali, ma anche dalla nostra poca esperienza, era quella di un gruppo di guastafeste, che si divertiva in modo crudele a togliere i sogni e le illusioni al prossimo.

Ci sarebbero voluti diversi anni per fare capire che, in realtà, siamo noi stessi dei grandi sognatori, degli amanti del mistero e dei cultori dell’illusione, cui però piace prima di tutto capire come funziona il mondo, senza lasciarsi ingannare. Non avevamo e non abbiamo verità da difendere, ma solo informazioni e “scoperte” da comunicare a chi le vuole conoscere. Eppure, nonostante tutti i nostri sforzi, ancora oggi sono in tanti a ritenerci cinici negatori ad oltranza o, peggio, agenti provocatori finanziati dalla CIA, dal Vaticano, dagli Atei, dal KGB e chi più ne ha più ne metta.

Nel 1993, anno in cui uscì l’ultimo numero di questi bollettini, riuscimmo finalmente a dare alla nostra pubblicazione una veste più professionale. La rivista prese il nome di Scienza & Paranormale e tanto i toni quanto i contenuti iniziarono ad avere un taglio più giornalistico e meno propagandistico. Rileggendo alcuni degli articoli di questa raccolta, infatti, si ha oggi l’impressione di come, forse, la nostra limitata esperienza ci portava talvolta a esagerare con gli imperativi categorici e con l’ironia.

Abbiamo però preferito non ritoccare o aggiornare quegli articoli, lasciandoli così com’erano. Rileggerli dopo tanto tempo è un buon modo per capire se e quanto siamo cresciuti e quanti errori abbiamo imparato a non fare più. Un po’ come riguardare le foto di quand’eravamo più giovani: certo, era tutto più semplice ed entusiasmante allora, ma quanta esperienza dovevamo ancora accumulare.

M.P.
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