I primi passi di una lunga marcia

img
Sergio Della Sala con Basava Premanand e Franco Ramaccini, al secondo convegno del Cicap, St Vincent, 1992.
Trent’anni fa alcuni di noi, tra cui Massimo Polidoro e Lorenzo Montali, si riunirono in un ristorante di via Nizza a Torino, da quella riunione nacque formalmente il CICAP. Piero Angela aveva già suggerito il nome per assonanza con 'Check-up’, un’associazione che controlla lo stato di alcune affermazioni che vengono immesse nel dibattito pubblico.

Siamo giunti a questo momento catartico tramite un percorso lungo ed accidentato, o meglio tramite percorsi paralleli di persone diverse che avevano però uno scopo in comune. Come in un giardino dai sentieri che si biforcano, in una particolare finestra spazio-temporale, i nostri percorsi si sono incontrati. Il mio personale percorso scaturisce dal ricevimento di una lettera dello CSICOP (Committee for the Scientific Investigation of Claims of the Paranormal di Paul Kurtz - oggi si chiama Committee for Skeptical Inquiry (CSI) - circa un anno prima. Quella lettera era indirizzata ai 32 abbonati italiani alla loro rivista, Skeptical Inquirer, invitandoli ad incontrarsi per verificare la possibilità di formare un Gruppo tipo CSICOP in Italia. L’incontro, inizialmente programmato a Roma dal professor Aldo Carotenuto, finì per svolgersi a casa mia, a Milano.

A quella riunione preliminare parteciparono anche Mark Plummer, un omone ubertoso e gioviale, in rappresentanza dello CSICOP, e Wendy Grossman, un’amabile cantante folk, che ci avrebbe raccontato la sua esperienza con il gruppo scettico britannico che aveva da poco lanciato la rivista The Skeptic. Con l’aumentare degli ospiti, il mio appartamento assomigliava sempre più al bar di Guerre Stellari; ad ogni trillo di campanello, Mark sussultava nella speranza di veder materializzare Piero Angela sull’uscio, e chiedeva apprensivo “Anghela? Anghela?”, ma il suo entusiasmo si smorzava ogni volta che sull’uscio si affacciava un altro ufologo, immancabilmente in completo nero, impreziosito da borchie e spilloni recanti messaggi cordiali, tipo “Welcome aliens”. La serata si concluse in una birreria sui Navigli, mentre Mark appagato e compiaciuto piegava cucchiaini, con la promessa che ci saremmo rivisti. Il che, contro ogni aspettativa, avvenne davvero.

Presi a frequentare assiduamente alcuni degli intervenuti a quella riunione, fra tutti il compianto Franco Ramaccini e la sua compagna Laura, detti “gli scettici”, con cui ho condiviso i primi passi da scettico italiano, per esempio fornendo una possibile spiegazione dello scioglimento del Sangue di San Gennaro, che successivamente Gigi Garlaschelli riuscí a riprodurre in laboratorio. Franco, che nella mia mente rimane il prototipo del socio CICAP, mi manca molto, per la sua flemma, il suo acume, ma anche perché mi ha indirettamente insegnato che la mia prosopopea da giovane ricercatore era mal posta, e la mia ambizione personale poco funzionale ai dettami della scienza. Questo è stato all’inizio per me il CICAP: una scuola di vita, incontrare persone portatrici di valori più alti dei miei, che, pur non essendo accademici, studiosi in carriera, o specialisti, hanno contribuito enormemente a rimodellare il mio modo di guardare al mondo, ad incanalare le mie aspirazioni entro canoni di leggerezza, perfino di divertimento, e a farmi riconsiderare le caratteristiche precipue della ricerca scientifica, che riassumo di seguito.

La scienza è democratica. La scienza rappresenta un’alta espressione di democrazia. è tautologico affermare che ogni materia specialistica si poggia su metodi e paradigmi suoi propri, che devono essere conosciuti da chi decide di praticarla. Questo vale per le scienze, ognuna con i suoi particolari metodi, tanto quanto per altre materie, come la poesia romanza, il diritto penale, l’arte pop, o la musica sinfonica. La scienza rifiuta concetti ab auctoritate. Se l’argomento di Pierino è più cogente dell’argomento di Aristotele, più sostenuto da dati disponibili, l’argomento di Pierino avrà la meglio su quello di Aristotele.

La scienza per definizione descrive, non prescrive. Il suo compito preminente è descrivere la realtà. La scienza non ha compiti prescrittivi, che spettano invece alla politica, all’etica, alla morale, al diritto, alle religioni, alle inclinazioni individuali, e alle aspettative della società di riferimento.

La scienza è per sua natura controintuitiva, si basa su dati obiettivi, verificabili, falsificabili, riproducibili. Si colloca su un altro piano rispetto al senso comune, all’esperienza individuale, ai dogmi, alle pratiche reiterate mille volte e mai verificate. E, al contrario del senso comune, o della staticità delle pratiche immutabili, la scienza, col tempo, si autocorregge, si evolve. Lo scienziato modifica le sue teorie quando sono disponibili nuovi dati. E rettifica i suoi errori, piccoli o grandi.

L’attività della scienza deve sempre rispettare canoni etici. Questo è un punto spesso sottaciuto nelle discussioni sull’uso di trattamenti alternativi. Infatti, non è eticamente corretto prescrivere e somministrare farmaci e terapie che non garantiscono la massima efficacia ed il minor numero di rischi.

Uno degli scopi del CICAP è proprio diffondere e far capire questi principi che regolano l’attività scientifica. Capire che abbiamo bisogno di regole esterne ai nostri sensi e alle nostre esperienze per prendere decisioni societarie, democratiche. Dobbiamo basarci su dati solidi, su evidenze ineccepibili, senza trascurare la difficoltà che ciò che costituisce evidenza per alcuni, potrebbe non esserlo per altri. Quindi, servono definizioni e regole accettate e condivise. Questa attività si costituisce su tre valori portanti. Il “valore dei fatti”: affermazioni e ipotesi di spiegazione immesse nel dibattito pubblico devono essere sostenute da prove. Il “valore della trasparenza”, che comporta un esame trasparente e aperto delle modalità con cui questi fatti vengono costruiti ed elaborati. Il “valore della responsabilità”, che riguarda sia chi produce conoscenza scientifica e tecnica, sia chi opera nel mondo dell’informazione.

Il CICAP si propone di divulgare questo approccio alla scienza secondo due regole: (i) la scienza che vale la pena divulgare è quella che ha prodotto conoscenze robuste e riproducibili, non seguendo la moda del momento o riassumendo l’ultimo articolo pubblicato su un dato tema; (ii) nelle nostre comunicazioni, nelle interazioni con gli altri, nei dibattiti, perfino nei confronti accesi, si propongono argomenti, non si discute di persone, gli argomenti ad hominem sono odiosi ed inefficaci, oltre che culturalmente grevi.

Centrale nell’attività del CICAP è l’assunto che cultura ed istruzione siano cardini fondamentali di un concetto avanzato di democrazia, sul quale si fondano le garanzie per un futuro migliorabile. La scienza è uno degli strumenti di conoscenza a nostra disposizione, non migliore di altri, uno fra gli altri, ma con metodi suoi propri, talvolta difficili da capire. La conoscenza che ne deriva merita di essere divulgata, discussa, condivisa. Ma questo costa fatica e dedizione. È impossibile discutere di scienza tramite slogan o messaggi parziali, concisi, frettolosi. La sua comprensione richiede tempo ed impegno. Questa fatica però viene ampiamente ripagata dalla soddisfazione che ne deriva. Tutti possiamo contribuire. Soprattutto, tutti abbiamo il dovere di insistere affinché la scienza e la sua divulgazione si sviluppino secondo principi etici e morali saldi, slegati dalla politica e dai giochi di potere. É sempre stato importante, oggi più che mai. Fra 30 anni ne riparliamo.
image
Riproduzione del Bollettino del CICAP del 1989 in cui apparve l’articolo di Sergio Della Sala e Franco Ramaccini intitolato “Santi, sangue e smottamenti. Il caso del sangue di S. Gennaro”.

accessToken: '2206040148.1677ed0.0fda6df7e8ad4d22abe321c59edeb25f',