Riscaldamento globale, pseudoscienza e magia

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Nel corso del Seicento, la scienza moderna combatté una dura battaglia contro il mondo dei saperi magici ed ermetici, fra i quali spiccavano l’astrologia e l’alchimia. Oltre al modo in cui si poteva accedere alla conoscenza (aperta a tutti per la scienza, riservata a pochi per la magia), la polemica non riguardò tanto i contenuti delle ricerche, quanto l’immagine complessiva della natura, strettamente legata ai concetti di unità, di armonia e di organicità. Ciò che si rimproverava al mondo magico era che al suo interno tutto fosse possibile, a causa di una serie di infinite interconnessioni fra i fenomeni naturali. Ogni dato diventava importante se legato a un altro, ogni circostanza aveva delle conseguenze, qualsiasi correlazione poteva essere stabilita. « È noto a tutti», si poteva leggere in uno degli innumerevoli testi di magia rinascimentale, «che un cattivo presagio viene recato dall’incontro casuale con un monaco, mentre un buon auspicio è recato dall’incontro con una bella ragazza; l’incontro con una donna incinta che porta un’anfora d’acqua è un auspicio dal quale si prevede la pioggia; l’incontro con uno zoppo o un mendicante annuncia penuria di beni o difficoltà; una belva insieme ai suoi cuccioli è invece presagio di un affare senza risultato». Tutte evidenze presentate come indiscutibili. Secondo gli scienziati moderni, invece, i fenomeni andavano studiati nelle loro caratteristiche e poi messi in connessione fra loro, ma soltanto attraverso precise relazioni di causa ed effetto che, se possibile, andavano quantificate. In questo modo fu dimostrata l’inconsistenza degli influssi dei pianeti sul carattere delle persone, oppure negata la possibilità della trasmutazione alchemica.

Attraverso questo decisivo passaggio di separazione rispetto al modo di operare della magia, la scienza poté intraprendere un nuovo cammino verso l’ambizioso tentativo di unificare le forze fondamentali della natura, che tanto stava a cuore al mondo magico. Ecco perché, grazie agli enormi progressi delle discipline scientifiche da un punto di vista specialistico, la ricerca delle interazioni tra i fenomeni naturali è riuscita a conseguire risultati fondamentali. Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento Alexander von Humboldt (1769-1859) progettò la realizzazione di un grandioso quadro di descrizione dei fenomeni naturali e delle loro relazioni. Il suo obiettivo esplicito era quello di studiare l’unità della natura, partendo dal regno vegetale. Più che scoprire nuove specie di piante, Humboldt era interessato a studiare la loro collocazione geografica e a esaminare la distribuzione dei grandi ambienti naturali caratterizzati da una particolare vegetazione. Egli fondò così la biogeografia, ponendo le basi per una serie di concetti che saranno poi definiti all’interno dell’ecologia vegetale, la quale si svilupperà pienamente a partire dall’affermazione della teoria darwiniana sull’evoluzione delle specie. Non è dunque un caso che il termine «ecologia» sia stato coniato nel 1866 da Ernst Haeckel (1834-1919), il principale sostenitore delle teorie di Darwin in Germania, intendendo con tale termine lo studio della totalità delle relazioni dell’organismo con l’ambiente, comprendendo nell’accezione più ampia tutte le condizioni dell’esistenza. L’ecologia moderna, dunque, è figlia dell’evoluzionismo darwiniano, ed è comprensibile soltanto facendo riferimento ai modi e ai meccanismi del suo funzionamento.

I viaggi vulcanologici, le spedizioni nelle alte montagne, le ascensioni aerostatiche, oltre ad allargare enormemente le conoscenze sulla formazione del globo e sulla costituzione dell’atmosfera, aprirono la strada alla comprensione della Terra come un sistema globale, i cui elementi, incluso l’uomo, sono concepiti come interconnessi fra di loro. Progressivamente si dimostrò come l’ecologia dovesse entrare a far parte a pieno titolo anche delle scienze chimiche e geologiche, avendo come oggetto lo studio dell’interazione tra il suolo, i mari, i laghi, i fiumi e la vita in essi contenuta, e considerando gli organismi viventi come partecipanti attivi a tali interazioni, dunque artefici, nel bene e nel male, dei fenomeni evolutivi del pianeta, incluso ovviamente l’uomo.

Si iniziò anche a capire che l’atmosfera ricopriva un ruolo decisivo nella regolazione della temperatura del pianeta. Nel corso dell’Ottocento, Jean-Baptiste-Joseph Fourier (1768 – 1830), Claude-Servais-Mathias Pouillet (1791 - 1868) e John Tyndall (1820 – 1893) iniziarono a spiegare in che modo l’atmosfera esercitava la sua azione di regolazione termica. A partire dal 1896, Svante Arrhenius (1859-1927) iniziò a delineare la teoria dell’effetto serra, pubblicando i primi calcoli sul riscaldamento globale causato dalle emissioni di CO2 prodotte dall’uomo a partire dalla rivoluzione industriale, che aveva preso l’avvio alla fine del Settecento (ricordiamo che la parola ‘smog’ venne coniata nel 1905, per indicare la somma di smoke e fog, ossia fumo più nebbia, termine poi passato a significare qualsiasi intorbidamento dell’aria dovuto ad inquinamento, in particolare quello determinato dalla reazione della luce solare con gli ossidi di zolfo o idrocarburi).

Nel corso del Novecento ricercatori come Guy Stewart Callendar (1898 – 1964), Roger Revelle (1909 – 1991), Hans Eduard Suess (1909 – 1993) e Charles David Keeling (1928 – 2005) hanno posto le basi per la dimostrazione oggettiva dell’esistenza del riscaldamento globale in atto, come fenomeno provocato dalle attività umane a partire dalla rivoluzione industriale. Tale dimostrazione, ormai riconosciuta dalla comunità scientifica degli specialisti sull’argomento (allo stato attuale delle nostre conoscenze negarla sarebbe come negare lo sbarco sulla Luna), è stata resa possibile dall’interazione di innumerevoli discipline scientifiche e dalla chiara comprensione dell’interazione tra fenomeni naturali. Non hanno tuttavia alcun senso quelle posizioni che intendono stabilire una sorta di identità tra i moderni studi ecologici e ambientali e le antiche visioni magiche della natura. Infatti, prima di giungere allo studio contemporaneo dell’interazione tra le forze naturali (che viene svolto in maniera quantitativa, e non qualitativa), la scienza ha necessariamente dovuto basarsi, per la fondazione delle discipline moderne, su approcci di tipo analitico e riduzionistico, come ad esempio quelli utilizzati da Antoine-Laurent Lavoisier (1743-1794) per costruire la chimica moderna. Per questo sono prive di fondamento le posizioni culturali che, strumentalizzando le idee dell’ecologia, si scagliano contro la scienza moderna, in favore del recupero di convinzioni tipiche del mondo della magia, dell’alchimia e dell’astrologia, più vicine, si dice, all’immagine di una natura armonica, buona e incontaminata, non corrotta dalle attività dell’uomo, e più vicine all’essenza delle cose (cfr. Query n. 22). Queste posizioni, infatti, dimostrano di ignorare completamente la complessità dei rapporti storici tra scienza e magia, e i diversi modi del loro approccio alla conoscenza.

Riferimenti bibliografici

  • M. Ciardi. 2008. Esplorazioni e viaggi scientifici nel Settecento. Milano: BUR.
  • M. Ciardi. 2013. Terra. Storia di un'idea. Roma-Bari: Laterza.
  • J. R. McNeill, Qualcosa di nuovo sotto il sole. Storia dell'ambiente nel XX secolo. Torino: Einaudi.
  • P. Rossi. 2006. Il tempo dei maghi. Rinascimento e modernità. Milano: Raffaello Cortina Editore.
  • S. Weart. 2005. Febbre planetaria. Come si è giunti a scoprire il surriscaldamento dell'atmosfera e a prevedere i suoi effetti sul futuro della Terra. Milano, Orme Editore.

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