Studiare gli UFO? Sì ma con prudenza

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  • 05-01-2024
  • di Giuseppe Stilo
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© ktsimage/iStock
Gli UFO - o UAP, Unidentified Aerial Phenomena, come si preferisce chiamarli di recente - interessano agli accademici degli Stati Uniti? In una certa misura, sì. Lo sappiamo, ed è la prima volta, grazie a una ricerca condotta da tre sociologi, Marissa Yingling, Charlton Yingling e Bethany A. Bell, e pubblicata sulla rivista Humanities & Social Sciences Communications[1].

Il sondaggio ha coinvolto 1459 accademici statunitensi appartenenti a 144 università diverse, distribuiti tra 14 aree disciplinari differenti, e i risultati ottenuti hanno sorpreso gli stessi studiosi che avevano progettato la ricerca. In primo luogo, sebbene la maggior parte di coloro che hanno risposto al sondaggio appartenessero all’area delle scienze umane, non hanno esitato a parteciparvi anche i ricercatori di facoltà come ingegneria e fisica. E, soprattutto, nel complesso è risultato che la curiosità prevale in maniera netta sullo scetticismo. Alla domanda se loro stessi o qualcuno del loro immediato entourage avessero visto in cielo qualcosa che non erano in grado di identificare, il 18,9% ha risposto positivamente. In merito alle cause dei fenomeni, il 40% ha dichiarato di non sapere che cosa possano essere gli UAP, e - un po’ a sorpresa - il 13,1% ha addirittura optato per «ordigni di intelligenze sconosciute».

Sia pure con queste premesse, gli autori non hanno nascosto limiti e peculiarità del loro lavoro, ma li hanno problematizzati in maniera interessante. Il tasso di risposte ricevute (il 3,9%) è basso, come spesso accade quando i sondaggi si fanno via web e non tramite mail. Tuttavia, in termini assoluti il numero di rispondenti è risultato molto più alto rispetto ad altri sondaggi su temi più “normali” condotti tra gli accademici statunitensi, molti dei quali, spesso ampiamente citati in letteratura, hanno numeri di partecipanti non superiori a 329. In più, visto l’argomento, alcune facoltà e diversi partecipanti avevano manifestato dubbi sul fatto che la ricerca fosse davvero stata ideata da scienziati, o che, addirittura, non nascondesse qualche truffa telematica. Questo, secondo gli autori, sottolinea lo stigma che circonda la questione, a causa del quale era difficile aspettarsi che le risposte sarebbero piovute in massa.

Una delle aree più significative della ricerca ha riguardato il coinvolgimento dei ricercatori, con domande quali: «Quanto sareste interessati a compiere ricerche sugli UAP? Sarebbe desiderabile più ricerca accademica al riguardo?» Oppure, al contrario: «Perché non vi interessa?» Le risposte sono degne di attenzione. Più di un terzo dei rispondenti si è infatti detto disponibile a effettuare ricerche in prima persona, e chi ha detto di non esserlo spesso ha spiegato che mancava un legame con il proprio settore di studi. Molti, inoltre, si sentirebbero incoraggiati a ideare un progetto di ricerca se qualcuno del proprio ambito disciplinare, magari una figura di prestigio, iniziasse a lavorare sugli UAP.

È stato inoltre chiesto quanto si riteneva importante coinvolgere le università statunitensi per valutare eventuali dati emergenti sui presunti fenomeni: i due terzi dei rispondenti lo ritengono «molto importante» o addirittura «essenziale».

I dati suggeriscono quindi che negli Stati Uniti un buon numero di accademici di più discipline sarebbero disposti a impegnarsi in questo genere di studi, in particolare se a guidarlo fosse qualcuno con una buona reputazione, se ne risultasse chiara la rilevanza per la propria disciplina e, data la natura controversa del tema, se fossero più che limpide le linee di finanziamento dei progetti.

Una delle frasi che chiudono il lavoro può far riflettere: «Qualsiasi sia l’eziologia [dei fenomeni], qual è il costo da pagare quando ci si autocensura? Se ci teniamo alla larga dalla questione, a chi o a che cosa stiamo cedendo?»

Note

1) Yingling, M. E., Yingling, C. W., Bell, B. A., 2023. “Faculty Perceptions of unidentified aerial phenomena”. In Humanities & Social Sciences Communications, vol. 10, 23 maggio
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