Scienza e rabdomanzia

James Randi, il famoso prestigiatore scettico, è indignato e ha buone ragioni per esserlo. Il 18 gennaio Randi ha spedito un messaggio sulla "Randi-Hotline", la sua mailing list su Intenet, in cui segnalava un articolo sulla rabdomanzia apparso nel numero di gennaio dello Smithsonian, una rivista scientifica statunitense.
L’articolo, sostiene Randi, è un peana di sette pagine dedicato alle meraviglie di pendolini e forcelle, tra cui l’aiuto nella scelta di medicine, vitamine e cibo, la ricerca dell’acqua e altre simili amenità. Alle argomentazioni degli scettici è dedicato meno del due per cento del testo che, peraltro, non contiene prove della validità delle affermazioni, solo aneddoti. L’autore del pezzo (definito da Randi "spazzatura") scrive: «Le relazioni tra la rabdomanzia e la scienza ufficiale sono state sempre deboli, piene di reciproco sospetto». Inutile dire che di relazione tra scienza e rabdomanzia non ce n’è, in quanto la rabdomanzia è, per usare le parole di Randi, «superstizione e mitologia che non funziona».
Sfortunatamente, l’articolo dello Smithsonian sarà usato dai rabdomanti negli anni a venire per giustificare la loro pratica. Randi cita uno studio pubblicato dal New Scientist, rivista di divulgazione scienti fica in cui un test accurato (eseguito dallo scettico Denys Parsons con un rabdomante) ha dato 121 successi e 129 insuccessi, con una probabilità del 50%. Lo studio era una smentita di un precedente articolo in favore della rabdomanzia pubblicato sempre sul New Scientist nel dicembre 1979 e che viene ancor oggi portato a esempio dai rabdomanti.
accessToken: '2206040148.1677ed0.0fda6df7e8ad4d22abe321c59edeb25f',